domenica 16 giugno 2013

Il sogno di una vita....(a volte capita)

Capita a volte nella vita di iniziare un viaggio quasi per sbaglio, senza conoscere la meta, senza zaino sulle spalle, solo con una maglietta, un paio di pantaloncini e le scarpe. Un viaggio preso al volo, solo per il gusto di farlo. L’estate scorsa, credo fosse luglio o forse agosto (eh la vecchiaia fa brutti scherzi) mi arriva un sms da Alberto, che non sentivo da anni. Abbiamo giocato assieme nlle giovanili in Trasteverina, poi le nostre strade si sono divise. L’sms ha più o meno questi toni: “Mit, ti andrebbe di dare una mano a fare un campionato di seconda divisione, la giochiamo con gli under 19, servirebbero due tre figure con esperienza, che dici?”. Era finita da poco una stagione disastrosa a Camisano, volevo in realtà fermarmi col basket. La risposta fu più o meno questo: “Alberto, ho già dato parola ai ragazzi della pallavolo, se vuoi io posso forse fare un allenamento e una partita ogni tanto, quest’anno va così, non ti posso promettere di più.” Già immaginavo la risposta di Alberto: “Ah ok, allora vai tranquillo, ci sentiamo per l’anno prossimo”, e invece no, mi “incastra” con un sms fuori script: “Bè, ok va benissimo”. Come va benissimo? Ti ho detto che posso venire ogni tanto se posso, e per te va bene? Non avevo ancora capito nulla dell’ambiente dove mi sarei trovato a giocare. Al primo allenamento mi sentivo così fuori posto, che un mujaheddin al centro commerciale si sarebbe sentito decisamente più a suo agio. Giovanotti di 17-18, decisamente troppo hi-tech per il sottoscritto e appartenenti ad un’altra epoca (in senso buono). I “vecchi” sono, in ordine sparso: Orso, Rajo, Checco Matteazzi, Matteo Pigato e il sottoscritto. Con calma durante questo post li conosceremo tutti. Si va dritti alla prima di campionato contro Longare, vittoria di 50 punti che non ti aspetti, festa, tanta festa, ricordo che Ricky viene da me a fine partita e mi fa: “Oh Mit, però dai, secondo me siamo da playoff”. “Ehmmm, Ricky, siamo alla prima di campionato e io non sono Damiano il mago di Milano, magari tra 3-4 mesi ti so dire meglio eh.” Giustamente alla seconda perdiamo fuori casa a Bassano di misura. La terza di campionato è a Noventa ad orari improponibili per un mercoledì sera, ore 21.15. Trasferta in macchina con Mauro (da ora in poi solo Mourihno) che praticamente conosce tutte le osterie/ristoranti/bar della riviera berica perché sono tutti suoi clienti. Capisco che adora il baccalà perché ogni volta che passa per di qua, si ferma in un ristorante con il quale ha una tresca e fa scorta per un paio di anni. Vinciamo sto giro per merito di un terzo quarto clamoroso di quello che sopra mi chiedeva info per i playoff. Mette un paio di triple che spaccano la partita in due. Da li in poi 7 vittorie in fila, alcune tirate (vedi Caldogno in casa), altre senza particolari patemi, ma ad ogni partita gli automatismi funzionavano sempre meglio, scoprivamo di essere un gruppo solido, di essere in grado di vincere e divertirsi, di prenderla sempre sul ridere con l’idea che la miglior partita sarebbe stata quella successiva. L’ultima di andata è contro Schio, prima in classifica, noi due punti indietro, loro imbattuti. Per tutta la partita ci hanno insegnato basket, sono volati a +18, l’abbiamo rimessa in piedi con i denti ma loro non hanno mai perso il filo del discorso. Sconfitta con qualche black out da parte dei più giovani, ma nessuna tragedia. Chiudiamo il girone di andata con una sconfitta, roba che se ce lo dicevano a inizio anno prendevamo tutti per pazzi scatenati. Girone di ritorno più complesso, perché vengono un po’ a mancare le energie, soprattutto per i più giovani che facevano doppio campionato. Perdiamo male, ma male male a Lonigo e a Caldogno. Come sempre in questa stagione nessuno che sale sul banco degli imputati, nessun processo, il giorno dopo si tornava in palestra a lavorare, a migliorare la chimica, a capire gli errori. È stata una bellissima sensazione vedere come anche dopo sconfitte sanguinose, si tornasse ancora più convinti di prima, con l’idea che non si poteva mollare. La ciliegina sulla torta è la vittoria in casa 59-55, con tripla finale di Checco Matteazzi (aka “quandocontasegnosempre”) contro Schio all’ultima di campionato che credo ci abbia consegnato l’idea che potevamo vincere contro tutti e tutto. Se abbiam battuto loro, perché non possiamo rifarlo nei playoff? La semifinale dice Caldogno-Quinto e l’idea di giocarci contro non piace molto, perché ci hanno battuto, sono più esperti, più pesanti sotto canestro. E invece in gara1 da loro si consuma la “vendetta” perfetta con una vittoria sopra ogni aspettativa. Abbiamo giocato con una intensità da serie D, abbiamo giocando con una confidenza che non avevo mai visto, eseguito gli schemi e difeso alla morte. Uno su tutti spicca sulla partita, Checco Matteazzi che mette a referto solo 2 punti, ma porta a casa 9 rimbalzi vitali per noi, difende, recupera palloni. In spogliatoio gliela spiego molto semplicemente: “Checco, per me la tua miglior partita della stagione”. La promozione era distante altri 40 minuti, gara2 in casa nostra. Sabato 18 maggio era tutto pronto per la gran festa, ma per te quarti era più una guerra che una festa. Poi come già capitato, sempre quello del : “Oh Mit, però dai, secondo me siamo da playoff” decide che è ora di chiudere i conti, mette due triple in un amen, ruba palla dalla rimessa e segna il solco definitivo che apre le vie della vittoria. Decisamente da ricordare papà Cogno, che in tribuna era rosso paonazzo al limite dell’infarto e papà Beppe (Ilaria) che al tavolo minaccia gli avversari (SCIENZIATO!!!). Mentre il cronometro si avvicinava allo zero mi guardavo attorno, guardavo i miei compagni e onestamente non avrei mai pensato di vivere queste sensazioni. A inizio anno, come avevo già fatto notare a tutti, sembravamo l’armata branca leone, invece ora in campo tutti avevano fatto il loro compito, con la massima dedizione e con la massima disponibilità a sacrificarsi per i compagni. Ricordo che a metà stagione prima di una partita, in spogliatoio ricordavo a tutti che non capita molto spesso in una carriera di arrivare primi, e quando si ha la possibilità di farlo bisogna dare tutto e crederci fino in fondo. Questo ragazzi hanno colto al volo il mio consiglio. Credo che l’esempio arrivi da un paio di personaggi in particolare: Rajo e Orso che almeno per me, ogni volta che scendevo in campo mi davano la certezza che la sotto nessuno, e dico proprio nessuno avrebbe preso un rimbalzo o segnato facile. La sensazione di avere due guardie del corpo, pronte a sacrificarsi per non concedere nemmeno un centimetro ai nemici. Vedere Orso andare a raccattare i palloni letteralmente dalla spazzatura mi esaltava ogni volta. Erano quei classici palloni che il 99,9% dei giocatori considera persi, lui no, lui ci andava come se fosse una questione di vita o di morte. Quanti palloni recuperati? A dozzine, e credo sia uno dei segreti della nostra vittoria. E vale lo stesso per Rajo, recuperato fresco da una operazione al ginocchio, che sulla linea di fondo ha fatto vedere dei movimenti che Lebron li deve ancora imparare. Personaggio decisamente sopra le righe, a lui non serviva la preparazione atletica, ma solo un altro giro di Gin Tonic. Mancava la finale per chiudere il cerchio, per dare un senso compiuto a questo viaggio. Martedì 28 maggio, ore 20.00 a Montecchio contro Schio. Proprio come nei film dove i buoni devono vincere, partita sempre in controllo, anche sul +10 con ottimo basket e buona difesa. Schio che rimonta fino al -1 (41-40) e con il tiro del sorpasso che però va sul ferro. Noi che riallunghiamo sul +10 (50-40) ma incapaci di chiudere la partita. A 15 secondi dalla fine, 50-49 per noi, palla al sottoscritto che va a cercarsi un fallo in penetrazione. 