venerdì 14 dicembre 2012

Avete paura dell'uomo nero?

Avete mai giocato all’uomo nero a scuola? Me lo ricordo come un gioco elettrizzante. “Avete paura dell’uomo nero?”, risposta: “Nooooooo”. “Lo volete?”, risposta: “Siiiiiiii” e via a correre per non farsi prendere. Ora che siamo tutti un po’ cresciuti facciamo un altro gioco, simile all’uomo nero ma con altri attori. Ecco il gioco che vi propongo, anzi che propongo ai partiti politici italiani: “Avete paura di Mario Monti?”. La risposta mi pare sia stata: “Nooooooo”. Altra domanda: “Lo volete?”, risposta: “Siiiiii”. Facciamo un passo in avanti nel gioco. “Votereste mai un premier che è stato a capo di una commissione sciolta per frodee, mala gestione, nepotismo e che ha fatto sparire miliardi di euro?”, risposta: “Noooooo”. “Votereste un premier che da soldi nostri ad una banca italiana il cui presidente è indagato per truffa all’erario per 700 milioni di euro?”, risposta: “Nooooo” “Cari Berlusconi, Bersani, Casini, Alfano, Montezemolo, lo vorreste Monti dentro al prossimo governo come primo ministro? O magari come Presidente della Repubblica?”, risposta: “Siiiiiii”. Carissimi cittadini, elettori di qualsiasi colore, questo è veramente successo un anno fa e potrebbe risuccedere a febbraio-marzo del 2013.
Ovvero, la Commissione Santer di cui Monti era responsabile per il Mercato Interno, Servizi Finanziari e Integrazione Finanziaria, è stata sciolta dalla Commissione Europea per nepotismo, frode e mala gestione. Sono spariti svariati miliardi di euro e secondo il rapporto i più alti vertici non potevano non sapere. La fonte? L’europarlamento, non aggiungo altro, leggetevi le 100 e passa pagine e fatevi la vostra idea: http://www.europarl.europa.eu/experts/pdf/reportit.pdf. Ora andiamo avanti col giochino. Può un presidente con questi precedenti prestare svariati miliardi (l’ultima tranche equivale a quasi 4 miliardi di euro) delle nostre tasse ad un banchieri indagato per truffa allo Stato per un valore di 700 milioni di euro? Risposta: “Siiiiiiii”. Il nome del banchiere è Alessandro Profumo, la fonte è questa: http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/10/18/frode-fiscale-di-unicredit-indagato-alessandro-profumo/164676/.
Quindi un Presidente del Consiglio che dal 1995 al 1999 era all’interno di una commissione europea sciolta per nepotismo, frode e mala gestione da una valanga di miliardi ad una banca praticamente fallita presieduta da Alessandro Profumo, indagato per frode fiscale. Bè, fantastico dire. La fonte del salvataggio concesso dal governo è questa: http://www.ilfattoquotidiano.it/tag/monte-dei-paschi-di-siena/. Luciana Littizzetto viene a dirci che il Silvio Berlusconi ci ha rotto il cazzo? Ci frantumano la testa con le primarie, parlamentarie, rimborsi elettorali usati per pagare i cotechini e le munizioni? Bersani dice che Monti potrà essere utile? Casini lo vuole premier? Monti va al PPE? Non solo abbiamo perso il senso delle parole, abbiamo perso dignità, abbiamo perso quel minimo contatto con la realtà. Non esiste nessun salvatore, non esiste nessuna alternativa politica reale, è tutto fasullo, finto, fittizio. Se Berlusconi voleva veramente segnare una discontinuità col governo Monti ci avrebbe spigato chiaramente cos’è il patto di stabilità, ci avrebbe detto che se la Chiesa non paga l’IMU entro il 31 dicembre 2012, toccherà all’Italia pagare una multa di 1 miliardo e 300 milioni, ovvero tasse nostre. Se mi permettete, a me hanno rotto tutti quei ben pensati (giornalisti, politici, liberi pensatori, uomini e donne delle spettacolo) che vanno in tv o scrivono nei giornali per non dirci nulla. Per dirci solamente che Berlusconi è un puttaniere, il PD non sa cosa fare, la Lega è finita, Grillo è solo un comico pseudo-fascista. Non c’è nulla in quelle parole, non c’è nulla che ci serva veramente, non c’è più nulla. Abbiamo davanti a noi una lotta immane, lunghissima, ma il primo passo per lottare è rifiutare questa caciara di nulla, smetterla di sostenere questo sistema politico, aprire gli occhi e lottare ognuno con le proprie forze, con la propria mente e le proprie capacità. Da dove si parte? Spegnete la tv e buttare il giornale, andate per le strade, andate nelle vostre città e nelle vostre campagne a vedere cosa è realmente necessario. Abbandonate la paura perchè è questo il primo mostro da sconfiggere. Altrimenti andrà sempre a finire così: “Volete l’uomo nero?”, risposta: “Siiiiiiii”.

mercoledì 12 dicembre 2012

Non votare è una scelta di libertà

Io non voterò alla prossime politiche. Perché dovrei votare il mio aguzzino? Perché dovrei mettermi in fila per farmi mettere le manette? In giro sento sempre le solite scuse: “Eh ma votare è un tuo diritto, non votando non faresti sentire la tua voce”, “ eh ma Michele, bisogna stare uniti per evitare che vincano gli altri” (già sentita per le regionali questa), “eh ma Michele, così fai il gioco di Grillo, non possiamo lasciare in mano a lui il futuro dell’Italia”. Queste frasi nascondono un unico sentimento, la paura. Non ne faccio una colpa ai singoli, ai miei amici. Il sistema politico, mediatico, informativo ci ha portato a vivere di paura e ad alimentarci solo di quella. Ma la paura non può essere la nostra maestra, la nostra consigliera. Non può e non deve essere. Io conosco poche cose, ragiono semplicemente e vedo la mancanza di alternativa, vedo l’immobilismo e vedo l’ipocrisia. Di chi? Di molti, moltissimi. Le poche cose che so sono queste: abbiamo perso sovranità monetaria e quindi abbiamo una moneta (euro) che acquistiamo a debito. Tutto quello che facciamo, accendere la macchina, fare la spesa, comperare una casa è debito. Abbiamo perso sovranità legislativa e fiscale. L’Europa ci indica cosa fare e noi lo facciamo, modifichiamo la Costituzione (art. 81) per inserire il pareggio di bilancio semplicemente perché ci viene imposto da organi non eletti. Il nostro Parlamento non ha più nessun potere in termini economici e fiscali e non può nemmeno mediare sui trattati europei (trattato di Lisbona votato all’unanimità). Abbiamo firmato trattati che creeranno drammi sociali e personali perché distruggono il nostro tessuto industriale e produttivo, perché distruggono i salari e i diritti. Come faccio a dirlo? Perché li ho letti questi trattati (Maastricht, Lisbona, Fiscal Compact, ESM, ERF, Velsen) e ne ho compreso il fine. Distruggere gli stati sovrani a favore di una entità astratta più grande (l’Europa). Imbavagliare il potere sovrano e rendere gli stati dei normali clienti del sistema finanziario e riportare i popoli ad un medioevo culturale, sociale ed economico. Nessun partito politico mette in dubbio questi trattati e il loro scopo. Non il PD, totalmente piegato agli interessi europeisti, non il PDL in grado solo di balbettare parole buttate li a caso, non la Lega che inveisce contro l’Europa ma poi vuole ridurre il debito pubblico perché c’è lo chiedere l’Europa e i mercati finanziari, non l’IDV che firma il trattato di Lisbona e poi va in giro a blaterare della perdita di sovranità, non SEL che prova ad analizzare il problema ma si ferma sempre 1 cm prima delle soluzioni concrete. Non lo fa Grillo perchè a livello economico il suo movimento ha le idee molto confuse. Scrivo queste righe, perché vi voglio dire che come nazione dobbiamo riappropriarci della nostra moneta, della nostra sovranità fiscale ed economica. Ma prima di tutto, dobbiamo riappropriarci dei valori, della comunità , del bene comune. Quali valori? Parliamone, io vi posso dare i miei: diritto ad un lavoro retribuito, alla scuola pubblica per tutti, alla salute per tutti senza costi aggiuntivi, controllo dell’ambiente, dell’aria e dell’acqua, una economia territoriale e a misura d’uomo, il sistema bancario e finanziario utile solo per finanziare i progetti di una comunità, lavorare meno, incentivare i lavori “verdi” e i lavori sociali. Molto di questi valori sono sanciti nei primi articoli della Costituzione, nulla di nuovo. Conosco inoltre realtà che hanno rifiutato i diktat neoliberisti dell’FMI, della Banca Mondiale, del WTO. Realtà che stanno uscendo dalla crisi e che stanno prendendo strade diverse rispetto alla nostra austerità economica. (http://www.youtube.com/watch?v=psNWLP1X_xs, http://www.youtube.com/watch?v=jwt90m7WFvo) Certo, punti molto generici ma su cui si può lavorare e impegnarsi. Ma al di fuori di questo paradigma economico e politico. Siete stanchi della politica? Bene, la facciamo noi, ci consideriamo più bravi e più onesti? Bene, mettiamoci in prima fila. Se continuiamo a dare la colpa alla crisi economica, ai politici corrotti, allo stato ladro e alla globalizzazione non rimarrà nulla di noi nei libri di storia. Malcolm X in un bellissimo discorso parlava di scegliere tra “la scheda e il fucile”. Se la scheda (elettorale) non ci permette di avere condizioni migliori, allora l’unica alternativa è il fucile. L’oppresso non può chiedere la libertà al suo oppressore con le parole, perché se l’oppressore non conosce il dialogo quelle parole andrebbero sprecate. Se l’oppressore usa il fucile, per liberarci dobbiamo usare il fucile. Il che non vuol dire essere un violento, significa avere la possibilità di liberarci. Se l’oppressore usa la parola, io userò la parola. È quello che Malcolm X definiva “by any means necessary” (con ogni mezzo necessario). Un cambiamento arriva quando ci liberiamo dalla paura, soprattutto della paura di perdere quel poco che abbiamo. Dobbiamo renderci conto che questo sistema fondato sul debito perpetuo e permanente, ci sta togliendo tutto e quando avremo perso tutto sarà troppo tardi. Il momento è ora. È ora di rivendicare quello che è nostro per il semplice fatto di essere persone, ovvero la dignità umana in questa società, in questo tempo. Il cambiamento si ottiene molte volte anche con il sangue (inteso come volontà di rimetterci del proprio), in questo momento noi tutti abbiamo paura di sanguinare.

