domenica 29 luglio 2012

Da sempre, per sempre!

Da sempre, per sempre! Come se nulla fosse cambiato, da sempre e per sempre. Una istantanea dal passato, vista nel presente e che ti apre domande per il futuro. Una foto scolpita nella roccia del tempo, roccia dura, impenetrabile, anzi talmente resistente che riaffiora sul pelo dei pensieri. Basta uno sguardo e la mente viaggia, sensazioni, luoghi, odori, colori, suoni. Tutto in un colpo solo come se si venisse trascinati indietro di circa 25 anni. Viaggio quasi doloroso per l’intensità che mi suscita ma estasiante, da lasciare a bocca aperta. È la storia della vita che ci lega, che crea un filo sottile ma indistruttibile, un filo talmente forte che emana luce.
La storia di una vita, immortalata in questa foto, che sembra nascere dal nulla, come se ci fosse sempre stata per perdersi nel futuro. Da sempre, per sempre. E si, tutto cambia perché tutto rimanga esattamente identico. Ha circa 25 anni questa foto, Devis, Simone, io, Diego, Giancarlo e mio fratello Alessandro. La muretta che serviva come trampolino per scavalcare la rete, abbondantemente piegata per andare nei campi di Ambrosini a giocare a calcio o a fare le gare di corsa tra “e bae de fen”. E quei sapori irripetibili, la terra umida e fredda dell’inverno che ti penetrava sotto la tuta, il profumo fresco dell’erba appena tagliata in primavera che ti veniva voglia di rotolarti per ore. O ancora la terra bruciata d’estate. Sempre insieme da sempre e per sempre, come se fosse realmente impossibile slegarsi da certi posti, da certe persone da certe sensazioni che ti sono entrate nella testa e nella carne. Dove partite a ping pong duravano ore e il rispetto per il più piccolo veniva tralasciato perché vincere contava più di tutto e le cene di condominio sembravano sagre paesane con carne ai ferri, parapampoli e la Romilda che sorpassati i 70 fumava e beveva come un camionista turco. Era tutto dannatamente semplice e condiviso e tutto si ripeteva con un regolarità impressionante. Le esperienze tramandate, i comportamenti copiati e le storie ascoltate attraverso le parole dei più vecchi. Da sempre e per sempre. Si andava tutti al parco a giocare a calcio nonostante ci buttassero i vetri sull’erba perché facevamo troppo casino, si facevano i rifugi sotto gli alberi e quando diluviava tutti sotto, bagnati fradici ma contenti di non dover abbandonare il campo. Chi abbandonava per andare a casa era un codardo. Come la pioggia passava, tutti fuori a giocare sul fango, per la gioia della mamma che ti vedeva arrivare a casa talmente scuro che sembrava fossi stato in stalla. Erano gli anni 80, quelli dei calzetti sempre troppo alti e le braghette sempre troppo corte, delle magliette col collo sempre troppo largo e delle tute con le toppe. Niente ipod, iphone, niente twitter e facebook, niente internet, la tecnologia era una tv in bianco e nero senza telecomando e una radio enorme dove ascoltare Michael Jackson e ballare sopra la sedia. Le estati infinte dove non si usciva mai prima delle 4 e non si rientrava finchè la mamma non urlava dalla finestra: “Michellleeeeee, zè prontttoooo”. Papà arrivava a casa e sembrava arrivasse l’imperatore. Erano gli anni che dopo cena ci si metteva in terrazza con i libri sulle costellazioni e papà te le mostrava tutte e a volte si arrivava a parlare di filosofia. Ricordi stupendi, della voce sicura di papà che mentre lui parlava te pensavi: “è invincibile, un po’ come Superman”. Gli anni in cui al sabato mattina si aspettava il furgone del panettiere che ti portava il pane all’olio ancora caldo e appena te lo dava andavano sotto il portico a mangiarlo. Erano gli anni prima del bum tecnologico e noi li abbiamo vissuti e sono stati bellissimi. Anni che sono passati lentamente assaporati fino in fondo, gustati fino al nocciolo ed è per questo che almeno per me tutti questi ricordi sono così vividi. Erano gli anni delle ferie ad agosto in montagna nella casa del prete con tutti gli amici. Si partiva in 3-4 macchine, cariche all’inverosimile. E non è semplice nostalgia, no è orgoglio di aver vissuto quegli anni, con quelle persone che rappresentano di fatto quello che sono ora. No, non la perfezione perché nessuno è perfetto, ma quelle persone (specialmente quelle che vedete nella foto) sono state perfette assieme, hanno rappresentato il miglior modo che avevo di crescere e imparare. Da sempre, per sempre! Ancora oggi è esattamente tutto così, basta fare un giro in negozio da Diego, trovare Gianca al torneo in paese o trovare mio fratello a cena o ad un compleanno e tutto torna ad essere esattamente come 25 anni fa. Io rimango sempre quello più piccolo che pende dalla labbra dei più grandi e che prova un rispetto enorme. Uno sguardo, un sorriso, una chiacchierata, è sufficiente questo per far riaffiorare il passato, per unire per l’ennesima volta le nostre vite ora così diverse. Sarà così per sempre, da sempre. Ci sono troppi insegnamenti da cogliere, ma quello che rimane più in profondità è che la vita è una fisarmonica, la gente si avvicina, si allontana ma se lo strumento è in perfette condizioni la melodia esce soave. E vale così per noi, ci si avvicina, ci si allontana, non ci si vede o non ci si sente per anni, ma basta un nulla per far riaffiorare quel filo che ci lega. E la melodia sarà sempre la stessa. Da sempre, per sempre!!!