2-2 dalla lunetta e altra vittoria, ma sto giro si alza la coppa, la prima per la società. E vai con la festa, foto, abbracci, urla, il Presidente che sfoggia una bandiera 2metrix2metri bianco rossa. Giò mi viene incontro e mi fa: “Mit, ma sei emozionato?” e io fingendo autocontrollo: “Io? Nooo…nono” trattenendo le lacrime per un pelo. A proposito, Giò complimenti per la partita, hai fatto esattamente quello che dovevi, prendere rimbalzi, segnare i palloni che ricevevi, correre e difendere. Va così, perchè quando hai vinto hai vinto, che sia seconda divisione, serie A, Eurolega o NBA almeno per me non fa differenza. Per una sera tutti noi abbiamo vinto, siamo primi e lo saremo sempre ricordando questa serata. Alla fine seduto in spogliatoio ho ripensato all’sms di Alberto, ho ripensato alla scelta di cominciare questo viaggio a mani vuote. Mi ritrovo una sera di fine maggio, con un bagaglio di esperienza, emozioni, persone, vittorie, sconfitte, canestri, botte, rimbalzi, chiacchiere, scherzi. E questo bagaglio credo permetterà di prolungare il mio viaggio per un bel po’. Anzi credo onestamente di essere a debito con tutti li dentro per quello che loro hanno dato a me, per quello che mi hanno trasmesso, perchè hanno sempre dato tutto quello che avevano, senza trovare scuse, senza mollare un attimo. Una grande famiglia come poche altre volte ho avuto la fortuna di conoscere. A tutti quelli che hanno condiviso il campo con me, a tutti i dirigenti, a tutti i genitori che ci hanno supportato durato questo anno, sento di inchinarmi per quello che avete fatto, per quello che siete, perché un anno fa avevo deciso che col basket avevo finito. Mi avete preso per mano, ridato fiducia. Questo forse, vale ancora più di qualsiasi vittoria. No, non è ancora finita, visto che come in tutte le stagioni che finiscono in gloria, qualche ringraziamento devo pur farlo. E adesso ve li beccate: Prima di tutto, grazie, ma grazie grazie ad Alberto Morbin che mi ha trascinato dentro a questa avventura, inizialmente credendoci molto più di me. Ai due pazzi scatenati, che rispondono all’appellativo di Presidente e dirigente, Stefano Sparelli e Mourihno Sperandio, perché credo che il vostro lavoro oscuro per organizzare tutta la stagione sia stato gravoso e a volte anche noioso. Credo sinceramente che voi due, per come vivete lo sport, abbiate dato una visione precisa di quello che volete ottenere e del come lo volete ottenere. Mourihno icona fashion per il suo maglioncino rosa, il Presidente idolo dello spogliatoio perché su una mail scrive: “Oh raga, io ho prenotato la porchetta, 100kg!!!”. Credo potremmo sfamare tutte le famiglie di Quinto per giorni interi. E vederlo urlare a Montecchio “GHEMO VINTOOOO” col bandierone in mano è stato impagabile. Vi ringrazio per la splendida targa che mi avete regalato e che è in bella mostra in casa mia, vi ringrazio perché mi avete dato tutto senza mai chiedere nulla. A Coach Toni Vianello che dopo 6-7 milioni di: “Eccetera eccetera” ha fatto crescere questi ragazzi e li ha portati in finale contro ogni aspettativa. Ovviamente a Orso e a Rajo per quello che già ho detto prima, ma anche per molto altro, per il loro altruismo, per tutto il lavoro che fanno con i bambini, per l’idea che hanno di insegnare il basket. Perché se potessero mangerebbero anche mia zia dopo le partite (epica la frase di Orso che fa a Rajo: “Oh, scolta qua, piano per la serata, prima Enfant Prodige, dopo Old Wild West e dopo McDonalds”). Poi ancora, grazie Pietro (aka Wayne) perché in difesa è uno che ti molesta, uno che odia essere battuto dal suo avversario. A Matteo Ilaria perché in campo sei un leader, uno che si prende sempre le sue responsabilità e giochi con tutto quello che ha in corpo. A Ricky Zilio perché credo tu possa dare ancora di più in campo, perché sei un ragazzo semplice e onesto che dici sempre quello che pensi. Grazie a Steve perché mi ha fatto capire che c’è chi si veste peggio di me (clamoroso l’abbigliamento in gara1 contro Caldogno: scarpe color puffo, calzetto bianco con righe orizzontali anno ’70, braga corta sopra il ginocchio, canottiera da muratore, giacca e cappellino da baseball)e perché in campo non esiste qualcosa che gli fa paura. Grazie a Pas perché sei il miglior dj del circondario. Grazie a Toz perché hai organizzato il miglior Harlem Shake d’Italia. Grazie a Checco Matteazzi perché senza tanti giri di parole puoi diventare il nostro miglior giocatore offensivo. Grazie a tutti i ragazzi che hanno giocato meno, a Marco, a Moro, a Jack, grazie a chi mi sto dimenticando, perché ci siete sempre stati agli allenamenti, perché lo fate per migliorare, perché avete sempre partecipato col cuore e avete fatto crescere questa famiglia. Grazie a Matteo Pigato che nonostante i suoi 3601 impegni ha dato in contributo fondamentale in gara1 contro Caldogno e perché si prende cura delle giovani leve. Ti capitano queste cose nella vita, quelle cose dove nulla può andare storto, dove ti capitano 2 tiri liberi decisivi per vincere la finale, ovvero l’occasione che un giocatore aspetta per una vita. Ti ritrovi in mano quella palla, segni quei due liberi e all’improvviso realizzi che quel ragazzino dinoccolato che a 13 anni ha preso in mano il pallone da basket per sbaglio ce l’ha fatta. Ecco perché ho un debito verso ognuno di voi, perché il sogno di una vita l’ho realizzato con voi. Vi ammiro!
HONORABLE MENTIONS: per ultimo e non perché meno importante, ma proprio per esaltare una qualità umana che ritengo fondamentale per affrontare la vita: l’autoironia. Esegue EDOARDO SPERANDIO. Sms di un mercoledì mattina: “Oh raga, stasera Harlem Shake, portate tutto quello che avete”. Il nostro per non saper ne leggere ne scrivere si porta dietro l’armadio. Risultato? Muta da sub con pinne e boccaglio. Muta talmente stretta che il nostro rischia seriamente un collasso respiratorio. Uno SCIENZIATO. Al secondo posto, sempre il nostro. Test atletici a fine stagione, si prova l’elevazione da fermo. Mi avvicino a Edo: “Oh Edo, allora, quanti centimetri di elevazione”. Mi guarda serio: “Mit, grosso modo ci passa un foglio di carta”. Piegato in due dal ridere. Autoironia, consapevolezza dei propri mezzi e dei propri limiti, amore per il gioco smisurato. Ecco perché l’ho tenuto per ultimo, perché Edo rispecchia quelle caratteristiche umane che dovrebbero avere tutti.