venerdì 7 dicembre 2012

Le parole vuote di chi non sa più cosa dire

Una volta si vendeva l’anima al diavolo, ora credo che molti abbiano venduto l’anima al debito pubblico. Stamattina (6 dicembre, ore 8.20) ero in macchina e ascoltavo distrattamente Flavio Tosi che parlava a Radio24. Una frase basta per capire l’assurdità del momento: “Bisogna ridurre il debito pubblico e la spesa pubblica” dichiara il sindaco di Verona. Ora, partendo dal presupposto che non ho mai avuto simpatia per questo partito politico, pensavo che almeno i suoi rappresentanti visto la scelta di stare all’opposizione avessero finalmente capito il reale problema della nostra situazione socio-economica. E invece hanno venduto l’anima. Senza tanti rimorsi. Sig. Sindaco, Lei ha ragione, bisogna ridurre il debito, ma non deve fare nemmeno tanta fatica ad inventarsi qualcosa di nuovo sa. Le basterà aspettare il 1° di gennaio 2013, fra 25 giorni quindi quando il Fiscal Compact comincerà ad operare. Lei sa vero cosa c’è scritto su sto trattato europeo? Riduzione del debito pubblico di 50 miliardi (per l’Italia, calcolato in questo modo: il trattato dice di ridurre il debito pubblico portandolo al 60% in 20 anni, ovvero 1/20 all’anno. Noi siamo al doppio come rapporto, circa il 120%, quindi dobbiamo ridurre il debito dai 2000 miliardi attuali a 1000, ovvero 50 miliardi l’anno). Lei non si affanni, passi un buon Natale, festeggi l’ultimo dell’anno e il 1° di gennaio si riposi a casa. Per la riduzione ci pensa il Fiscal Compact (si lo so, suona un po’ da pubblicità). Sono ripetitivo vero? Ho scritto altri post su questo tema, però sapete, se davanti a te si para un ladro, io urlo più forte che posso per farmi sentire e chiedere aiuto. Quindi, Sig. Sindaco, Lei stia tranquillo, per la riduzione del debito ci hanno già pensato altri. Le resta da ridurre la spesa pubblica, ma mi tocca deluderla anche qui. La spesa pubblica non è mai stata un problema, lo sapeva questo? Guardi, le do un aiuto. Le sarà sufficiente aprire internet, andare sul sito dell’Istat e cercare le Serie Storiche sull’aumento della spesa pubblica e del debito pubblico. Oggi sono buono e le do un altro aiuto. Sa cosa ci troverà là dentro? Troverà dei dati un po’ “strani”, ovvero che dal 1990 ad oggi i vari governi che si sono succeduti hanno “risparmiato” 511 miliardi di euro. Per parlare ancora più semplice, hanno speso meno di quello che hanno incassato. Sa cosa significa? Che la nostra spesa pubblica è sotto controllo. Certo, ci sono i Belsito, i Fiorito e altri ancora ma se dà una occhiata i governi hanno sempre (o quasi) speso meno di quello che incassavano. Perché anche Lei, e voi della Lega vi volete occupare di due problemi che di fatto o già se ne stanno occupando altri o che proprio non esistono? È un po’ come se mio papà si dovesse preoccupare di andare a lavorare domani quando è in pensione. Le sue dichiarazioni sono sbagliate e inutili (e su debito e spesa pubblica non solo le sue dichiarazioni sono sbagliate). Le faccio due proposte per le festività, su cui magari lavorare concretamente e le estendo a tutta la classe politica italiana che sembra avere così tanto a cuore i destini del nostro Paese. Oggi, Sig. Sindaco leggevo sul sole24ore.com che Deutsche Bank è stata denunciata da 3 suoi ex dipendenti per aver nascosto 12 miliardi di perdite su prodotti finanziari, e che inoltre sempre Deutsche Bank è sotto inchiesta giudiziaria negli USA per riciclaggio di denaro sporco. (fonte il Sole24ore) Questo è solo un esempio dello strapotere delle grandi banche. Le propongo di informarsi e magari di vedere se è possibile trovare qualche modo per ridurre il potere delle istituzioni finanziarie. Le do sempre un aiuto, a questo indirizzo (http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/2012/12/ecco-cio-che-sta-accadendo-in-argentina.html#comment-form) trova un paio di suggerimenti che arrivano dal governo argentino. Sono semplici, si possono fare e non “costano” nulla in termini finanziari. Seconda proposta: sempre dai dati dell’Istat Lei potrà accorgersi che il problema del debito nasce da altro. Ovvero dagli interessi e non dalla spesa pubblica. Gli interessi alimentano il nostro debito per il 95% del suo importo. Abbiamo pagato miliardi di interessi senza mai ripagare il capitale. È come se io avessi un mutuo da 100.000 euro, e dopo aver pagato 95.000 euro di interessi avessi ancora lo stesso capitale da ripagare. A me sembra un po’ strano, a Lei? Provi a verificare se esiste un soluzione reale, concreta e immediata per liberarci del debito (no, non mi dica la crescita perché lo sa anche Lei che è solo un palliativo) Faccia questo sforzo di documentarsi, una volta che ha delle risposte mi faccia sapere, fino a quel momento le chiedo di stare zitto per evitare di imbrogliare i suoi elettori, i suoi cittadini e l’Italia intera.

giovedì 29 novembre 2012

Il senso che verrà....

Questo blog è aperto da tempo, credo fosse il 2009 se non ricordo male e l’ho sempre utilizzato come valvola di sfogo per mettere li pensieri e opinioni. Senza nessuna velleità e senza nessuno scopo particolare. Ho sempre scritto più o meno a caso, nel senso che non c’era un filo logico, proponevo argomenti slegati uno dall’altro, per circa un anno non ho più scritto. Era tutto casuale e impulsivo.
Ora per vari motivi, credo sia arrivato il momento di dare un “senso” a questo blog, tenendo comunque ferme le due caratteristiche fondanti, ovvero nessuna velleità e nessun motivo di pubblicità finalizzato a qualcosa di diverso che non sia il puro piacere di scrivere e far riflettere (per quanto possibile). A volte nella vita ci sono dei periodi che influenzeranno per sempre la tua esistenza, e penso che quello che sto vivendo da un anno a questa parte ricada proprio in uno di quei periodi. Si dice che la verità sia come la cicoria, amara, ma una volta che l’hai provata non puoi più farne a meno. No, non ho la presunzione di avere la verità dalla mia parte, al massimo aver trovato un “senso” in quello che vedo succedere ogni giorno nella nostra società e nella nostra economia. Il che non fa di me un saggio, un visionario o un predicatore, molto più semplicemente fa di me una persona libera dalla paura. Paura del fare, del dire, dell’essere. Vi tralascio i dettagli del perché questo anno sia stato così importante e del come sia uscito da un pensiero basato sulla paura, ritrovando il coraggio e la responsabilità delle mie azioni. Credo che la nostra società sia fondamentalmente basata sulla paura e sulla mancanza di responsabilità. Paura a 360 gradi, paura del terrorismo, paura dell’immigrato, paura delle malattie, paura della crisi economica, di perdere il posto di lavoro, paura di dire la propria anche quando nessuno ti sostiene. Sarà utile, se non fondamentale tornare ad insegnare il coraggio e la responsabilità, concetti che vanno di pari passo nella crescita di una persona e di una società sana. Infatti il coraggio senza responsabilità crea solo dei martiri, la responsabilità senza coraggio crea personalismi dannosi e inutili. Provo a dare un senso a quello che mi circonda. Vi chiedo, qual è il senso di salvare una banca come Monte dei Paschi di Siena con 6 miliardi di euro e poi dichiarare con la sanità non sarà sostenibile se non arriveranno finanziamenti privati anche dall’estero? Vi chiedo, qual è il senso di bloccare le pensioni e creare migliaia di esodati solamente per rendere sostenibili le nostre finanze pubbliche per essere “belli” agli occhi dei tanto decantati “mercati internazionali”? Vi chiedo, che senso ha massacrare lavoratori, aziende, distruggere il futuro, le speranze di milioni di italiani solamente perché ce lo impone l’Europa? Vi chiedo, è giusto che i giovani lavorino praticamente gratis (uno stage a 300 euro al mese a Milano come lo definite?) e permettere ai grandi banchieri e speculatori di fare fortune immense solo giocando coi i debiti pubblici degli stati o giocando in Borsa? Vi chiedo, è giusto tagliare 7400 posti letto negli ospedali e aumentare le spese militari? Vi chiedo se sapete chi ce lo impone? Vi chiedo quando la smetteremo di ragionare sempre nella stessa maniera: “Bè, guarda finché dura e non mi tocca, non è un problema”? Vi chiedo, quando ne avremo abbastanza di elemosinare la vita? Vi chiedo, la vedete la Grecia laggiù in fondo? O fate finta di non vederla come quando per strada vediamo un senza tetto? Laggiù in fondo, nella culla della civiltà 500.000 bambini sono sotto il livello di nutrimento giornaliero secondo l’OCSE! E l’Italia sta seguendo le stesse ricette imposte ai greci. I risanamenti dei conti pubblici valgono questi sacrifici? Vale il fatto di leggere di bambini che nelle classi svengono sui banchi? Vi chiedo, siamo democratici? Siamo cattolici? Ma soprattutto siamo umani? In nome di cosa sacrifichiamo il nostro fratello di sangue? In nome di cosa quei 500.000 bambini devono soffrire la fame e il dolore? Ditemelo, perché io ancora non l’ho capito. Quello che noi chiamiamo capitalismo, finanza, speculazione, si è trasformato in qualcosa di diverso. Si è trasformato in sciacallaggio, distruzione, abbandono. Abbiamo parole bellissime dentro alla nostra Costituzione che proteggono la libertà di espressione, religiosa, che tutelano il lavoro, la dignità umana, la libera iniziativa, ma che senso hanno in un paese dove migliaia di famiglie non sanno mettere assieme il pranzo con la cena, dove più di 1 milione di persone rimanda gli interventi dentistici, e dove l’11% degli italiani d’inverno non può scaldarsi. Qual è il senso di tutto ciò? Ripudiamo la guerra ma aumentiamo gli armamenti e forniamo basi e aerei per bombardare uno stato sovrano come la Libia? A cosa serve mandare i nostri militari in Afghanistan e Iraq per sostenere la democrazia, quando in patria la democrazia è ridotta al lumicino Ecco quindi il senso di “coraggio” e “responsabilità”. Coraggio come uomini, comunità, come nazione di decidere quali sono i nostri valori fondanti per poi insegnarli e trasmetterli. Di conseguenza la responsabilità di sostenere quei valori in prima persona tramite una democrazia diretta smettendola di delegare a persone incapaci un lavoro fondamentale come quello di proteggere e migliorare il “bene comune”. Saremo in grado di abbandonare il nostro ego, il nostro tepore mentale, il nostro affanno tecnologico, la nostra ansia di apparire, per occuparci finalmente e realmente con coraggio e responsabilità di quello che ci sta attorno? Saremo in grado di liberarci dalla paura collettivamente? È su questo secondo me che si gioca il futuro, ovvero la possibilità di liberarci da idee preconcette, di porci domande scomode e di avere il coraggio di trovare risponde sincere. Da ora in poi in questo blog ricercherò per quel che mi è possibile il senso delle cose, delle parole, delle notizie.
Questo post lo dedico a Silvia, Alessandra, Mavry, Massi. Miei carissimi amici che ognuno a modo suo, con le proprie forze e i propri talenti stanno compiendo un viaggio ammirevole per trovare il "senso" e che rifiutano di vivere nella pausa. Lo dedico in special modo a Marta, mia compagna di vita, che in ogni singolo istante mi insegna l'importanza dei dettagli, dell'umiltà, della passione, del saper sorridere attraverso la pioggia.