martedì 24 luglio 2012

I have a dream....

“Mit, mi go letto el to blog, però lesi lesi e lesi ma bisogna che te me disi cosa che ghemo da fare qua. Scrivame do righe cusì capiso cosa fare”. Mit è il mio soprannome, la frase è stata pronuncia ieri sera dal mio amico Mancio durante una serata tra amici. Ridendo il buon Mancio mi ha invece dato una grande idea, ovvero spiegare in parole semplici cosa si potrebbe fare per uscire da una crisi sanguinosa che sta strangolando tutti. In tutti i post precedenti avete trovato disamine tecniche, politiche, belle parole, tutto molto bello ma la verità è che leggendo ti resta quel senso: “E adesso che facciamo?” che Mancio ha ben spiegato con un sorriso dei suoi. Allora, il sottoscritto, vista la settimana di ferie e vagonate di ore di nulla mentale, si mette stasera dopo cena a scrivere l’indice di quello che secondo me andrebbe fatto. Il che non significa scrivere la verità, la Bibbia degli economisti o balle varie, ma dare una mia visione sicuramente limitata, ma creata sull’esperienza, sul vivere quotidiano e su tanto studio. E sento già la voce del Mancio: “Dai Mit, spiegame cossa che ghemo da fare!”. Detto fatto. Gli economisti la definiscono “domanda aggregata”, che traducendo significa “consumi” nè più nè meno. Questa è la crisi che stiano attraversando. Abbassamento dei consumi, riduzione della ricchezza privata, abbassamento degli stipendi. Il calo dei consumi però è solo un l’effetto della crisi e non la causa. La causa, anzi le cause sono tante e complesse, alcuni li trovate nel mio blog, molte altre richiedono studio preciso e instancabile. Posso però azzardare queste cause: firma del trattato di Maastricht, svendita dell’apparato pubblico da parte dei governi tecnici di centrosinistra (ma anche di centrodestra), l’avvento dell’euro, il trattato di Lisbona, il MES e infine il Fiscal Compact. Tanti non sanno cosa sono ma fondamentalmente tutti questi passaggi indicano solo una cosa: la perdita totale di sovranità monetaria, fiscale ed economica dei singoli stati. Faccio un esempio, nei libri di scuola ci spiegano che se l’economia è troppo lanciata bisogna tenerla a bada (quindi aumento delle tasse, dei tassi di interesse ecc.), e che se l’economia è depressa la si incentiva (diminuiscono le tasse, si taglia il costo del denaro, si fanno opere di pubblica utilità ecc). Ma questo lo fa uno Stato sovrano che può decidere come spendere i soldi che crea (oh li crea dal nulla). Ma uno Stato, anzi tutti gli Stati che hanno adottato l’euro non posso inventare moneta dal nulla ma la devono chiedere in prestito. Meccanismo: la BCE (Banca Centrale Europea) crea moneta dal nulla, la da alle banche commerciali (Unicredit per capirci). Lo Stato compra quindi i soldi da banche