venerdì 14 giugno 2013

Quale felicità possibile in una società basata sullo sfruttamento?

In questo post voglio condividere con voi una discussione avuta oggi in ufficio con i miei colleghi. Mi è arrivata una mail che pubblicizzava una conferenza sul veganismo etico, ecologia e natura. Il volantino presentava questa frase che condivido al 100% e che proverò a sviluppare in questo post: “L’attuale stile di vita è insostenibile da tutti i punti di vista: etico, ecologico ed economico. Le nostre scelte sono importanti per un mondo migliore, NON RESTIAMO A GUARDARE!” Provo a dire la mia, sapendo bene che la mia visione è parziale, legata alla mia singola esperienza e che soprattutto questo mio post non vuole essere una critica a nessuno ma solo un contributo per affrontare un cambiamento che presto o tardi ci toccherà affrontare seriamente, serenamente per non lasciare indietro nessuno. Sgombro il campo da alcune domande in modo che poi lo scritto vada via leggero. Non sono vegetariano, non sono vegano. Rispetto e capisco la scelta, perché credo sia un passo in avanti verso la consapevolezza personale e il rispetto verso ogni essere vivente. Condivido la scelta perché ritengo che mangiare bene ed educare al cibo valga una larga fetta della nostra felicità. Gli antichi parlavano di “mens sana in corpore sano” intuendo già centinaia di anni fa l’importanza di una dieta equilibrata. Aggiungo inoltre che non so se mangerei ancora carne se dovessi personalmente uccidere un pollo, un maiale o una mucca. Da piccolo pescavo il pesce con mio papà, mi divertivo un sacco ma vedere il pesce morire nel sacchetto di plastica mi lasciava sempre un po’ di tristezza. Mi metto io davanti alla fila a dirvi che su questo argomento ho sempre avuto paura a dire la mia e a cercare di essere più consapevole. Quindi tutto quello che leggete da qui in avanti è frutto anche di questi miei pensieri e di queste mie contraddizioni. Non sono perfetto, non l’ho mai pensato. Volevo solo fissare alcuni punti in modo che durante la lettura le vostre domande sul fatto che io sia o meno vegetariano e quale sia la mia posizione non vi facciano perdere il filo logico. Arriviamo al mio contributo per capire come poter rendere più etico, più ecologico ed economicamente sostenibile questo nostro stile di vita. È sufficiente mangiare meglio, prodursi il più possibile in casa? Non credo, o meglio è solo una parte della soluzione, è sicuramente importante mangiare bene e prodursi in casa le verdure, gli ortaggi, la frutta perché questa produzione locale aiuta sicuramente l’ambiente (meno camion, meno traffico, meno inquinamento, prodotti più sani, meno pesticidi ecc ecc). Leggendo il volantino, mi sono chiesto: “Michele, ma te come vivi e perché consumi?”. Apriti cielo, valanghe di ipotesi, se io potessi, se io facessi, se io avessi. Avete presente le rotelline di liquirizia, quelle che se le apri ti resta una specie di spago nero in mano? Ecco, i miei pensieri procedevano così, man mano che contestualizzavo il problema srotolavo la mia rotella mentale e alla fine mi sono ritrovato in mano il “groppo” finale dove a mio avviso risiede il problema: il lavoro, o meglio il nostro sistema produttivo e la nostra idea di ricchezza legata al lavoro. Scandalo!!! No, piano piano, non sono uno di quelli che non vogliono lavorare, che vogliono vivere in una amaca in una spiaggia esotica sorseggiando una noce di cocco (anche se, va bè…lasciamo perdere). Vediamo di andare con ordine. Mi sono fatto questa domanda: “Ma io cosa consumo? Quanto consumo? E perché consumo?” Analizzo qualche mio comportamento sociale. Automobile, perché ho comperato l’automobile? Perché diventavo grande e responsabile. Si forse, ma in parte è una balla. “Fatti la patente, così poi hai la macchina e puoi trovarti un lavoro”. Frase già sentita vero? Macchina=lavoro=macchina. Perché mi sono comprato la macchina? Perché dovevo andare al lavoro ed essere autonomo nel gestirmi la giornata. Ma una vettura inquina e costa. Inquina perché va a benzina, perché devi smaltire la batterie, l’olio e altre robette. Costa perché costa la benzina, i tagliandi, le revisioni, il cambio gomme. Il mio lavoro necessita esclusivamente di un telefono fisso, un pc collegato ad internet. Strumenti che già ho a casa, quindi perché no lavorare da casa eliminando così almeno per 5 giorni su 7 la macchina? Andare al lavoro in macchina costa una follia. In un mese avrei eliminato le emissioni di Co2 di almeno 2/3 (20 giorni su 30). Certo, è solo il mio esempio, vale per me, ma quanta altra gente potrebbe lavorare da casa perché i suoi strumenti sono solo un pc e un telefono? E inoltre non consumerei più l’elettricità dell’ufficio e forse forse potremmo anche fare a meno del capannone dove lavoro e rifarci un bel giardino o come cantavano i Pitura Freska: “na giungla de panoce, pomodori….e marjuana”. Ecco che “l’agenda digitale” tanto promessa da svariati governo e sbandierata diventa interessante e addirittura cruciale per i destini del nostro pianeta. Andiamo oltre? Via, senza l’obbligo di essere sempre in ufficio spenderemmo meno di vestiti e accessori, quindi meno camion che girano, meno negozi da costruire, meno merci da produrre dentro ad un capannone sempre illuminato e funzionante. E al posto dei negozi e capannoni? Panoce, pomodori. No dai, non solo questo, metteteci qualsiasi cosa vi venga in mente. Le fabbriche, i capannoni ci hanno abituato ad una visione monotona e triste dell’ambiente. Riabituiamoci a creare, a fantasticare, a immaginare. I vantaggi di lavorare da casa? Un ambiente famigliare più confortevole, forse una maggiore flessibilità e sicuramente un inquinamento atmosferico minore. Con questi pochi esempi vi voglio solo dire, che a mio avviso (ovviamente potete prendermi per pazzo, folle, estremista, aspetto eventuali vostri commenti così capisco se sto dicendo una marea di cazzate o se invece è un sentire comune) per come abbiamo impostato il lavoro e il nostro sistema produttivo, la prima “risorsa” ad essere sfruttata siamo noi, è l’uomo. L’uomo viene sfruttato per produrre, di conseguenza l’uomo sfrutta l’ambiente per avere le risorse per produrre. Da quando è stata introdotta la parola “risorse umane”, abbiamo rimosso l’idea che ci stanno sfruttando. “Capitale umano” suona meglio, perché una capitale lo tratti bene, lo risparmi, lo curi e lo proteggi, una risorsa la usi e la spremi come un limone. Quindi vado oltre, è veramente necessario lavorare così tanto (ovviamente per chi ancora ha un lavoro visto i dati dell’a disoccupazione in Italia)? Più vogliamo lavorare e più sfrutteremo le risorse naturali. Dobbiamo dirottare la nostra società dal produzione alla felicità. Dirottarla dalla parola “risorsa” alla parola “capitale”. Capitale inteso come capitale umano, capitale energetico (acqua, aria, idrocarburi), capitale sociale (la moneta ed altro). “Ma se lavoriamo meno, come facciamo a pagare le bollette, il mutuo, la scuola dei figli ecc ecc.” Qui viene il bello, istituire un reddito di cittadinanza per tutti. Scandalo!!! Pagare qualcuno per no fare nulla? Ma sei pazzo? Piano, piano, la cassa integrazione o la “disoccupazione” secondo voi che roba è? Sarebbe uno scandalo dare un reddito garantito ogni mese alle donne che accudiscono i figli? O anche ai papà, perché no? Sarebbe uno scandalo dare un reddito che va ad aggiungersi al salario da lavoro ad ogni italiano? Perché qui a mio avviso, o ci liberiamo dall’idea che per mangiare bisogna lavorare, altrimenti non si va tanto distante, altrimenti continueremo a sfruttare questo povero pianeta. Il lavoro deve essere fantasia, creatività e felicità e non ricatto: “se lavori mangi e sei qualcuno, se non lavori non hai diritti”. Dobbiamo necessariamente togliere importanza al denaro e ridarla all’uomo come centro della felicità. Un reddito di cittadinanza permetterebbe sicuramente di lavorare meno, di lavorare meglio(vi immaginate l’idea di arrivare sereni a fine mese senza assili sui conti da far tornare? O ancora di avere le risorse per potersi pagare le spese mediche, mente già oggi in Italia 9 milioni di persone rimandano le spese odontoiatriche) e di scegliersi un lavoro che rispecchi le nostre reali ispirazioni. Un reddito di cittadinanza permette anche di non lavorare, (eresia) per seguire le nostre passioni, siano essere l’orto, lo studio, una laurea, imparare a dipingere o a comporre poesie e musica. Ecco allora che una società basata sulla felicità e la consapevolezza, potrebbe liberarsi dal lavoro visto come strumento di consumo del territorio e del tempo. Per quanto incredibile o sconclusionato sia il mio ragionamento, credo sinceramente che questo sia il passaggio culturale che ci aspetterà nei prossimi anni. Il “più lavoro” come lo intendono i nostri dirigenti politici altrimenti suona come un “Arbeit macht frei” che rimbomba ancora nella storia dell’uomo. Abbiamo la tecnologia, la cultura e le tecniche economiche per cambiare questo modello economico e culturale. Vivere una vita felice non può e non deve essere ridotto al concetto di “quanto ho e quanto posso avere”, ma deve essere rivista in base al “cosa sono e cosa vorrei essere”. Per inciso, noi a casa abbiamo l’orto che ci da di tutto, abbiamo la vigna, le fragole, i peri e le mele. Facciamo il compostaggio domestico, facciamo la spesa da negozi biologici a km zero, ma ancora non è sufficiente. Quando la smetteremo di farci sfruttare allora saremo in grado di riscoprire il significato profondo della vita. Auguro a tutti noi, me compreso di vivere pienamente la vita, di girarvi indietro un giorno e assaporare i momenti passati, come quando dopo una corsa sotto il sole, vi fermate alla fontana per gustarvi un bel sorso di acqua fresca.