martedì 27 novembre 2012

Sta per succedere

Non c’è più tempo, non c’è più spazio di manovra. La fine del mondo Maya vi sembrerà uno scherzetto dei bambini delle elementari. Questo è un messaggio urgente per gli elettori di centrosinistra che in questi giorni stanno votando per il loro futuro candidato premier. Manca poco più di un mese e poi sarà l’inizio della fine, sarà la seconda parte di questa crisi economica. Sarà qualcosa di mai visto e di mai provato da milioni di persone. Sarà qualcosa che ci accomunerà nella disperazione. Fiscal Compact, trattato europeo di stabilità, firmato il 2 marzo, articolo 4 che dice che in 20 anni l’Italia deve dimezzare il proprio debito pubblico (il suo rapporto in realtà). Dimezzare il debito pubblico in 20 anni significa ridurre il debito di 50 miliardi l’anno. Esempio: nel 2011 lo Stato italiano ha avuto un surplus di bilancio di 21 miliardi, ovvero la differenza tra entrate (tasse, vendite del patrimonio pubblico ecce cc) ed uscite (pensioni, stipendi, investimenti) prima del calcolo degli interessi. Solo gli interessi invece sono stati 76 miliardi. Significa che il debito è aumentato di 55 miliardi solo per effetto degli interessi (76-21=55 miliardi). Siccome il Fiscal Compact prevede di abbattere il debito interessi compresi, significa che sempre facendo una ipotesi con i dati del 2011 lo Stato italiano avrebbe dovuto fare un surplus di circa 126 miliardi (126-76=50). Significa un taglio ulteriore alla spesa pubblica di 100 miliardi rispetto al risparmio di 21 miliardi avuto nel 2011. 100 miliardi sono circa la spesa per le pensioni di un anno o circa la spesa per la sanità di un anno. Oggi il Presidente Monti dichiara: “Servizio sanitario nazionale a rischio. Potremmo non riuscire più a garantirlo se non si trovano nuove forme di finanziamento". Lo si sapeva da marzo Sig. Presidente, bastava fare due calcoli con la macchinetta. Non serve una laurea. Eppure Lei ce lo dice solo ora, forse perché spera nell’effetto urgenza dove si è obbligati ad obbedire senza discutere. O forse perché spera che la gente lo veda coma la solita notizia del sistema pubblico sprecone e corrotto dove è giusto tagliare. Visto che a Lei piacciono i numeri, in Grecia (tra 1-2 anni ci arriveremo anche noi al loro livello) hanno appena inserito una tassa tra il 10 e il 25% su medicinali essenziali, facendoli pagare soprattutto agli anziani con pensioni minime. Presidente Monti, Lei ci vuole portare in Grecia senza traghetto, visto che la Grecia sarà qui da noi tra un paio di anni?. Chi le da questo potere? Che razza di uomo è? Che razza di parlamento presiede? Quante bugie sta raccontando al suo popolo (perché è i suo popolo, vero)? Lei lo sa perfettamente che i conti pubblici non sono mai stati un problema, anzi l’Italia è stata addirittura virtuosa sotto questo punto di vista. Lei sa altrettanto bene che il problema sono gli interessi e non la spesa pubblica, eppure Lei e molti altri (politici, giornalisti, economisti) tacciono su questo meccanismo. Ora, chi ha votato per Renzi, Bersani, Vendola, Tabacci o Puppato può provare a ricordare se questi 5 candidati hanno parlato di questo trattato e di come affrontarlo? Vi hanno spiegato esattamente cosa comporta? Su chi inciderà? Cosa vorrà dire per la nostra economia già in stato comatoso? Ve lo siete chiesti o avete fatto gli schiavi dentro ad un seggio elettorale? Per chi avesse capito la drammaticità di questi numeri e il silenzio che gira attorno al Fiscal Compact, sappiate che voi ora siete la resistenza!

domenica 18 novembre 2012

Cacciari e la codardia degli intellettuali

Troppe cose da dire e troppo poco tempo per farlo. Questo blog è solo un pezzettino del lavoro che sto facendo per portare a conoscenza gli aspetti drammatici di questa crisi economica e di valori. Sto imparando che occorre metterci la faccia, non accampare scuse, dare l’esempio ed essere precisi fino alla noia. Devo e dobbiamo essere più bravi e preparati di chi ha ridotto la nostra economia ad uno zombie che cammina. Dobbiamo inoltre smascherare i codardi e i falsari. Massimo Cacciari è uno di questi, un codardo e un falsario. Codardo perché si comporta come il marito piagnucolone che viene lasciato dalla moglie e grida: “Ma io ti amo, come farò a vivere senza di te?”. Falso perché nel suo ruolo di filosofo e pensatore ci sta nascondendo la verità. Apro l’Espresso ieri, in prima pagina trovo la lettera di Massimo Cacciari a Mario Monti, titolo: “Cacciari: «Caro Monti si candidi e salvi il Paese”. L’ex sindaco di Venezia usa un tono mieloso quasi comico e totalmente sbilanciato verso la figura salvifica di Monti (Io Sig. Cacciari ho imparato a trattare le persone come persone, e non come divinità). Monti da solo non può salvare il nostro Bel Paese, non è un supereroe e non ha poteri magici e non può predire il futuro. Sig. Cacciari, noi ci salviamo se lo vogliamo come società, come comunità, come popolo. La lettera continua analizzando la situazione dei partiti italiani (che condivido), PDL allo sbando, PD dissanguato dalla primarie, IDV massacrata con dati falsi in televisione, Lega annichilita e lasciata ad annaspare al nord. Resta Grillo (Lei lo da al 20%) che però non sarebbe presentabile alla Bundesbank! Ma come? Alla Bundesbank? Ci può spiegare questa affermazione? Ci vuole dire che siccome l’economia europea e le scelte politiche passano tutte attraverso la Merkel e la Bundesbank noi come elettori dobbiamo presentare una persona “rispettabile” al loro occhi? Ma l’articolo 1 della Costituzione? La sovranità appartiene al popolo? Basta? Con questa frase ha cancellato anni e anni di conquiste, di lotte, di sacrifici. Come alla Bundesbank? Chi verrà votato (badi bene che a me Grillo non piace per nulla) deve rispondere al popolo italiano e non ad una banca, non crede? Oppure quella frase vuol dire: “Signori, vi abbiamo venduto la vostra sovranità, dimenticate tutto quello che chiamate Stato, welfare, democrazia, voi ora siete una succursale della Bundesbank”. E allora l’appello frignone diramato da tutti gli organi di stampa forse si trasforma in un: “Sig. Monti, lei è l’unico in grado di garantire le politiche di austerità e impoverimento, Lei piace ai tedeschi (elite finanziaria, non popolo, ndr). Lei è l’unico uomo di prestigio internazionale che può ultimare la svendita del popolo italiano”. A lei Sig. Cacciari, entusiasmano le liberalizzazioni come a Berlusconi entusiasma avere un harem di fanciulle, ma la storia di insegna che le liberalizzazioni non hanno mai portato benefici reali ai consumatori, ma solo a coloro che hanno acquistato pezzi della “cosa pubblica” a prezzi di saldo e ora ci stanno guadagnando l’inverosimile.
Nella sua lettera al Presidente del Consiglio, Lei omette una valanga di notizie e informazioni, che io invece ho letto, studiato e capite. Io Sig. Cacciari ho un diploma di perito informatico, ho 29 anni e non credo di avere una intelligenza superiore a tante altre persone, eppure avrei delle informazioni da darle. Lei tace sul massacro sociale imposto dal Fiscal Compact (il governo italiano dovrà far sparire 50 miliardi all’anno dall’economia reale per abbattere il debito, l’equivalente di 8 sanità Venete all’anno, e questo per 20 anni). Tace sul Redemption Fund, tace sul Fondo Salva-Stati che aumenterà il debito. Tace sul fatto che le politiche di Monti sono procicliche, ovvero aiutano il ciclo economico, e siccome siamo in crisi Monti ha scelto e programmato una politica economica di peggioramento della crisi. Sa cosa significa? Significa vedere amici senza lavoro, significa pagare sempre più tasse (che servono solo a garantire il debito pubblico e il pagamento degli interessi. Lei si è mai chiesto a chi paghiamo gli interessi? Ecco, si informi), significa vedere persone fare 2 o 3 lavori e lavorare 7 giorni su 7, significa distruggere un tessuto sociale, significa sentirsi rispondere che per la sanità non ci sono soldi e bisogna tagliare migliaia di posti di lavoro, eppure Monti ha salvato Monte dei Paschi di Siena con qualche miliardo di euro. Salviamo le banche e facciamo morire i deboli? È questo il risultato dei suoi studi? È questo che vuole sostenere? Lei Sig. Cacciari tace sul fatto che l’euro è una moneta che lo Stato Italiano acquista a debito e quindi più spende per il benessere dei cittadini più si indebita. Più facciamo, più lavoriamo, più spendiamo e più debito creiamo. Lei chiude la Sua lettera scrivendo che questo non è il tempo dei tiepidi. Giustissimo, ma Lei con questa lettera ha dimostrato come in questo gli intellettuali italiani (non tutti ovviamente) sono i capofila dei tiepidi. Tradotto in un linguaggio più semplice e da uomo della strada Lei in questo momento incarna la codardia e la falsità.

lunedì 15 ottobre 2012

L'euro, il suo inganno e la mancanza di critica di chi dovrebbe sapere!