private, ecco tra l’altro spiegato lo spread. La BCE si fa pagare l’1% per dare moneta alle banche private, le banche private si fanno pagare diciamo il 5% per dare soldi allo Stato. Lo Stato paga il 6% di interesse. Lo spread è su questi livelli oggi. Meccanismo perverso, mentre prima uno Stato sovrano poteva decidere il livello di spesa (ovvero aveva il volante in mano e poteva si frenare che accelerare), ora non ha il volante (non può stampare moneta) e può solo frenare (austerità). Spero sia chiaro. Andiamo oltre: “Mit dime cosa che ghemo da fare”.
Mit risponde: 1. Studiare, divulgare la conoscenza economica, parlare in modo semplice in modo che tutti capiscano il dramma che sta avvenendo e da chi è voluto. 2. avere ben chiaro quali sono i nostri valori, obiettivi e progetti come comunità e come gruppo di persone 3. Smetterla di pensare di qualcuno prima o poi risolverà la questione. Non esistono supereroi, non esistono super tecnici o robe del genere. Siamo noi, siete voi che cambiate il mondo, come sempre è stato nella storia. 4. Uscire subito dall’euro anche se non previsto, semplicemente rifiutando i trattati 5. Una volta definiti applicare i progetti sapendo che tornando ad una moneta sovrano uno Stato non avrebbe limite di spesa (il debito pubblico è uno spauracchio, il Giappone ha il 250% di debito pubblico e nessuno gli rompe le scatole, la Spagna è attorno al 70% e rischia la bancarotta, come la spieghiamo sta roba cari economisti?)
Mi immagino già il Mancio: “Eh si Mit, a te ghè dito poco!!” Nessun dubbio che questi 5 punti siano insormontabili ora, nessun dubbio neppure che noi come generazione non riusciremo mai a vedere questi cambiamenti e che subiremo e vedremo drammi impensabili. Questo però è quello che ora vi posso dire ovvero: studiate, ascoltate, applicatevi su concetti economici semplici: cosa è la moneta, cosa è il debito, chi lo paga e a favore di chi, cosa è la finanza, come lavorano le banche, a cosa servono. Domande semplici, poi cominciate a pensare alla società in cui vorreste vivere. Sanità per tutti, asili accessibili a tutti a prezzi calmierati, stipendi che consentano di poter vivere con dignità, mangiare bene, fare le ferie e pagarsi il tempo libero? Fate una lista di cosa vorreste vedere, di come vorreste vivere. Allora con la conoscenza e gli obiettivi capirete da soli che l’euro ci sta massacrando, sta spegnendo sogni, sta uccidendo persone, sta creando drammi personali. Non ve lo posso veramente spiegare in un post ma i 5 punti che ho elencato sono la mia lista dei desideri per non vedere più al semaforo dell’aeroporto di Venezia un signore anziano elemosinare qualcosa senza una mano, con vestiti luridi e senza scarpe. Perché i sogni valgono e sono belli solo se li possiamo condividere.