lunedì 27 maggio 2013

Che idea avete dello sport? Ecco la mia

“Si ciao sono Michele, c’è Andrea?”. All’altro capo del telefono papà Angelo che rispondeva: “Si, peta natimo che teo ciamo….ANDREEEAAAAAAA, ghè zè el to amico qua che te serca”. Ogni giorno così, ogni giorno la stessa telefonata alla stessa ora con le stesse parole, per tutta l’estate. Per dirsi tre parole in croce, orario di ritrovo, chi portava la palla e chi veniva a giocare. “Ok G, passo per le 3 allora”. Si ciao, alle due meno un quarto ero già sotto casa sua col pallone in mezzo al palo della bici. Sua mamma che aveva un po’ più di coscienza, ci obbligava a stare dentro in casa almeno fino alle 3. Si “smanettava” (Worms era il gioco che andava via per la maggiore) sul pc per far passare il tempo, poi via tutti al campetto. 3 mesi così, giugno, luglio e agosto, sole, pioggia vento, ferragosto, non ci fermava nulla, era quasi fastidioso andare al mare quei 15 giorni all’anno. Era quasi tempo perso. E se alle 2 non potevo andare a casa di Andrea, passavo un’ora in camera mia a tirare al canestrino appeso all’armadio, sognando di mettere il tiro per la vittoria in gara 7 delle finali NBA. Ogni benedetto giorno, pallone, scarpe, pantaloncini e canotta. Sapevi che alle 4 arrivavano tutti ed erano partite di una intensità fenomenale. Ah si scusate, siamo cresciuti a pane e basket, la palla era a spicchi e le scarpe alte. Il campo era la piattaforma delle scuole medie di Camisano. Mi ricordo di aver scoperto il basket in seconda media, appena finita la scuola, un giorno Loris mi chiese di andare a giocare alla scuole medie. Io manco sapevo palleggiare, non conoscevo le regole e tiravo a canestro con due mani. Dopo quella prima partita, sta cosa della palla al cesto mi incuriosì e per tutta quell’estate mi incollai al cemento del campetto a giocare, a capire come ci si doveva muovere, tirare, come andare a rimbalzo. Mi veniva facile giocare, mi fluiva dal corpo e per la prima volta avevo trovato qualcosa che mi appassionava veramente, che mi dava gioia, che mi permetteva di essere me stesso, nonostante le spalle larghe, le gambe troppo lunghe e troppo magre, nonostante le braccia fine e le mani grandi. Anzi queste caratteristiche erano proprio adatte a sto giochino. A differenza di quando giocavo a calcio come portiere, dove alcune cose mi mettevano paura, qui davanti al canestro era tutto facile, non sentivo la fatica, non c’era cosa che non volessi imparare. La cosa curiosa è che in quella scuola media ho da una parte scoperto un talento, e dall’altra parte alcuni professori non capivano questo mio fanatismo e più di qualche volta mi hanno fatto star male. Ricordo di aver fatto la tesina sul basket agli esami di terza media e di aver pensato: “Si ,ma voi non ci capite nulla, non vi posso spiegare una roba che manco vi interessa”. Ma questa “sofferenza” ha contribuito a darmi una marcia in più in campo, dove volevo essere il migliore. Tornando a quelle estati, sono stati anni cult per me e Andrea (da ora in poi solo “G”), lui con l’immancabile bici di sua sorella, canotta di Rodman e cappellino bianco della Nike ovviamente al rovescio, io maglietta delle prugne Sunsweet e braghetta multicolor a scacchi (onestamente inguardabili tutti e due, ma erano altri tempi). Le nostre estati per anni sono state sempre e solo questo: sveglia a tarda mattinata, difficilmente prima delle 11, pranzo verso le 12.30, impaziente attesa fino alle 14.00, arrivo a casa del G, partitella al pc, ore 15.00 partenza per il campo con sua mamma che ci guardava uscire secondo me pensando: “Prima o dopo mi chiama l’ospedale che li han ricoverati”, poi basket, botte, canestri, rimbalzi, vittorie, sconfitte, chiacchiere, risate, ore 20.00 (e a volte anche oltre) rientro a casa per la cena e se era ancora abbastanza chiaro si tornava al campo fino alle 21.30. Si tornava a casa sfatti, completamente annientati dal sole, dalla fatica, dalla sete, soddisfatti di aver fatto esattamente tutto ciò che si voleva. Durò parecchio questo periodo, diciamo dalla seconda media alla quinta superiore, dagli 11 ai 18 anni. Ricordi? A palate. Le partite 2vs2 con me e il G contro Paolo e mio fratello più vecchi di 5 anni, partite a 101 punti molte volte col pallone da calcio perché avere quello vero da basket era un po’ un lusso. E la ragazza americana? Onestamente una della nostre peggiori performance. Giorno come tanti altri al campetto, io, il G e Ale Sandini (altro soggetto ai confini con la realtà). Manca il quarto, in tre non si fa nulla, qualche partitella a 21, a slam (quanti palloni bucati sugli spigoli del tabellone). Oh raga, qui se non arriva il quarto è meglio andare a casa. Manco il tempo di dirlo, all’orizzonte una ragazza americana, canotta da basket, braghe e scarpe ultimo modello, zainetto sulle spalle e asciugamano bianco in mano. Dai dai, che se ci chiede di giocare siamo in 4. Infatti si ferma, ci presentiamo, lei ci dice il nome ma nessuno dei tre ci capisce nulla. Ragazza bellissima, pelle color oliva, espressione timida e un po’ spaesata, età non definibile, forse 17-18 anni. Cominciamo a giocare, noi rilassati, lei con una aggressività vista poche altre volte. Fa capire che non ha paura dei contatti, botte, blocchi. Caldo di quello insopportabile, umidità al 90%. Finisce la prima partita, le facciamo capire che abbiamo bisogno di acqua. Ok ok, le si avvicina al suo zaino, lo apre, prende la bottiglia di acqua e beve. Nello stesso momento, noi come tre maiali dentro al recinto ci gettiamo sotto l’idrante e “sguazziamo” per un buon 5 minuti per bere, lavarsi sotto le ascelle, bagnarsi il collo. La tipa scioccata, fa un’alta partita e poi se ne va. Mai più rivista al campetto. Sparita nel nulla, non credo le abbiamo lasciato una bella idea del basket italiano. G, e Ale (alias Il Centro) che scivola per scavalcare la ringhiera della scuola e si dilania il petto, che sembrava Gesù Cristo sulla croce? “Ale, tutto bene?”, lui con le lacrime agli occhi dal dolore: “Si si, tranquilli, fatto niente”, col sangue che sgocciolava sul marciapiede. Episodio a parte, probabilmente il più forte giocatore ad aver mai giocato li dentro. 2 metri di talento cestistico cristallino, con il quale mi sarei poi ritrovato a giocare anni dopo in partite decisamente più importanti, ma questo è un discorso a parte. Al campetto lo “odiavamo” tutti, troppo forte per noi, l’unico che schiacciava facile (e qui l’odio aumentava), era quello che sceglievi sempre per primo se ne avevi la possibilità. C’erano chiaramente le ragazze, che magari passavano davanti al campetto e noi facevamo i duri, ma con la coda dell’occhio volevi vedere se ti stavano guardando o se dicevano qualcosa. Ci sono stati ovviamente i tornei di Streetball organizzati da Michele Fabris (alias Cyborg), l’unico che veniva al campetto col paradenti viola e fucsia. Era un torneo di paese, ci conoscevamo tutti, ma nessuno ovviamente ci stava a perdere. Mi ricordo che un anno partecipai nonostante stessi facendo una cura di penicillina per curare una tonsillite con mia mamma e mio papà che mi facevano le punture poco prima di andare a giocare alla sera. Che poi, mamma e papà, come facevate a lasciarmi andare a giocare in quelle condizioni? Ecco cosa significa “erano altri tempi” Ricordi che richiederebbero un libro (ci sto lavorando eh). Ho voluto scrivere questo breve post perché guardando il video che trovate sotto il titolo, mi sono venuti in mente quei momenti. Ha ragione Buffa, noi studiavamo (si va bè, ogni tanto) e poi via a giocare. Ore ed ore a giocare. Alle 8 era tassativo arrivare a casa se non volevi mangiare freddo, e più di qualche volta è capitato. Si mangiava tutti assieme, con mamma e papà che parlavano, e io e mio fratello zitti perché eravamo consumati dalla giornata al campetto. Erano altri tempi, era permesso “cazzeggiare” per 3 mesi, facendo esclusivamente quello che ci appassionava e che ci faceva stare bene. Ho amato e amo tutt’ora quel posto perché mi ha dato la possibilità di coltivare un talento, piccolo o grande che fosse non importa, mi ha messo in contatto con me stesso. Se riguardo quegli anni con occhi più maturi, mi accorgo che quella nostra passione era in realtà utile alla “comunità” perché quel campo lo tenevano pulito, portavamo le scope per spazzare via gli aghi dei pini e i sassi, cambiavamo le retine, buttavamo via gli alveari di api dietro al tabellone ed era un punto di ritrovo per tanti ragazzi che magari non sapevano cosa fare. Siamo cresciuti liberi di fare, di non fare, abbiamo espresso il nostro talento senza troppe limitazioni. Era semplice, bastava un pallone, un paio di scarpe, due canestri, era un sistema economico e sostenibile di vivere la vita. Eravamo liberi come l’aria, alla ricerca delle felicità, del piacere dell’amicizia, della condivisione. 15 anni fa, ma sembra un secolo, il mondo è cambiato, le nostre vite sono cambiate ma i ricordi vanno tenuti vivi perché prima o poi andranno tramandati.