Noi (tutti) siamo quelli che gridano: “Al lupo, al lupo!!”, ma che poi non vanno a combattere contro il lupo per fare in modo che il gregge possa andare verso i pascoli migliori. No, noi ci preoccupiamo del lupo, lo identifichiamo pure come il nostro maggior pericolo ma poi rimaniamo fermi, non affrontiamo il problema, lo spostiamo in avanti. Il lupo così rimarrà sempre la, diventerà sempre più forte, cattivo e continuerà a sfamarsi del gregge indifeso. Perché scrivo queste cose scontate e banali? Per introdurre questo nuovo post che arriva a “caldo” dopo una mattina a Piazzola sul Brenta ad ascoltare una conferenza sul “risparmio”. Relatori: Dario Vezzaro, (responsabile Banca Etica di Padova), Federico Righi (direttore filiale di Piazzola sul Brenta della Banca di Credito Cooperativo), un imprenditore metalmeccanico di Cittadella (non ricordo il nome, perdonatemi) e alcuni professori della scuola superiore “Rolando da Piazzola”. I ragazzi di quinta superiore aprono la riunione con una serie di slide, introducendo concetti legati alla crisi economica attuale, alla finanza speculativa, all’etica bancaria e altri concetti pienamente condivisibili come quello di riconoscere come gli investimenti si siano spostati negli anni dall’economia reale a quella finanziaria. Si prosegue poi con Banca Etica e Banca Cooperativa che spiegano la loro funzione, i loro scopi e pongono l’accento (giustamente) sul fatto che in questo momento è necessario sapere non tanto se gli investimenti fatti porteranno ad un utile, ma soprattutto se questi investimenti servono alla comunità, al sociale, al benessere delle persone. Perfetto, tutto fila liscio, tutto è all’interno di un uso consapevole dei nostri strumenti e possibilità. Riconoscere che una banca messa nel contesto giusto con regole ferree può svolgere (o deve meglio) un lavoro sociale e rappresenta semplicemente il veicolo per finanziare i progetti di una comunità. L’imprenditore ci spiega il significato del risparmio e dell’aver investito sempre nella sua attività e non aver speculato. L’aver investito sul suo lavoro gli ha permesso di avere una liquidità extra per affrontare la crisi, innovare e investire. Parla del capitalismo finanziario e delle distorsioni create da questo sistema. Anche qui, tutto perfetto, spiegazione impenetrabile, applausi. Si apre il dibattito (cosa non sempre automatica e quindi da apprezzare, anche perché le domande e gli interventi sono stati tanti). Ci provo anche io, non perché sia particolarmente ispirato ma perché per tutta la mattinata ho sempre avuto la sensazione che i relatori rimanessero sempre nell’astratto.
Butto li qualche domanda, cosa ne pensate dell’euro e della perdita di sovranità monetaria? Cosa ne pensate di una moneta che comperiamo a debito creando sempre e solo debito? Lo sapete come si finanziano gli Stati? Potete spiegare agli studenti il Fiscal Compact, il pareggio di Bilancio e il Fondo Salva-Stati (ovviamente non oggi ma in un anno scolastico)? Giusto per dire a questi giovani che da qui a 20 anni saranno più poveri, più marginalizzati, più schiavi di un sistema fondato sul debito. Potete, possiamo fare questo sforzo? Essere onesti verso noi stessi e verso i più giovani e mostrargli un grande inganno? Fine del mio intervento. Mi viene risposto dai relatori (tutti) che l’euro è una risorsa, che senza l’euro sarebbe stata ancora più dura e che dobbiamo dare una speranza a questi ragazzi e non essere catastrofici. Ma come io catastrofico? Ma avete parlato voi per 2 ore di finanza speculativa, subprime, poteri enormi. Io catastrofico per due domande, due proposte rivolte ai giovani? Va bè, lasciamo correre su questo e andiamo a vedere la grande opportunità dell’euro: -Pil in crollo verticale, debito pubblico fuori controllo (il 95% del debito è alimentato dagli interessi e non da spesa pubblica), export negativo dal 2002, centinaia di aziende che chiudono o che vengono acquisite da aziende straniere, stipendi al palo, disoccupazione in aumento soprattutto tra i giovani, distruzione dei diritti dei lavoratori, svendita del patrimonio pubblico per diminuire il debito, totale sudditanza alla finanza speculativa. Una moneta non “nostra”, che lo Stato italiano acquista ogni volta che deve affrontare una spesa e che più spende più si indebita. Tradotto: più fate, più investite, più risparmiate, più lavorate e più create debito, perché usate una moneta nata su un debito. I dati dicono questo, dicono che siamo usciti dalle 10 nazioni più ricche al mondo quando negli anni ’80 eravamo primi al mondo per risparmio privato e questo anche perché avevamo una moneta sovrana (lira) con una Banca Centrale che monetizzava la spesa e garantiva il debito dello Stato. Tradotto: eravamo sovrani della nostra economia, delle nostre scelte e dei nostri progetti. Ora no, ora non c’è più nulla di sovrano e siamo in balia di un monopolista (BCE) che decide per tutti noi, e senza che nessuno possa dire nulla sul suo operato. Chiudo dicendo due cose: la prima è che questo post non è contro Banca Etica e il suo lavoro ma semplicemente contro quell’idea che l’euro è la nostra salvezza e non è negoziabile o rivedibile. Tutto qua. La seconda cosa è che mi stupisce come rappresentanti di istituzioni bancarie e imprenditori non sanno cosa significa Fiscal Compact e pareggio di Bilancio per la nostra economia. Mi stupisco che professori di economia di scuola superiore non entrino nel merito delle domande che ho posto. Non ho ricevuto risposta sul Fiscal Compact ma è stata spiegata la Tobin Tax. Certo, la Tobin Tax è sbandierata ovunque, il Fiscal Compact no. Ma se ai vostri studenti non spiegate questo, tra un anno quando saranno lavoratori, o quando penseranno al loro futuro e a come sistemare le cose, non avranno le armi adatte per farlo. Come andare contro il miglior esercito al mondo avendo in mano un bastone di legno. Non possiamo quindi fermarci a indignarci per il lupo e a scandalizzarci se ci mangia le pecore. Dobbiamo prendere il lupo e rinchiuderlo, renderlo inoffensivo per liberarci dalla paura, dalla superstizione. L’euro come moneta e i trattati fanno parte di questo grande inganno. Non possiamo volere più etica, più benessere, più economia reale se non sconfiggiamo la paura di parlare della nostra moneta e dei suoi paradossi. E se non lo facciamo manderemo le nostre generazioni al massacro.

venerdì 12 ottobre 2012

Giusto due cosette da nulla.....

“Michele, hai visto, Monti ci ha tagliato le tasse. Sei sempre il solito catastrofista porta sfiga”. Frase inventata eh, non credo ci sarà molta gente che mi dirà sta frase ma visto che viviamo in tempi assurdi, ragioniamo per assurdo. Detto questo, il governo Monti taglia l’Irpef di 1 punto percentuale. Bravo, bene, secondo i ben informati significa che i sacrifici cominciano a funzionare. Balle!!! Ci hanno fatto ingoiare l’Imu e ci hanno aumentato l’iva di 2 punti. Fate due conti e vedete se pagate meno tasse di un anno fa. Se vien fuori che ne pagate di più non è uno scherzo della calcolatrice. Inoltre hanno tagliato una marea di spesa pubblica, 1,5 miliardi di euro solo nella sanità con l’ultima manovra. Poi lamentatevi se non trovate un dottore, una ambulanza, un infermiere o se le cure saranno ancora più care.
Facciamoci tutti un paio di domande: Perché? E a chi giova? Perché più tasse e meno servizi, perché l’austerità, perché lo spread, perché ridurre il debito? Semplice come bere un bicchier d’acqua. Due cosette da nulla per cominciare: Fiscal Compact e pareggio di bilancio. Non sapete cos’è? Bello, e quando tra 20 anni i nostri figli ci chiederanno: “Ma dove eravate quando è successo quel disastro?” Cosa risponderemo? Va bè, andiamo oltre, Fiscal Compact dicevo, ovvero ridurre il debito di 50 miliardi all’anno per 20 anni. 950 miliardi complessivi. Come fa uno Stato che non può emettere la sua moneta, quando deve ripagare il debito? Semplice, aumenta le tasse e riduce i servizi. Per 20 anni. Traduzione? Hanno siglato un patto per impoverire cittadini e imprese e per bloccare la spesa pubblica. Il PIL in calo del 3,3% (a fine 2011 la previsione era -0,4%. Errore di circa 10 volte, ecco spiegato il recente buco di circa 10 miliardi) a fine anno sembrerà una cosa bella. Traduzione senza indorare la pillola? Svegliatevi, vi vogliono più poveri, più disperati, con meno salario, con meno servizi, con meno sanità, più impauriti, con meno speranza, più razzisti se vogliamo perché quel poco dovremmo spartirlo con molti. La modifica all’articolo 81 della Costituzione dice invece che lo Stato deve tendere al pareggio di bilancio, ovvero investe 100 e toglie 100 all’economia. Resta 0. Zero a casa mia non è un bel numero, soprattutto quando si parla di ricchezza. Vuol dire che se vogliamo costruire un ospedale da 1 miliardo di euro, saranno necessarie tasse o altro per lo stesso valore. Vi prego, anzi vi scongiuro, cominciate ad aprire gli occhi. Con queste due robette che vi ho detto non esisterà mai crescita, non esisterà mai sviluppo, non esisterà mai benessere, non ci sarà mai un ambiente sano, non ci sarà mai piena occupazione, non ci sarà mai futuro e speranza, non ci sarà mai un miglioramento. Chi vi promette crescita, posti di lavoro e più servizi vi sta mentendo, a meno che non ci dica che vuole rinegoziare quelle due robette. Il Fiscal compact dice: “DOVETE RIDURRE IL DEBITO”, la modifica della Costituzione dice: “NON DOVETE SPENDERE DI PIU’ DI QUELLO CHE PORTATE A CASA”. Suicidio economico per uno Stato e i suoi cittadini. Fate qualche domanda a chi vi chiede un voto: “Cosa vuoi fare col Fiscal Compact?”, oppure “Ma il pareggio di bilancio non mi sembra una cosa buona, che ne pensi?”. Smettetela di pensare che in queste condizioni si possa uscire dalla crisi, questa crisi serve per farci ingoiare restrizioni che in tempi normali sembrerebbero follie, come aver ridotto del 50% i congedi mensili per famigliari o parenti ammalati o disabili. Una modifica del genere cosa ha a che fare con la crisi? Non fermatevi ad elemosinare promesse generiche sul lavoro, sulla scuola, sugli asili o sul fatto che vi cancelleranno l’Imu. Non elemosinate, smettetela di abbassare lo sguardo solo perché davanti c’è qualcuno con una laurea alla Bocconi che fa il premier. Lottate per la vostra libertà, per il vostro futuro, per i vostri figli, lottate perché siete esseri umani con una dignità e perché vi meritate di vivere una vita piena.

martedì 25 settembre 2012

Criminali travestiti da salvatori

Draghi positivo sull'euro: ci aspettiamo che l'economia migliori- S&P's: la crisi in Italia e Spagna si sta intensificando (articolo del sole24ore.com). Della serie: “torna a casa il prima possibile ma non correre veloce”.
Il Re è nudo disse qualcuno, io dico molto più terra terra che ci stanno prendendo per il culo. Se l’economia migliora come può essere che Italia e Spagna peggiorino? Dai su c’è qualcuno nella carta stampata che ce la prova a raccontare giusta? Dai su, qualcuno a caso, Repubblica? Il Foglio? Il Messaggero? La Stampa? Libero? E dai ragazzi non fate i timidi, voi le informazioni ce le avete per davvero, avete gli agganci giusti, il web lo sapete navigare. Dai raga, fate uno sforzo nel dirci chiaramente quello che sta succedendo. Ok, scusate lo sfogo, ma porca pupazza non vedete la contraddizione su quel titolo venuto fuori oggi sul sole24ore.com? L’economia migliorerà ma Spagna e Italia peggioreranno. Ma allora, sig. Draghi mi dovrebbe dire per chi migliorerà, perché se la Germania fa +6 ma l’Italia fa -3, certo nella media c’è una crescita dell’1,5% ,(6-3)/2. Ma per la statistica, un uomo con i piedi nel freezer e la testa in forno ha una temperatura media, ma non sta proprio tanto bene, che dice? Ma soprattutto, se la a Bruxelles vi aspettate che le robe vadano meglio, mi spiega perché Italia e Spagna peggioreranno? Forse per via del pareggio di bilancio in Costituzione, o per via del Fiscal Compact? O per via dell’aiuto che chiederemo al Fondo Salva-Stati che aumenterà il debito pubblico (perché lo sapete che chiederemo l’aiuto, vero?) Spiego, nel calcolo del PIL viene ovviamente conteggiata anche la spesa pubblica, fino a qui pochi dubbi. Con il pareggio di bilancio è imposto agli Stati sovrani di spendere 100 e tassare per 100, quindi spesa pubblica=0. Inoltre con il Fiscal Compact dobbiamo abbattere il debito di circa 50 miliardi l’anno per 20 anni. Quindi significa spendere meno e tassare sempre di più, ma minor spesa significa minor PIL, chiaro vero? E inoltre se lo Stato tassa sempre di più impoverisce famiglie e imprese che spenderanno sempre meno facendo crollare la loro capacità di spesa (domanda aggregata). Sig. Draghi, diversi cittadini lo sanno bene che per 20 anni (la durata del Fiscal Compact) non si potrà mai produrre crescita, quindi credo sarebbe più onesto a parte sua dire una cosa del genere: “vediamo l’economia in rialzo per noi che governiamo la finanza e che portiamo a casa gli interessi sul debito pubblico, per voi pezzenti invece la discesa è appena cominciata”. Un po’ brutto da dire, concordo, ma sa le bugie a casa mia hanno le gambe corte. Le vostre dichiarazioni sarebbero da mettere nei libri delle barzellette, se non fosse che le decisioni che prendete portano alla miseria milioni di persone in carne ed ossa. Siete lupi travestiti da agnelli, o meglio criminali travestiti da salvatori.