sabato 21 luglio 2012

Proviamo a non morire invani

I morti è meglio che non vedano quel che son capaci di fare i vivi e la strada storta che sta prendendo il mondo, è meglio che non si accorgano nemmeno che noi siamo diventati così poveri e tanto miseri che non siamo capaci di volerci bene. No, è meglio che i morti stiano nella neve e nel ghiaccio e che non sappiano di noi, altrimenti potrebbero pensare di essere morti invani ed allora si sentirebbero ancora più soli”. Lettera trovata durante la I° guerra mondiale sull’Adamello
È venuto il tempo almeno per me di pormi domande scomode, di sembrare talmente radicale nelle mie scelte da sembrare impazzito, da farmi sembrare paranoico o fuori dalla realtà. Stamattina la mia amica Silvia mi scrive su skype: “allucinata (ma non sorpresa) da quello che sta succedendo in Spagna...visto che roba dio santo?”. Matteo nel pomeriggio prosegue: “hai sentito in spagna ieri?? Anche bambini hanno picchiato quei farabutti.” Poi apro facebook e trovi commenti e post di solidarietà ai minatori, ai manifestanti, alla lotta spagnola. E capisco (ma è già da diverso tempo che lo penso) che quando quel disastro sociale che sta imperversando in Spagna e che ha sepolto la Grecia arriverà anche da noi, noi saremo davanti alle tastiere a imprecare, a insultarci, a piangere, a commiserarci, a scrivere che il governo è un ladro, che la Casta ci ha venduti tutti. E allora elemosineremo, come ho spiegato nei post precedenti. Monti non ci salverà, Berlusconi nemmeno, il PD nemmeno e nessun altro partito politico sarà in grado di darci un traiettoria. E a quel punto toccherà a noi prenderci manganellate, botte, insulti e farci dipingere come antitaliani, violenti e compagnia cantante. Combatteremo per cosa? Per i posti di lavoro persi grazie a politiche disastrose degli ultimi 30 anni? Combatteremo per una sanità pubblica smembrata e ridicolizzata? Combatteremo per il nostro ambiente? Per i nostri figli? Per un futuro diverso? Per il nostro stipendio? Io credo combatteremo guidati da un unico sentimento, la rabbia, che durerà il tempo di una notte, al massimo due, e poi? Faremo la fine di Occupy Wall Street? Perché? Ve lo siete mai chiesti perché nonostante tutto, associazioni, lotte, manifestazioni il mondo non è mai cambiato? Perché i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri? Perché l’aria sempre più inquinata e l’acqua sempre più imbevibile? Perché hanno sempre vinto gli altri. Ma gli altri chi? Gente e poteri che il 99% della gente ignora. Ecco perché abbiamo sempre perso come “società civile”. Perché occupati in lotte futili o contro marionette. Mi viene in mente la famosa sfuriata di Pianigiani (coach dell’Italbasket): “Ma che cazzo avete dentro?” Non sto giudicando, non sto dicendo che certe lotte non vanno fatte e che siamo tutti incapaci. Vi sto solo facendo la domanda scomoda di cui parlavo all’inizio: “perché nonostante tutto, il mondo va sempre in un’altra direzione?” La risposta è che esiste un potere economico che sta sopra ai partiti, alle nazioni, ai governi, a miliardi di persone e comanda, decide, impartisce dolore indicibile. E per sconfiggere quel potere economico ne serve uno ugualmente potente. Non basta la manifestazione, la serata culturale, non basta la firma su un referendum, non basta il post su facebook o la maglietta con la scritta contro il Sistema, non basta lo sciopero di 2 ore (e i nostri padri lo sanno bene). L’altra domanda scomoda che dovremmo farci è questa: “la diffusione di internet, facebook, i social network, i portali , i blog hanno cambiato quella direzione sbagliata?”. Credo che la risposta ve la potete immaginare. Certo internet ha dato un impulso al commercio, all’apertura culturale e sociale, ha arricchito tante persone, ma quella direzione è stata cambiata? Internet ha ridotto al disoccupazione, ha creato politici e governi vicini alla gente, ha stimolato la società a combattere e risolvere i problemi assieme? È fondamentale chiedersi questo per provare a capire dove vogliamo andare come comunità. Dovremmo tornare a farci domande semplici, come: che valore diamo alla vita umana? Che valore diamo al lavoro? Che valore diamo all’ambiente? Che valore diamo alla scuola? Che valore diamo alla solidarietà? Dobbiamo chiederci quali sono i valori della nostra comunità, dobbiamo fissare i nostri obiettivi e i nostri valori. Solo poi potremmo parlare di crescita, sviluppo, salute, lavoro. Perché crescita e sviluppo in questo modello significano fare più morti, aumentare la disoccupazione, fare più guerre, inquinare di più. Significa depredare la “cosa” pubblica, significa abbassare il livello culturale della società. Allora c’è bisogno di qualcosa di radicalmente nuovo, c’è bisogno che ognuno di noi con i propri talenti diventi responsabile verso gli altri. Dobbiamo prima ritrovare dignità come persone, come comunità e come popolo, poi capire cosa realmente ci stia distruggendo e poi agire. Ma questo processo non passa attraverso facebook o le manifestazioni di piazza. Altrimenti se tutto passasse per di li avremmo già vinto da tempo, vi pare?