martedì 7 maggio 2013

Giurare sulla Costituzione italiana non ha più nessun significato

“Giuro sulla Costituzione…”. Queste tre parole sono state pronunciate da tutti i ministri del neo governo Letta. Sono sobbalzato sul divano a sentire queste parole, perché ci prendono in giro in una maniera talmente palese che nemmeno riusciamo a rendercene conto. Se vuoi nascondere una cosa, cerca di renderla più visibile possibile. Funziona così. Ve lo dico senza mezze misure o mezzi termini. Il nostro Parlamento e la nostra Costituzione sono inutili, possiamo farne a meno. Sono stati superati, sono stati svuotati di valore e significato. Potremmo chiudere il Parlamento, non pagare più nessuno (così poi quelli incazzati contro La Casta la smetteranno di piagnucolare, e si renderanno conto che gli sprechi più grandi e le ruberie maggiori arrivano da ben più in alto). E no, non sono fascista, e nemmeno voglio la dittatura, ma vi ripeto che il nostro Parlamento non conta più nulla e la nostra Costituzione è stata svuotata dei suoi significati e valori. È stata svuotata dal sogno di renderci persone libere, consapevoli e realizzate. Parto dalla fine della storia per poi risalirci per sommi capi. Articolo 3 della Costituzione italiana:
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
Articolo bellissimo, per parole, per significati, per il sogno di sviluppare una società libera, che partecipa alla vita del Paese. Sancisce come compito della Repubblica quello di rimuovere ostacoli economici e sociali. Capite, è un compito, non un passatempo. È un obbligo, non una possibilità. Ora guardate la nostra situazione sociale ed economica e confrontatela con il sogno descritto in questo articolo. Le colpe? Tante e di tanti, anche nostre ovviamente, ma non è di questo che voglio trattare oggi. Adesso facciamo un gioco, prendiamo l’articolo 3 e lo buttiamo nel cestino o meglio lo cancelliamo dalla nostra Costituzione. Tranquilli, non siete i primi, arrivate tardi, l’hanno già fatto. Come? Sarebbe più utile chiedersi perché, per il momento partiamo dal come. Articolo 81 sempre della nostra beneamata Costituzione, modificato nel 2012 per inserire il famoso pareggio di bilancio. Tradotto? Significa che questa modifica obbliga il settore pubblico ad essere in pareggio. Significa spendo 100, e richiedo indietro 100 tramite le tasse. Significa lasciare 0 all’economia reale, do 100 e prendo 100. Significa che il settore pubblico non può più sostenere la crescita, i consumi, i settori in crisi e le fasce sociale più deboli. Non può più spendere per rimuovere quegli ostacoli sociali ed economici per renderci liberi e per migliorare la nostra condizione umana. È stata inserita una modifica in Costituzione (senza dibattito e votata praticamente all’unanimità) che oltre a impoverire economicamente l’Italia e i suoi cittadini, condanna le fasce più deboli della nostra società ad una vita di stenti, condanna milioni di giovani e donne a non realizzarsi, a non perseguire i propri sogni. Condanna milioni di persone ai ricatti, a compromessi inaccettabili. Condanna milioni di persone alla sofferenza. Esattamente il contrario di quando definito all’articolo 3. Eppure ci hanno venduto questa modifica all’articolo 81 come una modifica giusta, virtuosa, per sentirci più europei. Non c’è stato dibattito, non c’è stato contradditorio. Dove erano tutti i nostri pensatori liberali, liberisti, socialisti, democratici? Dove eravate quando era il momento di fare fronte compatto contro lo scempio della nostra Carta fondamentale? Chi ha pagato il vostro silenzio? O meglio, visto che possiamo dedurre chi vi ha pagato, quanto vi hanno pagato e quanto vi stanno pagando? Solo questo? No, questo è solo l’ultimo atto di perdita di sovranità da parte di tutti gli Stati che adottano l’euro come moneta. Le altre fasi? Il Meccanismo Europeo di Stabilità, che obbliga l’Italia a versare 125 miliardi per creare questo ombrello protettivo. Visto che l’euro non è nostro, dobbiamo chiederlo a prestito alla grandi banche internazionali senza possibilità di negoziare il tasso di interesse. E poi il six pack, il two-pack, il trattato di Lisbona e Maastricht 20 anni fa. Tutti trattati che sovrastano le nostri leggi nazionali e quindi pure la Costituzione (uno dei più autorevoli studi su questo tema è The Lisbon Treaty, the readable version, second edition, di Jens-Peter Bonde, Foundation for EU Democracy, 2009. Nella nota N. 50 c’è il testo legale di questo principio). Per questi motivi, il nostro Parlamento non gestisce praticamente più nulla, l’80% delle nuove leggi sono rettifiche a leggi comunitarie. La cosa peggiore di tutte a mio avviso è che avendo perso sovranità monetaria e con l’introduzione del pareggio di bilancio, i governi italiani hanno perso anche la sovranità fiscale. Perché? Bè, semplice, ora come obiettivo principale c’è il pareggio di bilancio, il resto viene in secondo piano. Come faccio ad ottenere il pareggi di bilancio se ho interessi sul debito in continuo aumento e le entrate fiscali calano per via della crisi? Aumento le tasse e continuerò ad aumentarle. In pratica l’unico modo per affrontare la crisi in Europa è aumentare le tasse e tagliare i servizi e i risultati sono davanti ai vostri occhi. Quindi chi sta forse festeggiando per lo stop dell’Imu e dell’Iva, bè smettetela, arriveranno altri aumenti da qualche parte o comunque altri tagli alla spesa pubblica. La coperta è corta e il governo e il parlamento sanno perfettamente che se tirano da una parte rimane scoperta l’altra e viceversa. Sono condannati a sottostare ai padroni che si chiamano Merkel, Troika, mercati finanziari. Non si possono fare politiche serie per l’occupazione, per la scuola, l’istruzione e la ricerca. Ci hanno imbrigliato e ora stanno stringendo il cappio. Se vogliamo tornare a stringere la storia del nostro popolo tra le mani e riportarla verso binari corretti, allora dobbiamo rifiutare tutto quello che vi ho appena descritto. Via il pareggio di bilancio, via tutto, smantelliamo un castello costruito per una elite e da una elite sulle spalle di milioni di persone. Torniamo ad essere liberi, che almeno per me non significa fare quello che si vuole, sprecare e rubare. Bensì significa responsabilità, senso della cosa pubblica, significa metterci la faccia e il corpo per difendere un sogno. Chiudo, specificando che anche a me fa schifo la Casta, la corruzione, gli sprechi, i nepotismi e tutto quello che già vediamo ogni giorno su tv e giornali. Non significa sottovalutare le porcherie locali e regionali, significa semplicemente riconoscere il piccolo ladro di quartiere che ruba al supermercato dal grande trafficante internazionale che accumula denaro e potere. Giurare sulla Costituzione è falso ed ipocrita, specialmente da parte di chi l’ha svenduta e sotterrata senza che noi cittadini potessimo mai capirci nulla.