venerdì 21 settembre 2012

Facebook....e la nostra più grande paura

Quel giorno doveva arrivare, speravo non sarebbe mai successo e invece un lunedì di fine agosto appena messo piede a casa dei miei vengo “assalito” dalla voce di mio papà che dallo studio esclama con voce fiera: “Micheeeleee, qua zè ora che me fassa feisbuc anca mi”. Sapevo che prima o dopo sta domanda sarebbe arrivata alle mie orecchie. Eh va bè, mica uno può sottrarsi ai suoi obblighi. La scena è più o meno sempre la solita, mio papà sulla poltrona, gambe sulla scrivania e sguardo di quelli che guardano lo schermo con io guarderei Terminator che mi bussa alla porta. Avete inteso? Mail, password, primo accesso, papà serve una foto, papà questi qua li conosci? Papà questa è la Home dove vedi tutto quello che scrivono gli altri, questa è la tua pagina personale, qua è dove mandi i messaggi come fai con la posta di virgilio? OK? Qui in alto a sinistra vedi le richieste di amicizia e vicino li ci sono le notifiche? Cioè? Quando una persona scrive qualcosa dove ci sei anche te ti viene notificato. Chiaro? No Michele, ma va ben lo stesso! Papà è tutto qua non c’è molto altro da dire. Mi guarda e sentenzia: “Ah bè, solo cassade quindi, va bè staca tutto che tanto non me ne frega un casso, de cassade ghi ne zè zà massa (traduzione: “Ah bè solo cazzate quindi, stacca tutto che tanto non mi frega nulla, di cazzate ce ne sono troppo in giro). Scrolla le spalle, si gira e va in cucina. Fine del rapporto Facebook-papà Romeo con quest’ultimo che sembra tanto il vincitore morale dello scontro. Un uomo di 60 e passa anni che liquida facebook con una scrollata di spalle e subito penso: “Vabbè, non gli è chiarissimo lo scopo o l’utilizzo”. Ma quella scrollata di spalle non mi lascia del tutto indifferente.
Ci penso e ci ripenso i giorni dopo, qualcosa comincia a non tornarmi, avete presente quel sassolino di sabbia dentro le scarpe? Una piccolezza ma fastidiosa, che si fa sentire e più ti muovi e più la senti. Allora una sera mi fermo e mi faccio un paio di domande: “Michele, ma te cosa vuoi trasmettere? Qual è lo scopo del tuo impegno e sacrificio? A cosa punti realmente?” No no, non sono paranoie prima di andare a dormire, sono domande, come quando si compera una macchina nuova e uno si chiede: “Ma che faccio, la tiro a 160 all’ora per vedere come va? O guido con prudenza perché non la conosco ancora come macchina?”. Domande, a cui bisogna darsi una risposta e poi comportarsi di conseguenza. Perché se mi dico di guidare con prudenza, il comportamento non potrà essere piantare il piede sull’acceleratore fino ai 160 all’ora. Alle 3 domande di prima le risposte (o la risposta) sono queste: voglio trasmettere agli altri la possibilità che esiste un cambiamento consapevole, che non necessariamente richiede lo scontro, che lo possiamo avere. Punto a rendere “manifesta la luce” che c’è in tutti noi perché come diceva Nelson Mandela non c’è nulla di bello nel vivere da piccole persone, dobbiamo vivere da grandi persone così libereremo anche chi ci sta vicino. Mi sono quindi dovuto chiedere quali strumenti fossero utili per rendere manifesto il mio cambiamento e quello che sto facendo per me e per gli atri. Basta poco, staccare la testa, e guardare al passato. La rivoluzione francese è avvenuta senza internet, senza telefono e senza giornali. I partigiani hanno combattuto i nazisti senza internet, quasi senza telefono, morendo sulle montagne per fare in modo che ad esempio io oggi possa essere seduto sul divano a scrivere. Le donne hanno ottenuto le leggi su aborto e altro senza internet. Martin Luther King e Malcom X hanno condotto una rivoluzione senza internet. “Eh si bravo Michele, ma adesso è tutto diverso”. Ah si? Io personalmente mi sono rotto di vivere seguendo la corrente, seguendo le chiacchiere degli altri, seguendo questa cultura della visibilità dove il nostro ego viene amplificato dalla frase ispirata messa su Facebook, o dal video postato, o dal link condiviso o dal mi piace su 3000 cose. Ho capito (ma non credo di essere l’unico o di essere particolarmente sveglio) che non è uno strumento utile se per ogni cazzata scritta sulla crisi economica devo rispondere, non è uno strumento utile perché ogni cosa che “posto” viene fagocitata nel giro di 10 secondi e quello che prima era bello ora è vecchio e dimenticato. “Eh ma Michele, serve per la libera informazione”. No, un cazzo (oh sempre secondo me) perché se fossimo realmente informati avremmo già preso il Presidente Monti e messo in galera. Facebook fa solo da cassa di risonanza ma non crea nulla e non distrugge nulla. Altrimenti da quando esiste Facebook dovremmo avere 60 milioni di cittadini informatissimi in grado di creare una società migliore, più giusta, più democratica, più educata, con più benessere per tutti. E invece? E invece è sempre peggio perché Facebook come dice un mio carissimo amico è una piazza, dove la gente va al bar a chiacchierare. Ma al bar non si cambia il mondo e non si sconfiggono le ingiustizie. Poi ci sono le piccole cose, per dire si “linka” un video di una canzone per condividerla. Ok bene, ma tu non l’hai condivisa, perché condividerla significa avere qualcuno al tuo fianco e dirgli: “Oh ma hai sentito che bella sta canzone?”. Se la metti sulla tua bacheca è tua, punto. Non hai condiviso nulla, hai messo li una tua verità. Metti un post intelligente sul Fiscal Compact o su qualche altro abominio di questa Europa e i commenti languono. Scrivi che stai mangiando le patatine nudo sul divano e si intasa la bacheca. Si, lo so, sono esempi scemi e un forse troppo generici, ma mi servono solo per dimostrare che Facebook non crea massa critica, è solo uno specchio. Per i miei obiettivi questo strumento è diventato inutile, come quando cresci e capisci che se vuoi andare al campo a giocare con i più grandi, non puoi più portarti dietro l’orsetto di peluche. Se voglio (o vogliamo) crescere, e quando scrivo crescere intendo consapevolezza, passione, esempio positivo, intendo dedizione e amore, allora ci accorgiamo che Facebook (ma anche altri social network) sono di per se inutili o ampiamente marginali, tanto quando portare il peluche al campo. Non ti serve il peluche quando sei li a giocare con gente più grande dove le botte, le spinte sono vere e fanno male. L’orsetto lo si lascia a casa perché inconsciamente si vuole dimostrare di essere all’altezza. Facebook è la medesima cosa, ovvero visto che punto ad un cambiamento, ad essere più consapevole, a dare un esempio positivo, non mi serve sapere che a 10 persone piace la mia frase figa, o che 300 persone condividono con me la passione per quello sport o per quel libro. E non ho bisogno di ingigantire il mio ego mettendo video, foto, link. Non ho bisogno di essere sempre in linea per spiare il mondo. Non voglio spiare il mondo, lo voglio vivere il mondo. Poi che sia bello o brutto sta a me deciderlo. “Eh ma Michele, Facebook non è buono o cattivo, dipende da come lo utilizzi”. Certo, sono perfettamente d’accordo e siccome io lo utilizzavo principalmente per divulgare notizie economiche, politiche mettendo diversi link, scrivendo anche cose dure, bè ho scoperto tutto quello di cui sopra, ovvero che non puoi fare il cavallo di Troia rimanendo dentro a Facebook. Non puoi dire alla gente che Facebook non ti serve se poi rimani dentro. Settimana scorsa ho avuto una piacevolissima chiacchiera con il mio amico Enrico (che fa il fotografo amatoriale). Lui usa lo usa per lavoro, per promuovere le sue foto e cercare opportunità di farsi conoscere. Nulla da dire, ineccepibile, fa bene a farsi pubblicità con poco sforzo e gratuitamente. Gli ho spiegato che non dovendo pubblicizzare un prodotto ma una idea di cambiamento profondo, ho semplicemente realizzato che non è lo strumento che a me serve. Io scrivo sul mio blog, faccio serate lunghissime a parlare di economia, studio, leggo e applico (o almeno ci provo col massimo impegno) quello che imparo. No, non sono perfetto e anzi i miei limiti sono tanti (la mia ragazza potrebbe fare una lista lunga lunga) ma voglio concedermi la libertà di fare le cose come le sento.

lunedì 17 settembre 2012

Incontro pubblico

Informo tutti quelli che leggono questo blog che domenica 23 settembre mi troverete a Camisano Vicentino presso Fiesta Mondo in Piazza della Libertà a partire dalle 10.00 per parlare di crisi economica. La presentazione durerà un paio d'ore (forse qualcosa di più ma portare pazienza) e sarà una "conversazione civile" dove potremmo discutere apertamente di crisi economica, di quello che sta succedendo, delle falsità che ci stanno raccontando e di una possibile uscita fondata nel benessere (sia materiale che mentale)e nella prosperità. Mi troverete sotto il capannone che trovate appunto in Piazza della Libertà per una prima sessione che inizierà alle 10.00 circa del mattino (per chi vuole come da volantino c'è la colazione). Finita la mia presentazione per chi vuole ci si può fermare a mangiare dell'ottimo cibo a km zero. Se ci sarà bel tempo nel pomeriggio farò un secondo tempo della presentazione a partire dalle 15.30. Per i dettagli o se vi servono altre informazioni scrivetemi a cognomichele@virgilio.it o scrivetemi sul blog.

sabato 11 agosto 2012

Ci stanno togliendo l'ossigeno per respiare. Ecco perchè il debito pubblico è la nostra salvezza