domenica 5 maggio 2013

E' già tutto scritto, dannazione!! (Brevi considerazioni sul nuovo governo Letta)

Lo sapevo, lo sapevo. Eppure l’ho salvato da qualche parte quell’articolo, ci deve pur essere da qualche parte. Aspetta che forse è dentro a quella cartella li. L’ho sempre detto che devo mettere in ordine il pc, ma ogni volta rimando al giorno dopo. Però dai, ti prego, salta fuori articolo che mi servi, mi servi, mi servi servi servi!!! Eccollooooo, il vigliacco si era nascosto in fondo alla lista e aveva pure cambiato nome (che in realtà gli avevo appioppato io qualche mese fa). Dai rapido, apriti che devo scrivere sto articolo, oh là, aperto. Autore dell’articolo: Curzio Maltese, pubblica su “Il Venerdì di Repubblica”. Titolo dell’articolo: L’Italia laboratorio della tecnocrazia che guiderà l’europa”. Qui trovate il link (http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=10168). Articolo uscito a metà aprile 2012 con Mario Monti già in carica da qualche mese. È passato un anno, ora c’è il governo Letta, definito inciucio, governissimo, larghe intese. Svariati nomignoli per non chiamarlo con il suo nome: Governo tecnico numero 2. Perché governo tecnico? Semplice, è stato un governo scelto per la seconda volta da Giorgio Napolitano che al suo interno ha diversi ministri “tecnici” e che soprattutto porta come primo ministro un “tecnico” per eccellenza: Enrico Letta. Ma andiamo per gradi. Partiamo dall’articolo di Curzio Maltese di cui sopra. Ecco alcuni estratti:
“ Nella seconda Repubblica l’unica vera novità era rappresentata da Romano Prodi, un tecnocrate riformista consapevole delle conseguenze della globalizzazione. Le due brevi stagioni di Prodi sono state l’unico laboratorio politico italiano e infatti hanno preparato il terreno a Mario Monti. Con il governo Monti l’Italia è diventata davvero un laboratorio del futuro”.
Se il laboratorio del futuro sono i 300.000 esodati, sono i milioni di disoccupati, è l’economia al collasso, sono i talgi alla spesa sanitaria e l’aumento delle spese militari, signori benvenuti nel laboratorio del futuro europeo. No, non è solo colpa di Monti ovviamente, quello che mi preme evidenziare è che il governo Letta è il figlio nato dal laboratorio Prodi e dal laboratorio Monti. Sito di Enrico Letta, ecco il suo Curriculum Vitae: http://www.enricoletta.it/wp-content/uploads/2013/04/Curriculum-Vitae-Enrico-Letta-aprile-2013.pdf Vediamo cosa c’è dentro:
Segretario del consiglio dei ministri nel secondo governo Prodi. Dal 1993 segretario generale di AREL (Agenzia di Ricerche e Legislazione fondata da Nino Andreatta). Quell’Andreatta che separò il ministero del Tesoro dalla Banca d’Italia, rendendo di fatto il nostro debito pubblico insostenibile. Dal 2004 vicepresidente di Aspen Istitute Italia, think tank mondialista nato negli Stati Uniti. Dal 2006 componente italiano della Trilaterale, altro think tank mondialista.
Mario Monti arriva più o meno dagli stessi gruppo, gruppo Bilderberg, commissione europea ecc ecc. E per finire alcuni pubblicazione del neo presidente del Consiglio tra le quali spicca in particolare: Euro si – Morire per Maastricht (Laterza, 1997). Questo è il quadro generale e molto sintetico della nostra condizione politica. Monti è un tecnocrate europeo, Letta è il figlio più giovane di questa generazione. Cosa succederà nei prossimi mesi? Eh bella domanda, visto che sull’IMU si stanno scannando, tra l’altro per una tassa che vale poco meno di nulla come spiegato benissimo in questo blog (http://www.megachip.info/tematiche/kill-pil/10200-di-cosa-parliamo-quando-parliamo-di-imu.html). Se questo governo sopravviverà allora aspettatevi un inasprimento della politica portata avanti da Monti, da Berlusconi e da Prodi. C’è il pareggio di bilancio da rispettare, c’è il Fiscal Compact che chiede la riduzione del debito di 50 miliardi all’anno, c’è da mettere i soldi nel MES (Fondo Salva Stati, votato da Napolitano. Discussione pubblica e parlamentare pari a zero). Questo è il quadro di chi ci sta governando, di cosa vorrà fare (aumento dell’austerità). La nostra classe dirigente nasce e si sviluppa dentro gli stessi ambienti (destra o sinistra fa veramente poca differenza) e questi ambienti stanno presentando il conto. Chiudo con le parole profetiche di Curzio Maltese:
“Per quando riguarda l’Italia dovrebbe essere evidenti a tutti che, dopo Monti, non ci sarà un altro governo politico vecchio stile, con Bersani o l’improbabile Alfano premier, ma un altro gabinetto “tecnico”, il cuoi teorico presidente del Consiglio dovrà in ogni caso fare i conti con l’autentico premier, il governatore Mario Draghi. Questa sarà la politica nei prossimi anni, il resto solo slogan.”
Che questo articolo esca su un giornale che si chiama “La Repubblica” fa venire strani pensieri.

giovedì 25 aprile 2013

Discussione tra fratelli e il grande inganno delle tasse....