Avete presente quella sensazione di avere una idea che vi gira in testa ma che non sapete concretizzare o spiegare? Sensazione fastidiosa perché non riesci a esprimerti come vuoi e non riesci a farti capire fino in fondo lasciando così spazio a dubbi o interpretazioni. Ultimamente mi trovo sempre più spesso a parlare di crisi economica, euro, debito pubblico e proprio su questa ultima parola i fraintendimenti sono quelli più frequenti. Non si riesco in maniera semplice e concreta a spiegare perché il nostro debito pubblico non è un problema e che questo debito è in realtà la ricchezza di noi cittadini e delle aziende. Una volta lo spieghi in maniera tecnica, l’unico attore che può stampare moneta è lo Stato, lo Stato poi decide cosa finanziare, i privati ricevono i finanziamenti per fare ad esempio una scuola pubblica, i finanziamenti ricevuti si riversano le circuito privato ovvero nelle famiglie e nelle altre aziende. Ma anche così non sempre è immediato capire il giro, allora si prova con degli esempi, dei paragoni ma questo metodo ha un limite invalicabile, ovvero ad un certo punto la teoria salta perché ti arriva la classica esclamazione: “Si, ok ma quella è teoria, nella pratica come fai a dimostralo, come fai a spiegarlo alla gente?” Nonostante tutti gli studi, incontri, summit, riunioni fatte quando devi spiegare cosa è il debito pubblico si rischia sempre di scivolare in qualche incomprensione e buttare alle ortiche magari anche ore di spiegazione che fino a quel momento era filata via lisca. Roba da mangiarsi le unghie o tirarsi una martellata sugli stinchi. Per fortuna la soluzione è semplice, è sempre stata alla mia portata, davanti al naso e anche alla bocca. In un gesto talmente semplice e involontario che viene trascurato da tanti. Quale? Bè semplice, respirare. Non mi sono rimbecillito tutto ad un tratto, ora spiego perché il respiro è strettamente legato al concetto di debito. Se rileggete i miei post più vecchi trovate il solito concetto: il debito pubblico è la ricchezza dei cittadini perché quello che è debito per lo Stato è credito per i privati. Lo Stato crea moneta e la utilizza per gli scopi che l’azione politica si è prefissata (come ad esempio uno stato sociale, ma anche nel peggiore dei casi uno stato bellico). In economia aziendale mi han sempre spiegato che quello che è debito per qualcuno è credito per qualcun altro. Quindi per la stessa teoria se lo Stato ha un debito qualcun altro avrà un credito. Siccome lo Stato spende in base alle scelte politiche, se la politica decide che la priorità sono le famiglie avremo incentivi fiscali, sussidi ecc ecc. Se la politica decide che è giusto fare la guerra, avremo finanziamenti per le armi, l’esercito ecc ecc. L’altro passo in avanti è capire che se lo stato spende di più quello che incassa la differenza rimane nel circuito privato (cittadini e aziende) arricchendolo mentre se lo stato spende meno di quello che incassa il circuito privato si impoverisce. Fine del concetto di debito e di spesa dello Stato. Altro passo in avanti. Ora i trattati europei prevedono il pareggio di bilancio, ovvero ti do 100 e poi ti tolgo 100. Al circuito privato resta zero. Così per dare un dato, il pareggio di bilancio l’hanno messo in costituzione rendendola quindi carta straccia visto che i primi articoli riguardano il lavoro, l’uguaglianza sociale e di opportunità, riguardano la scuola, il benessere sociale, la “cosa pubblica”. Ma se lo Stato da 100 e toglie 100 come fa a rendere una società migliore, con benessere diffuso e dove i cittadini vivono una piena democrazia? Fine dei passi in avanti. Ora facciamo un passo a lato. E paragoniamo il respiro al debito pubblico. Fin da piccoli ci insegnano che respirare è l’atto fondamentale per vivere. L’ossigeno entra nei polmoni che poi lo veicolano tramite il sangue a tutti gli organi. Inspiriamo per immettere aria, espiriamo per buttare fuori le tossine. Roba da quinta elementare. Stringo il concetto, quando noi respiriamo 1 litro di aria, lo immettiamo tutto nel nostro corpo, poi con l’espirazione ne buttiamo fuori 0,7 litri perché l’altro 0,3 è rimasto dentro al nostro corpo per far funzionare il sistema. Altro concetto da quinta elementare. Bene, i geni illuminati dei trattati europei hanno detto: “voi respirate un litro e buttate fuori un litro della stessa roba”. Oh proprio dei geni. Se un dottore ti dice una roba del genere lo prendi per matto. Come farebbe un corpo a sopravvivere senza ossigeno? Non si può fisicamente immettere un litro di aria e buttarne fuori un altro litro. Questo sembra ovvio a tutti. Altrimenti saremmo già morti da un pezzo. Noi respiriamo un litro e ne mandiamo fuori qualcosa meno perché una parte la tratteniamo per le funzioni vitali. E la natura non è mai venuta a bussare alla nostra porta per dirci: “Michele, bastardo voglio indietro la mia aria”. Fa ridere vero, ecco invece da ora in poi saranno lacrime come mai avete visto prima e probabilmente anche molto sangue come mai avete visto prima. Pareggio di bilancio vuol dire respirare un litro e buttar fuori un litro, significa asfissia, significa morte.

domenica 29 luglio 2012

Da sempre, per sempre!

Da sempre, per sempre! Come se nulla fosse cambiato, da sempre e per sempre. Una istantanea dal passato, vista nel presente e che ti apre domande per il futuro. Una foto scolpita nella roccia del tempo, roccia dura, impenetrabile, anzi talmente resistente che riaffiora sul pelo dei pensieri. Basta uno sguardo e la mente viaggia, sensazioni, luoghi, odori, colori, suoni. Tutto in un colpo solo come se si venisse trascinati indietro di circa 25 anni. Viaggio quasi doloroso per l’intensità che mi suscita ma estasiante, da lasciare a bocca aperta. È la storia della vita che ci lega, che crea un filo sottile ma indistruttibile, un filo talmente forte che emana luce.
La storia di una vita, immortalata in questa foto, che sembra nascere dal nulla, come se ci fosse sempre stata per perdersi nel futuro. Da sempre, per sempre. E si, tutto cambia perché tutto rimanga esattamente identico. Ha circa 25 anni questa foto, Devis, Simone, io, Diego, Giancarlo e mio fratello Alessandro. La muretta che serviva come trampolino per scavalcare la rete, abbondantemente piegata per andare nei campi di Ambrosini a giocare a calcio o a fare le gare di corsa tra “e bae de fen”. E quei sapori irripetibili, la terra umida e fredda dell’inverno che ti penetrava sotto la tuta, il profumo fresco dell’erba appena tagliata in primavera che ti veniva voglia di rotolarti per ore. O ancora la terra bruciata d’estate. Sempre insieme da sempre e per sempre, come se fosse realmente impossibile slegarsi da certi posti, da certe persone da certe sensazioni che ti sono entrate nella testa e nella carne. Dove partite a ping pong duravano ore e il rispetto per il più piccolo veniva tralasciato perché vincere contava più di tutto e le cene di condominio sembravano sagre paesane con carne ai ferri, parapampoli e la Romilda che sorpassati i 70 fumava e beveva come un camionista turco. Era tutto dannatamente semplice e condiviso e tutto si ripeteva con un regolarità impressionante. Le esperienze tramandate, i comportamenti copiati e le storie ascoltate attraverso le parole dei più vecchi. Da sempre e per sempre. Si andava tutti al parco a giocare a calcio nonostante ci buttassero i vetri sull’erba perché facevamo troppo casino, si facevano i rifugi sotto gli alberi e quando diluviava tutti sotto, bagnati fradici ma contenti di non dover abbandonare il campo. Chi abbandonava per andare a casa era un codardo. Come la pioggia passava, tutti fuori a giocare sul fango, per la gioia della mamma che ti vedeva arrivare a casa talmente scuro che sembrava fossi stato in stalla. Erano gli anni 80, quelli dei calzetti sempre troppo alti e le braghette sempre troppo corte, delle magliette col collo sempre troppo largo e delle tute con le toppe. Niente ipod, iphone, niente twitter e facebook, niente internet, la tecnologia era una tv in bianco e nero senza telecomando e una radio enorme dove ascoltare Michael Jackson e ballare sopra la sedia. Le estati infinte dove non si usciva mai prima delle 4 e non si rientrava finchè la mamma non urlava dalla finestra: “Michellleeeeee, zè prontttoooo”. Papà arrivava a casa e sembrava arrivasse l’imperatore. Erano gli anni che dopo cena ci si metteva in terrazza con i libri sulle costellazioni e papà te le mostrava tutte e a volte si arrivava a parlare di filosofia. Ricordi stupendi, della voce sicura di papà che mentre lui parlava te pensavi: “è invincibile, un po’ come Superman”. Gli anni in cui al sabato mattina si aspettava il furgone del panettiere che ti portava il pane all’olio ancora caldo e appena te lo dava andavano sotto il portico a mangiarlo. Erano gli anni prima del bum tecnologico e noi li abbiamo vissuti e sono stati bellissimi. Anni che sono passati lentamente assaporati fino in fondo, gustati fino al nocciolo ed è per questo che almeno per me tutti questi ricordi sono così vividi. Erano gli anni delle ferie ad agosto in montagna nella casa del prete con tutti gli amici. Si partiva in 3-4 macchine, cariche all’inverosimile. E non è semplice nostalgia, no è orgoglio di aver vissuto quegli anni, con quelle persone che rappresentano di fatto quello che sono ora. No, non la perfezione perché nessuno è perfetto, ma quelle persone (specialmente quelle che vedete nella foto) sono state perfette assieme, hanno rappresentato il miglior modo che avevo di crescere e imparare. Da sempre, per sempre! Ancora oggi è esattamente tutto così, basta fare un giro in negozio da Diego, trovare Gianca al torneo in paese o trovare mio fratello a cena o ad un compleanno e tutto torna ad essere esattamente come 25 anni fa. Io rimango sempre quello più piccolo che pende dalla labbra dei più grandi e che prova un rispetto enorme. Uno sguardo, un sorriso, una chiacchierata, è sufficiente questo per far riaffiorare il passato, per unire per l’ennesima volta le nostre vite ora così diverse. Sarà così per sempre, da sempre. Ci sono troppi insegnamenti da cogliere, ma quello che rimane più in profondità è che la vita è una fisarmonica, la gente si avvicina, si allontana ma se lo strumento è in perfette condizioni la melodia esce soave. E vale così per noi, ci si avvicina, ci si allontana, non ci si vede o non ci si sente per anni, ma basta un nulla per far riaffiorare quel filo che ci lega. E la melodia sarà sempre la stessa. Da sempre, per sempre!!!

martedì 24 luglio 2012

I have a dream....

“Mit, mi go letto el to blog, però lesi lesi e lesi ma bisogna che te me disi cosa che ghemo da fare qua. Scrivame do righe cusì capiso cosa fare”. Mit è il mio soprannome, la frase è stata pronuncia ieri sera dal mio amico Mancio durante una serata tra amici. Ridendo il buon Mancio mi ha invece dato una grande idea, ovvero spiegare in parole semplici cosa si potrebbe fare per uscire da una crisi sanguinosa che sta strangolando tutti. In tutti i post precedenti avete trovato disamine tecniche, politiche, belle parole, tutto molto bello ma la verità è che leggendo ti resta quel senso: “E adesso che facciamo?” che Mancio ha ben spiegato con un sorriso dei suoi. Allora, il sottoscritto, vista la settimana di ferie e vagonate di ore di nulla mentale, si mette stasera dopo cena a scrivere l’indice di quello che secondo me andrebbe fatto. Il che non significa scrivere la verità, la Bibbia degli economisti o balle varie, ma dare una mia visione sicuramente limitata, ma creata sull’esperienza, sul vivere quotidiano e su tanto studio. E sento già la voce del Mancio: “Dai Mit, spiegame cossa che ghemo da fare!”. Detto fatto. Gli economisti la definiscono “domanda aggregata”, che traducendo significa “consumi” nè più nè meno. Questa è la crisi che stiano attraversando. Abbassamento dei consumi, riduzione della ricchezza privata, abbassamento degli stipendi. Il calo dei consumi però è solo un l’effetto della crisi e non la causa. La causa, anzi le cause sono tante e complesse, alcuni li trovate nel mio blog, molte altre richiedono studio preciso e instancabile. Posso però azzardare queste cause: firma del trattato di Maastricht, svendita dell’apparato pubblico da parte dei governi tecnici di centrosinistra (ma anche di centrodestra), l’avvento dell’euro, il trattato di Lisbona, il MES e infine il Fiscal Compact. Tanti non sanno cosa sono ma fondamentalmente tutti questi passaggi indicano solo una cosa: la perdita totale di sovranità monetaria, fiscale ed economica dei singoli stati. Faccio un esempio, nei libri di scuola ci spiegano che se l’economia è troppo lanciata bisogna tenerla a bada (quindi aumento delle tasse, dei tassi di interesse ecc.), e che se l’economia è depressa la si incentiva (diminuiscono le tasse, si taglia il costo del denaro, si fanno opere di pubblica utilità ecc). Ma questo lo fa uno Stato sovrano che può decidere come spendere i soldi che crea (oh li crea dal nulla). Ma uno Stato, anzi tutti gli Stati che hanno adottato l’euro non posso inventare moneta dal nulla ma la devono chiedere in prestito. Meccanismo: la BCE (Banca Centrale Europea) crea moneta dal nulla, la da alle banche commerciali (Unicredit per capirci). Lo Stato compra quindi i soldi da banche private, ecco tra l’altro spiegato lo spread. La BCE si fa pagare l’1% per dare moneta alle banche private, le banche private si fanno pagare diciamo il 5% per dare soldi allo Stato. Lo Stato paga il 6% di interesse. Lo spread è su questi livelli oggi. Meccanismo perverso, mentre prima uno Stato sovrano poteva decidere il livello di spesa (ovvero aveva il volante in mano e poteva si frenare che accelerare), ora non ha il volante (non può stampare moneta) e può solo frenare (austerità). Spero sia chiaro. Andiamo oltre: “Mit dime cosa che ghemo da fare”.
Mit risponde: 1. Studiare, divulgare la conoscenza economica, parlare in modo semplice in modo che tutti capiscano il dramma che sta avvenendo e da chi è voluto. 2. avere ben chiaro quali sono i nostri valori, obiettivi e progetti come comunità e come gruppo di persone 3. Smetterla di pensare di qualcuno prima o poi risolverà la questione. Non esistono supereroi, non esistono super tecnici o robe del genere. Siamo noi, siete voi che cambiate il mondo, come sempre è stato nella storia. 4. Uscire subito dall’euro anche se non previsto, semplicemente rifiutando i trattati 5. Una volta definiti applicare i progetti sapendo che tornando ad una moneta sovrano uno Stato non avrebbe limite di spesa (il debito pubblico è uno spauracchio, il Giappone ha il 250% di debito pubblico e nessuno gli rompe le scatole, la Spagna è attorno al 70% e rischia la bancarotta, come la spieghiamo sta roba cari economisti?)
Mi immagino già il Mancio: “Eh si Mit, a te ghè dito poco!!” Nessun dubbio che questi 5 punti siano insormontabili ora, nessun dubbio neppure che noi come generazione non riusciremo mai a vedere questi cambiamenti e che subiremo e vedremo drammi impensabili. Questo però è quello che ora vi posso dire ovvero: studiate, ascoltate, applicatevi su concetti economici semplici: cosa è la moneta, cosa è il debito, chi lo paga e a favore di chi, cosa è la finanza, come lavorano le banche, a cosa servono. Domande semplici, poi cominciate a pensare alla società in cui vorreste vivere. Sanità per tutti, asili accessibili a tutti a prezzi calmierati, stipendi che consentano di poter vivere con dignità, mangiare bene, fare le ferie e pagarsi il tempo libero? Fate una lista di cosa vorreste vedere, di come vorreste vivere. Allora con la conoscenza e gli obiettivi capirete da soli che l’euro ci sta massacrando, sta spegnendo sogni, sta uccidendo persone, sta creando drammi personali. Non ve lo posso veramente spiegare in un post ma i 5 punti che ho elencato sono la mia lista dei desideri per non vedere più al semaforo dell’aeroporto di Venezia un signore anziano elemosinare qualcosa senza una mano, con vestiti luridi e senza scarpe. Perché i sogni valgono e sono belli solo se li possiamo condividere.

sabato 21 luglio 2012

Proviamo a non morire invani

I morti è meglio che non vedano quel che son capaci di fare i vivi e la strada storta che sta prendendo il mondo, è meglio che non si accorgano nemmeno che noi siamo diventati così poveri e tanto miseri che non siamo capaci di volerci bene. No, è meglio che i morti stiano nella neve e nel ghiaccio e che non sappiano di noi, altrimenti potrebbero pensare di essere morti invani ed allora si sentirebbero ancora più soli”. Lettera trovata durante la I° guerra mondiale sull’Adamello
È venuto il tempo almeno per me di pormi domande scomode, di sembrare talmente radicale nelle mie scelte da sembrare impazzito, da farmi sembrare paranoico o fuori dalla realtà. Stamattina la mia amica Silvia mi scrive su skype: “allucinata (ma non sorpresa) da quello che sta succedendo in Spagna...visto che roba dio santo?”. Matteo nel pomeriggio prosegue: “hai sentito in spagna ieri?? Anche bambini hanno picchiato quei farabutti.” Poi apro facebook e trovi commenti e post di solidarietà ai minatori, ai manifestanti, alla lotta spagnola. E capisco (ma è già da diverso tempo che lo penso) che quando quel disastro sociale che sta imperversando in Spagna e che ha sepolto la Grecia arriverà anche da noi, noi saremo davanti alle tastiere a imprecare, a insultarci, a piangere, a commiserarci, a scrivere che il governo è un ladro, che la Casta ci ha venduti tutti. E allora elemosineremo, come ho spiegato nei post precedenti. Monti non ci salverà, Berlusconi nemmeno, il PD nemmeno e nessun altro partito politico sarà in grado di darci un traiettoria. E a quel punto toccherà a noi prenderci manganellate, botte, insulti e farci dipingere come antitaliani, violenti e compagnia cantante. Combatteremo per cosa? Per i posti di lavoro persi grazie a politiche disastrose degli ultimi 30 anni? Combatteremo per una sanità pubblica smembrata e ridicolizzata? Combatteremo per il nostro ambiente? Per i nostri figli? Per un futuro diverso? Per il nostro stipendio? Io credo combatteremo guidati da un unico sentimento, la rabbia, che durerà il tempo di una notte, al massimo due, e poi? Faremo la fine di Occupy Wall Street? Perché? Ve lo siete mai chiesti perché nonostante tutto, associazioni, lotte, manifestazioni il mondo non è mai cambiato? Perché i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri? Perché l’aria sempre più inquinata e l’acqua sempre più imbevibile? Perché hanno sempre vinto gli altri. Ma gli altri chi? Gente e poteri che il 99% della gente ignora. Ecco perché abbiamo sempre perso come “società civile”. Perché occupati in lotte futili o contro marionette. Mi viene in mente la famosa sfuriata di Pianigiani (coach dell’Italbasket): “Ma che cazzo avete dentro?” Non sto giudicando, non sto dicendo che certe lotte non vanno fatte e che siamo tutti incapaci. Vi sto solo facendo la domanda scomoda di cui parlavo all’inizio: “perché nonostante tutto, il mondo va sempre in un’altra direzione?” La risposta è che esiste un potere economico che sta sopra ai partiti, alle nazioni, ai governi, a miliardi di persone e comanda, decide, impartisce dolore indicibile. E per sconfiggere quel potere economico ne serve uno ugualmente potente. Non basta la manifestazione, la serata culturale, non basta la firma su un referendum, non basta il post su facebook o la maglietta con la scritta contro il Sistema, non basta lo sciopero di 2 ore (e i nostri padri lo sanno bene). L’altra domanda scomoda che dovremmo farci è questa: “la diffusione di internet, facebook, i social network, i portali , i blog hanno cambiato quella direzione sbagliata?”. Credo che la risposta ve la potete immaginare. Certo internet ha dato un impulso al commercio, all’apertura culturale e sociale, ha arricchito tante persone, ma quella direzione è stata cambiata? Internet ha ridotto al disoccupazione, ha creato politici e governi vicini alla gente, ha stimolato la società a combattere e risolvere i problemi assieme? È fondamentale chiedersi questo per provare a capire dove vogliamo andare come comunità. Dovremmo tornare a farci domande semplici, come: che valore diamo alla vita umana? Che valore diamo al lavoro? Che valore diamo all’ambiente? Che valore diamo alla scuola? Che valore diamo alla solidarietà? Dobbiamo chiederci quali sono i valori della nostra comunità, dobbiamo fissare i nostri obiettivi e i nostri valori. Solo poi potremmo parlare di crescita, sviluppo, salute, lavoro. Perché crescita e sviluppo in questo modello significano fare più morti, aumentare la disoccupazione, fare più guerre, inquinare di più. Significa depredare la “cosa” pubblica, significa abbassare il livello culturale della società. Allora c’è bisogno di qualcosa di radicalmente nuovo, c’è bisogno che ognuno di noi con i propri talenti diventi responsabile verso gli altri. Dobbiamo prima ritrovare dignità come persone, come comunità e come popolo, poi capire cosa realmente ci stia distruggendo e poi agire. Ma questo processo non passa attraverso facebook o le manifestazioni di piazza. Altrimenti se tutto passasse per di li avremmo già vinto da tempo, vi pare?

lunedì 9 luglio 2012

Si fa un sacco di fatica a smascherare le cazzate

Si fa sempre un sacco di fatica a smascherare le falsità, perché ti tocca leggere un articolo, continuando a scuotere la testa in segno di dissenso, incazzarti, incazzarti tanto, finire l’articolo, pensare che chi scrive certa roba deve essere come minimo mal informato e poi cominciare a trovare dati, fonti, rileggere cose che già sai e imbastire una risposta. Ancora peggio è farlo di lunedì mattina, quando il mio amico Diego mi spara un articolo sul possibile default dell’Argentina. Qui trovate il link (http://www.ilpost.it/2012/07/08/largentina-e-di-nuovo-vicina-al-default)ovviamente dovete leggere per capire la mia risposta. Vediamo assieme punto per punto di smascherare questo articolo, premettendo che non sto incensando l’Argentina e non sto nemmeno dicendo che sia il governo più bello del mondo o il posto più felice del mondo. Sto solo cercando di fare chiarezza, perché è come si scrivessero che in Italia siamo tutti mafiosi. All’inizio dell’articolo si dice che il governo argentino vita di convertire i pesos in dollari e che questa è solo l’ultima “di un mix di misure di protezionismo e politiche monetarie poco ortodosse”. Ok, fate un parallelo con la nostra vecchia Europa dove sono state abbattute le frontiere, aperto ai mercati esteri, distrutti i diritti dei lavoratori e applicato politiche monetaria ampiamente ortodosse. Stiamo di un bene cane vero? Siamo tutti felici e prosperi vero? Stiamo tutti lavorando vero? Le nostre aziende fatturano come non mai vero? Il nostro stato sociale garantisce parità di diritti a tutti vero? Andiamo avanti, cito l’articolo de Il Fatto Quotidiano (versione on line): “Da allora l’economia argentina è riuscita a crescere, anche se non ha mai raggiunto i livelli pre-default. Per la presidenta Cristina Kirchner l’obbiettivo del 2012 è di raggiungere una crescita del PIL pari al 4,5-7,5% (la stima mssima del Fondo monetario internazionale è del 4,2%). Per ottenere questo risultato, Kirchner ha aumentato la spesa pubblica, tanto che nel 2012, probabilmente, il bilancio si chiuderà con il primo deficit primario (cioè le spese dello stato supereranno le entrate, prima ancora che vengano conteggiate le spese per interessi sul debito) dopo anni.” I livelli pre default sono già stati abbondantemente sorpassati e l’economia argentina (PIL) cresce a ritmi cinesi da diversi anni, quindi attorno al 8-9%. Se avete seguito questo blog con attenzione inoltre capire da soli che ampliare la spesa pubblica significa lasciare ai privati più ricchezza, siano essi famiglie o imprese. Il fatto che chiuda in deficit non è un problema visto che avendo moneta sovrana quel deficit lo potranno sempre ripagare. Negli anni in cui il bilancio era in attivo l’Argentina aveva una economia depressa, alta disoccupazione e pure alta criminalità. Continuiamo nelle lettura: “Così i soldi per finanziare la politica di spesa pubblica voluta da Kirchner sono arrivati dalla Banca Centrale, che a partire dal 2010 ha progressivamente perso indipendenza, fino a diventare oggi una succursale del governo. Dal 2010 ad oggi circa 16 miliardi di dollari sono passati dalla banca centrale al governo.” Ma dai, strano che questo avvenga!! È successo sempre così anche nella nostra Italia fino al 1981, la Banca Centrale finanziava il debito pubblico tenendo bassi i tassi di interesse. Poi quando qualche genio sotto pressioni esterne ha separato la Banca Centrale Italiana dal Tesoro i tassi di interesse sono schizzati. Quello che sta facendo l’Argentina è normale politica monetaria e nulla di catastrofico o folle. Si legge ancora: “L’immissione di così tanta moneta sul mercato ha un effetto quasi immediato: l’inflazione. Quando aumenta la quantità di denaro in circolo, ma non aumentano di pari passo i beni e i servizi prodotti, il denaro perde di valore. A parità di denaro, quindi, diventa più difficile comprare gli stessi beni che ci si poteva permettere qualche tempo prima. Secondo il governo argentino, l’inflazione procede in maniera normale, almeno per un paese in via di sviluppo. Secondo l’INDEC (cioè l’ISTAT argentina) l’inflazione è intorno al 9%. Secondo alcuni ricercatori indipendenti (multati e minacciati dal governo, scrive il Washington Post) l’inflazione è a più del 25%, un dato su cui sono concordi quasi tutti gli analisti. Il settimanale economico britannico Economist ha deciso di non utilizzare più i dati INDEC nei suoi articoli.” Correggiamo subito, l’inflazione non è data dalla stampa di moneta ma da un disequilibrio tra domanda e offerta. Se l’inflazione fosse legata alla stampa di moneta gli Stati Uniti d'America sarebbero sotto una iperinflazione visto la stampa di 700 miliardi di dollari da parte della FED per “salvare le banche”, idem perl’Europa dopo che Draghi ha stampato vagonate di euro per “salvare le banche”. E invece niente, l’inflazione non si è mossa, anzi si è grattata la pancia ed è tornata a sonnecchiare. L’inflazione è una stortura tra domanda e offerta, troppa domanda rispetto all’offerta fa salire i prezzi e questa ascesa crea aumento generalizzato e quindi inflazione. Le cause dell’inflazione possono anche essere altre ovviamente, i dati parlano però di una inflazione bassa rispetto all’anno del default e in ogni caso sotto controllo. L’articolo poi continua ma io mi fermo qua. Sottolineando come a mio avviso venga fatta pesante disinformazione su queste tematiche. E le domande più scomode non so quelle legate al debito argentino o alle loro scelte economiche. Sono legate a noi, ovvero a che pro? A che pro viene pubblicato un articolo del genere? A chi giova mantenere nell’ignoranza milioni di persone? A chi conviene tutto ciò? Chi ci guadagna e cosa ci guadagna da tutto questo? Possiamo fidarci degli organi di informazione? Chi comanda gli organi di informazione? E da dove vengono presi i dati economici? Sono domande scomode ma che ognuno di noi dovrebbe cominciare a porsi. Per chi vuole approfondire la situazione dell’Argentina consiglio questo documento (è in inglese e un po’ lungo ma con molto grafici e semplice da comprendere, quindi fate un sforzo): http://www.cepr.net/documents/publications/argentina-success-2011-10.pdf