È il 25 aprile, casa Cogno imbandita con ogni ben di Dio, tagliata cotta a puntino, patate al forno, insalata fresca e chi più ne ha più ne metta. Si festeggia con ritardo il compleanno di papà Romeo. Ci siamo tutti, mio fratello con famiglia, Marta ed io e ovviamente il festeggiato e mamma Giovanna. Serata splendida, fuori dalla finestra un bel sole rosso che si accascia silenzioso dietro le montagne e quel profumo di primavera appena accennato che mi accoglie appena metto fuori la testa in terrazza. Si mangia, si ride, si scherza, si fanno discorsi seri, si sogna con le storie di quando eravamo piccoli, si parla di quello andato in Australia che ce l’ha fatta. Insomma un po’ di tutto come credo siano le rimpatriate famigliari. Ma mio fratello va oltre. Molto oltre. Siamo sul divano, i bimbi con un occhio su e uno già guardano la tv, papà Romeo in un angolo. E tra soli uomini tre sono i discorsi: calcio, donne e politica. Niente calcio perché è festa, niente donne perché il cuore è già stato conquistato anni fa per tutti noi. Resta la politica. Ale (mio fratello) attacca: “Oh Miky, ma Letta?, risposta tra il sorpreso e il deluso: “No Ale varda, assa perdare, Letta el xè el peso del peso, uomo Aspen, Trilaterale, Bilderberg, Commissione Europea per l’entrata dell’euro. E po’ el gà scritto un libro “Morire per Maastricht”, questo zè el peso presidente possibile, fidate”. E sembra finita li la discussione, ma mio fratello tira fuori la chicca della serata: “Si ma mi digo, el PDL parla solo de restituire l’IMU. Mi non go mia problemi a pagare l’IMU, me va ben pagare le tasse, però poi le scuole le deve essere statali, e non costarme na follia, gli asili lo stesso, la sanità completamente gratuita. Poe sembrare l’idea comunista, ma mi penso che ghe demo el giusto a tutti, così tutti almeno parte sullo stesso piano”. Mentre lo ascoltavo mi sentivo come nella scena finale di un film quando il buono sconfigge il cattivo, c’è la scena a rallentatore, la musica trionfale. Primo pensiero: mio fratello è un genio. Secondo pensiero: cazzo, mio fratello è un pericoloso comunista. Terzo pensiero: mio fratello ha capito senza averlo capito (poi ve la spiego) il nocciolo del problema. Ovvero, a cosa servono le tasse? Ecco parliamone. Ci dicono: “Le tasse servono per pagare i servizi”. Falso. Perché? Perché visto che le tasse continuano ad aumentare dovremmo quindi avere migliori o più servizi. E questo è decisamente falso. Abbiamo la CASTA che spreca le nostre tasse. Vero, in parte, perché per primo la Casta in percentuale sulla spesa pubblica conta pochissimo. Che poi faccia schifo e che sprechi su questo sono perfettamente d’accordo. Ma è come se qualcuno mi venisse a dire: “Michele, ma ti rendi conto, spendi 100 euro al mese in caramelle” e io gli rispondessi: “Ciccio, ne guadano 10.000, si magari mangio troppe caramelle, ma il mio bilancio è perfettamente sotto controllo”. Poi, per dirla tutta, non spendo 100 euro in caramelle e soprattutto non guadagno 10.000 euro al mese. Era un esempio. Altro esempio. Anno 0 della repubblica italiana. Il governo ha appena fatto una legge con la quale impone come moneta la “lira”. E sempre per esempio dice che fissa una tassa del 10% su tutti gli stipendi. In questo giro è intrinseco il concetto che se lo Stato vuole che paghi le tasse, bè prima deve darmi dei soldi con i quali pagarle. Mi pare ovvio. Non posso pagare qualcosa con una moneta che no ho. Chiaro? Quindi uno Stato con moneta sovrana (come eravamo prima dell’euro) inventa la sua moneta dal nulla e la utilizza per sostenere la spesa pubblica. Si signori, crea dal nulla dei pezzi di carta e li da ai lavoratori che poi la utilizzano, la spendono e ci pagano le tasse. Dentro a questo banale esempio (che poi banale non lo è perché funziona veramente così) vi spiego che prima uno Stato emette moneta (spende a deficit) e solo dopo riscuote le tasse. Uno Stato quindi per finanziare la sua spesa pubblica non attende che gli ridate indietro i soldi tramite le tasse, semplicemente li inventa dal nulla e ve li da. Anche perché, facciamo l’ipotesi che nell’anno 0, il governo italiano decide di emettere moneta per 100.000 lire. A fine anno riscuote tasse per il 10%, quindi 10.000 lire. Se fosse vero che le tasse pagano i servizi, lo Stato potrebbe spendere solo 10.000. Ma l’anno dopo le tasse sarebbero 1.000 lire (10% di 10.000) e via così. Non è logico, non succede questo. Succede invece che uno Stato a moneta sovrana può sempre spendere prima di incassare le tasse, per il fatto che la moneta se la può inventare. A cosa servono le nostre tasse oggi con l’euro? A garantire il debito pubblico. E visto che il debito pubblico continua a salire per colpa degli interessi (e non della spesa pubblica) le nostre tasse continueranno a crescere. Ogni stato che ha adottato l’euro, non può più inventarsi la moneta, ma la deve chiedere alle grandi banche nazionali e questo limita il potere del governo, limita la democrazia. In sostanza voi pagate le tasse per permettere ai detentori di titoli di stato italiani di ricevere un interesse. Servizi pubblici e tasse non hanno un legame così ferreo. È ferreo invece il legame aumento del debito pubblico, aumento delle tasse. Questo legame è davanti ai nostri occhi. Cosa significa tutto questo? Che chi vi impone i sacrifici a suon di tasse vi sta mentendo, che chi vi dice che recupererà il gettito fiscale dall’evasione per dare più servizi, riduzione delle tasse vi sta mentendo. Le vostre tasse ingrassano tramite il prelievo pubblico, le tasche di chi detiene il nostro debito pubblico. Chi detiene la più larga fetta del nostro debito pubblico? Dai che è facile. Mio fratello senza aver mai preso in mano un libro di economia politica o di macro economia ha capito al volo che c’è qualcosa che non torna, che ci stanno prendendo in giro. No, mio fratello non è un genio con doti di veggenza e nemmeno uno stupido. È una persona che guarda la realtà, si fa delle domande e capisce con gli strumenti che ha a disposizione che c’è qualcosa che non va. Da come ha posto lui la questione, ho capito che l’economia è molto semplice da capire se c’è l’intenzione di farla capire. Se siamo arrivato a questo punto, con una crisi economica disastrosa, significa che qualcuno ci ha nascosto il vero significato dell’economia. Ecco perché mio fratello ha capito, senza averlo capito dove sta il problema.

domenica 21 aprile 2013

L'Europa è stata creata per aggravare le crisi....qui vi spiego perchè questa Europa non ci serve

Questo post sarà una rottura di scatole, ve lo dico io per primo. Sto giro scrivo di trattati europei, di regole disattese, di bugie palesi e verità nascoste. No, non vi potrò dire tutto tutto tutto, questo post è solo una parte della storia, ma come ogni storia ci sono dei dettagli importanti, che vanno spiegati e dimostrati. Ogni volta che qualcuno mi chiede dell’euro e dell’Europa la mia risposta è sempre questa: “Non sono antieuropeista e non c’è da stravolgere tutto per far si che l’Europa funzioni a favore dei popoli. L’euro è una moneta senza sovranità in mano ad una banca privata totalmente indipendente dal potere politico. Questo è il nocciolo del problema, o ne parliamo o siamo già tutti spacciati”. Tradotto, io non ho nulla di nulla contro i tedeschi, i francesi, gli spagnoli, i greci. Sono persone come me, come tutti voi, con i loro sogni, con i loro problemi, con le loro aspirazioni, con le loro gioie e ansie quotidiane e ritengo che tutti i cittadini europei meritino molto di meglio che questa Europa e questo euro. Quello che voglio fare in questo post è farvi capire che l’indipendenza totale della BCE è un suicidio programmato, una volontà dei tecnocrati che hanno firmato Maastricht di imporre un sistema monetario che avrebbe disintegrato l’economia, lo stato sociale, la cultura, la ricerca e di fatto la nostra società. “Eeeehhhh dai Michele, sei il solito catastrofista, complottista! Piano, guardatevi attorno, le situazioni tragiche le vedete tutti, o no? Il Sole24ore l’altro giorno scriveva che da inizio anno sono fallite 31.000 aziende in più di quelle che sono nate nuove (http://www.radio24.ilsole24ore.com/programma/focus-economia/2013-04-19/verso-expo-2015-stallo-184644.php?idpuntata=gSLA81B8N&date=2013-04-19). Ma molto più semplicemente mi capita di sentire clienti al telefono che singhiozzano, che non sanno se verranno pagati, che non sentono nemmeno più il telefono suonare in ufficio. Vado a mangiare in pausa pranzo e la cameriera della pizzeria d’asporto è disperata perché a fine mese chiuderanno, e li lavorano lei e la figlia. Gli esempi si sprecano. Un po’ di storia prima di darvi tutti i riferimenti pe capire la situazione attuale e i possibili colpevoli. Con l’entrata nella moneta unica, è avvenuto un aggancio della lira al marco (si chiama euro, ma di fatto è un aggancio alla moneta tedesca, molto più “forte” della nostra). Con l’entrata della nuova moneta, lo Stato italiano ha perso completamente la sua sovranità monetaria, ovvero ha perso la possibilità di fissare il tasso di cambio e come conseguenza ha perso anche la sovranità fiscale (discorso più lungo, un’altra volta lo affronto eh). Ha perso ovviamente anche la possibilità di svalutare la moneta. “Ecco, Michele sei per la svalutazione che non va bene perché svalutare significa essere deboli”. Piccola parentesi, se svalutare è da sfigati corrotti incapaci, perché la Germania, paese così virtuoso, entrando anche lei nell’euro, non ha mai voluto rivalutare la sua moneta? Perché nel mondo attuale, gli USA, il Giappone, la Polonia, l’Inghilterra hanno tutti svalutato la loro moneta? E ricordatevi bene, che per qualcuno che svaluta, c’è sempre qualcuno che rivaluta. Torniamo a noi, entrati nell’euro abbiamo perso il potere fondante di uno Stato, l’emissione monetaria. Tradotto? Noi tutti viviamo di fatto già in uno ex Stato e in una ex democrazia (anche qui, discorso lungo da affrontare in separata sede). La macro economia ci spiega che per essere “competitivi” con i mercati esteri ci sono 3 sistemi: svalutare la moneta, abbattere le tasse (per far costare meno i prodotti e il lavoro), diminuire i salari. Entrando nell’euro, non possiamo svalutare e non possiamo abbattere le tasse (perché le tasse vanno a pagare gli interessi sul debito, altro argomento da affrontare). Cosa rimane? Sorpresa: diminuire i salari. Ed ecco la lotta della Fornero sull’articolo 18, sull’aumento di ore lavorative degli insegnati, la lotta sugli esodati, sul blocco delle pensioni ecc ecc. La Fornero risponde a queste logiche imposte da certi poteri, non è pazza, è di una lucidità disarmante e di una precisione chirurgica. È stata messa li a fare il lavoro sporco, a fare macelleria sociale. Diminuire i salari significa diminuire la qualità della vita delle persone, significa tutto quello che state vedendo. Meno investimenti, meno spesa, meno cultura, meno tempo libero, meno libertà. La Germania, per prima a partire dal 1999 ha imposto una riduzione salariale interna spaventosa, che ha creato milioni (circa 2,5 milioni) di persone sottopagate e sovra sfruttate. Ha creato migliaia di pensionati in fuga perché non più capaci di sostenere la loro qualità di vita. Questa riduzione salariale ha creato una rivolta politica che ha portato partiti euroscettici a % grillesche per capirci. Ovviamente per tanti che si impoveriscono (lavoratori salariati tedeschi, spagnoli, italiani, greci e portoghesi) qualcuno dovrà pure arricchirsi. Chi? Oh bè semplice, i super manager delle grandi banche internazionali, i grandi investitori, le grandi multinazionali che vedono i lavoratori lavorare per meno e con meno sicurezze. Qualcuno vince, qualcuno perde. Ovvero se qualcuno esporta e quindi si arricchisce, qualcuno importa e si impoverisce. La parte ancora peggiore è che la Germania dopo aver esportato di tutto in giro per l’Europa, ha pure finanziato a debito il suo export. Tradotto, la Germania vende le sue automobili in Italia, gli Italiani hanno dei risparmi e comprano senza fare nessun debito. L’economia va in crisi (per i motivi più disparati), i salari si contraggono, le imprese chiudono, quindi gli italiani che prima pagavano con i loro risparmi, ora devono indebitarsi per comperare la macchina tedesca. E chi finanzia questo acquisto? Semplice, le stesse banche tedesche che offrono tassi decisamente allettanti. Inoltre l’industria e la finanza tedesca (ma anche altri paesi del Nord) una volta che ha erogato crediti agli italiani (che per noi sono debiti) può venire in Italia e comperare aziende, infrastrutture, brevetti a prezzi stracciati perché i nostri imprenditori, le nostre banche ecc sono alla canna del gas. Volete una parola unica per spiegare il giro appena letto? Ok, ecco qua: colonizzazione. Ne volete una che ancora è tabù pronunciare? Ok, ecco qua: Terza Guerra Mondiale. Senza una bomba, senza un mitra, solo con i capitali, solo giocando sporco e non rispettando i trattati. Ed ecco il punto focale dell’articolo. Vi ho rotto le scatole fino ad adesso, ma mi sto avvicinando alla conclusione. Ecco il nocciolo del discorso, Trattato consolidato sul funzionamento della UE (Carta dei Diritti Fondamentali), articolo 3:
L'Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori e il benessere dei suoi popoli. 2. L'Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l'asilo, l'immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest'ultima. 3. L'Unione instaura un mercato interno. Si adopera per lo sviluppo sostenibile dell'Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un'economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell'ambiente. Essa promuove il progresso scientifico e tecnologico. L'Unione combatte l'esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore. Essa promuove la coesione economica, sociale e territoriale, e la solidarietà tra gli Stati membri.”
Rivediamo i concetti: libertà, sicurezza, giustizia, piena occupazione, economia sociale, progresso scientifico. I trattati prevedono già un sacco di cose belle, non serve rifare tutto, non serve abbattere il muro per poi rifarlo se il muro è costruito bene. Le leggi parlano chiaro, la UE promuove la solidarietà tra gli Stati membri. Da qualche parte su al nord sto articolo deve essere stato tradotto così: “cercate di fregare il prossimo, specialmente i paesi del Sud Europa, indebitateli e poi obbligateli a ripagare quel debito. Siate intransigenti nella riscossione e non fate sconti a nessuno.” Mario Draghi dichiara questo pochi mesi fa:
“Milano, 10 gen - "La piena occupazione non e' il mandato della Bce, lo e' invece la stabilita' dei prezzi". Lo ha precisato il presidente della Bce Mario Draghi in conferenza stampa a Francoforte, rispondendo a una domanda sul parallelo con la Fed che ha deciso di mantenere il costo del denaro allo zero fino a che non raggiungera' un preciso livello di disoccupazione.”
Vi è chiaro il concetto. Abbiamo un trattato di funzionamento UE che sancisce la piena occupazione, la solidarietà tra i Paesi, la coesione sociale ed economica, e dall’altra parte abbiamo un organo completamente indipendente, la BCE, che tramite le parole di Draghi non segue questi dettami, anzi va esattamente nella direzione opposta, ovvero controlla i prezzi e l’inflazione. E come dicevo prima se non puoi svalutare o rivalutare la moneta (come fan tutti eh, non è mica uno scandalo, è solo un strumento come gli altri, sicuramente uno dei più efficaci). Ora come ho detto prima, non occorre radere al suolo tutto, serve una volontà politica da parte di tutti per fare in modo che il trattato di funzionamento UE venga applicato. Questo significa che la BCE, come ogni altra banca centrale deve essere inserita sotto un controllo politico, perché è un braccio operativo del potere politico. Slegare la BCE dal controllo politico genera di fatto una guerra economica (ovvio che non è solo questo il motivo) dove il più forte colonizza il più debole. Questa separazione totale dei poteri e degli obiettivi ha ampliato questa crisi e la sta sicuramente aggravando almeno qui in Europa. Se esistesse veramente la volontà politica, la crisi l’avremmo già alle spalle da qualche anno. Traetene voi le conclusioni. Per me vale quanto detto prima, serve una volontà politica di tutti i governi europei per porre fine a questo disastro. Ci sono già gli strumenti, ci sono già le leggi, smettiamola di tirarci la zappa sui piedi e di pensare che questa crisi sia irrisolvibile con gli strumenti odierni.