sabato 7 luglio 2012

Perchè continuare a elemosinare la vita?

Il ragazzo entra nella corte della casa, appoggia la bicicletta sotto l’albero, si avvicina alla porta a testa bassa, quasi timoroso, allunga le mani come quando noi le allunghiamo per ricevere la comunione in chiesa. Non alza lo sguardo, lo tiene nascosto sotto il cappello rosso. Il padrone di casa gli allunga qualche spicciolo, il ragazzo ringrazia a bassa voce: “Grazie, grazie”. Riprende la bici e riparte, mi vede e mi saluta con un: “Ciao” che suona come un: “Ehi, esisto anch’io su questo mondo”. Questa volta alza la testa, mia guarda in faccia, un sorriso e poi via lungo la strada. Io ho la carriola in mano, mi fermo, la appoggio e sento che dentro di me c’è rabbia. Perché questa scena appena descritta mi ha aperto gli occhi. No, non è la classica indignazione sul concetto di elemosina, del perché farla o farla, dell’idea dominante che: “Sti tosi qua che riva dall’Africa podaria sercarse un lavoro come tutti”. No, non voglio essere così scontato e vergognosamente falso. Per quello che ho imparato, visto, studiato e sentito quella scena rispecchia ognuno di noi. La crisi incombe, si allarga, le aziende chiudono, la gente si ammazza, i figli non hanno lavoro, la società civile è scossa nelle fondamenta, ognuno si ingegna come può, c’è chi vorrebbe abbandonare tutto, c’è che gioca al lotto perché: “Se mi va bene sono a posto per vita!” Ma gli altri mi chiedo, gli altri che ci stanno attorno? È bello vivere nel castello quando attorno la gente muore di colera? Quel ragazzo africano siamo tutti noi, che elemosiniamo a testa bassa un lavoro, una opportunità, degli spiccioli di vita, saltando di casa in casa sperando ci vada bene e non ci impallinino col fucile o ci insultino. Siamo quel ragazzo africano che attende momenti di speranza da una mano benevola, ma che non crea nulla e non distrugge nulla, vegeta in attesa della prossima mano. Siamo noi, che ci lamentiamo per una sanità che fa schifo ma poi abbiamo l’amico che ci fa passare avanti o che ci fa il favore, noi che ci lamentiamo della burocrazia ma se conosciamo qualcuno dentro al “sistema” ci sentiamo forti, potenti. Siamo li ad elemosinare piaceri, favori, a scambiarci la vita sottobanco. Belle parole la dignità, la coerenza, vero? Però poi salta fuori la frase da vigliacchi: “Eh ma dobbiam vivere, dobbiam arrivare a fine mese!”. Badate bene, io non giudico, sono impastoiato pure io in tutto questo, il mio non è un grido contro l’ipocrisia, il mio è un grido di aiuto. Si parla tanto delle giovani generazioni, della speranza per il futuro. Ebbene eccola la speranza per il futuro, arrivare a dire e fare la stessa cosa. Altrimenti calpesteremo orme già presenti nel terreno, seguiremo una scia invece di inventarcene una di nuova. Altrimenti saremo sempre come quel ragazzo che elemosina a testa bassa (attenzione, non sto dicendo che quel ragazzo è un buono a nulla, parlo solo di atteggiamento). Mio papà pochi giorni fa in macchina mi diceva: “Michele, chi è al comando il 70% di quello che dice poi non lo applica. Io ci sono stato al comando e mi rendo conto che quello che dicevo poi quasi mai lo applicavo nella mia vita e nei miei insegnamenti verso di voi!” Lasciando da parte per un attimo il coraggio di una frase del genere di un padre ad un figlio, credo che mio papà abbia colto il problema. Chi comanda, ovvero chi fa elemosina, è ipocrita verso quello che vede perché non da una vera mano a cambiare la situazione di chi quell’elemosina la sta chiedendo. Come uomini, come appartenenti ad una comunità dovremmo imporci standard molto più alti di umanità, di comprensione, di benessere per tutti. Altrimenti giustificheremo sempre tutto.

mercoledì 27 giugno 2012

Bisogna saper rispondere a chi dice cazzate

Da ora in poi sarò un po’ meno buono e un po’ più radicale nell’esporvi i miei pensieri. Ve lo dico in anticipo, perché sono incazzato nero, l’indignazione la lascio a chi pensa di cambiare il mondo mettendo frasi intelligenti e post su facebook gridando allo scandalo, alla Casta, a Monti, scrivendo che la politica è una merda. Oggi ho letto sul Corriere delle Sera che il Sottosegretario al Tesoro Polillo ha dichiarato che dovremmo lavorare una settimana in più perché questi livelli di salario sono insostenibili. Poco dopo sul sito del Sole24ore la Fornero dichiara. “Noi stiamo cercando di proteggere gli individui non i loro posti di lavoro. L'attitudine della gente deve cambiare. Il lavoro non é un diritto, bisogna guadagnarselo, anche attraverso il sacrificio». Noi, io, te che leggi, masse di milioni di italiani rimangono inebetiti davanti a queste parole. “Eh, è giusto, c’è la crisi, bisogna accontentarsi, tenere duro e lavorare il più possibile”, oppure. “Eh ma sti giovani non han voglia di far fatica, vogliono tutto e subito, senza sacrificarsi”, e ancora: “Non posso aspettarsi di vivere meglio di noi, con questa crisi bisogna accontentarsi”. Poi magari qualcuno si incazza, qualcun altro fa una manifestazione o 2 ore di sciopero, altri si abbandonano al qualunquismo del: “Tagliano a noi, ma loro la poltrona se la tengono stretta”. Ma il giorno dopo tutto ricomincia, si torna a lavorare imprecando, si tira la cinghia perché a fine mese bisogna arrivarci, si rinuncia al tempo libero, allo svago, si rinuncia a fare qualche pianificazione sulla propria vita. Si rinuncia a tutto e si vive alla giornata. Siamo così, destinati a prendere botte sui denti finché non ce li spaccano tutti. Eppure basterebbe alzare le mani, parare il colpo e affrontare il nostro carnefice mostrandogli la nostra forza e scoprendo che lui è molto debole. Rispetto alle due dichiarazioni che ho riportato prima è fin troppo facile rispondere. Sono dichiarazioni assurde, economicamente e socialmente sbagliate. Abbiamo sentito di tutto, bamboccioni, mammoni, morti di fame (per quelli che guadagnano meno di 500 euro)! Stiamo ancora prendendo botte nei denti e non abbiamo ancora imparato a come rispondere. Perché? Perché costa impegno, studio, precisione. Significa capire cosa è stato creato in Europa con la creazione di una moneta unica non sovrana. Significa capire quale ideologia sta dietro alle parole di Polillo e Fornero (vi do un aiuto, cercate nei vocabolari e nei libri di testo la parola NEOLIBERISMO), significa capire chi ha messo in bocca a questi due quelle parole atroci. Significa saper rispondere a tono a queste cazzate. Significa dire la verità senza aver paura di perdere nulla. Significa dire a questi due “tecnici” falsari che i nostri stipendi sono già tra i più bassi d’Europa e che la nostra produttività è una tra le più alte in Europa. Significa non farci pisciare in testa quando la Fornero dice che non sono li per garantire gli individui. Ma come? La nostra Costituzione? L’uguaglianza tra le persone, l’uguaglianza di opportunità, l’uguaglianza davanti alla legge? Questa Lady di ferro ha cancellato 150 anni di lotte in un attimo. Significa anche dire a questi signori che sarebbe ora di smetterla con questa moneta non sovrana, perché in presenza di moneta sovrana un Stato può garantire la piena occupazione, il pieno stato sociale. Ma la Sig.ra Fornero può dire queste falsità perché chi gli mette il microfono davanti o scrive l’articolo non sa assolutamente nulla di economica e se sa tace. Può dirlo perché noi ignoriamo le basi di macroeconomia, perché è più facile mandare a fanculo la Germania se domani perde la semifinale contro di noi che non capire come funziona un sistema monetario. Ogni giorno sento storie di ordinaria follia da crisi economica. Amici che perdono il lavoro, imprenditori alla canna del gas, persone che mi dicono: “la vedo brutta e non so come andrà a finire”. La via per poter creare una coscienza collettiva che risollevi le sorti della nostra nazione è quella di studiare, divulgare, mettere in pratica, essere precisi, essere disobbedienti verso quelle leggi che massacrano il benessere (Rosa Parks l’ha fatto per milioni di afroamericani ed era una donna che non aveva mai studiato, eppure aveva capito cosa significa essere radicali in quello che si crede). Oltre ad incazzarci dobbiamo avere una alternativa, una via di uscita, altrimenti la rabbia cieca sarà solo controproducente.