lunedì 9 luglio 2012

Si fa un sacco di fatica a smascherare le cazzate

Si fa sempre un sacco di fatica a smascherare le falsità, perché ti tocca leggere un articolo, continuando a scuotere la testa in segno di dissenso, incazzarti, incazzarti tanto, finire l’articolo, pensare che chi scrive certa roba deve essere come minimo mal informato e poi cominciare a trovare dati, fonti, rileggere cose che già sai e imbastire una risposta. Ancora peggio è farlo di lunedì mattina, quando il mio amico Diego mi spara un articolo sul possibile default dell’Argentina. Qui trovate il link (http://www.ilpost.it/2012/07/08/largentina-e-di-nuovo-vicina-al-default)ovviamente dovete leggere per capire la mia risposta. Vediamo assieme punto per punto di smascherare questo articolo, premettendo che non sto incensando l’Argentina e non sto nemmeno dicendo che sia il governo più bello del mondo o il posto più felice del mondo. Sto solo cercando di fare chiarezza, perché è come si scrivessero che in Italia siamo tutti mafiosi. All’inizio dell’articolo si dice che il governo argentino vita di convertire i pesos in dollari e che questa è solo l’ultima “di un mix di misure di protezionismo e politiche monetarie poco ortodosse”. Ok, fate un parallelo con la nostra vecchia Europa dove sono state abbattute le frontiere, aperto ai mercati esteri, distrutti i diritti dei lavoratori e applicato politiche monetaria ampiamente ortodosse. Stiamo di un bene cane vero? Siamo tutti felici e prosperi vero? Stiamo tutti lavorando vero? Le nostre aziende fatturano come non mai vero? Il nostro stato sociale garantisce parità di diritti a tutti vero? Andiamo avanti, cito l’articolo de Il Fatto Quotidiano (versione on line): “Da allora l’economia argentina è riuscita a crescere, anche se non ha mai raggiunto i livelli pre-default. Per la presidenta Cristina Kirchner l’obbiettivo del 2012 è di raggiungere una crescita del PIL pari al 4,5-7,5% (la stima mssima del Fondo monetario internazionale è del 4,2%). Per ottenere questo risultato, Kirchner ha aumentato la spesa pubblica, tanto che nel 2012, probabilmente, il bilancio si chiuderà con il primo deficit primario (cioè le spese dello stato supereranno le entrate, prima ancora che vengano conteggiate le spese per interessi sul debito) dopo anni.” I livelli pre default sono già stati abbondantemente sorpassati e l’economia argentina (PIL) cresce a ritmi cinesi da diversi anni, quindi attorno al 8-9%. Se avete seguito questo blog con attenzione inoltre capire da soli che ampliare la spesa pubblica significa lasciare ai privati più ricchezza, siano essi famiglie o imprese. Il fatto che chiuda in deficit non è un problema visto che avendo moneta sovrana quel deficit lo potranno sempre ripagare. Negli anni in cui il bilancio era in attivo l’Argentina aveva una economia depressa, alta disoccupazione e pure alta criminalità. Continuiamo nelle lettura: “Così i soldi per finanziare la politica di spesa pubblica voluta da Kirchner sono arrivati dalla Banca Centrale, che a partire dal 2010 ha progressivamente perso indipendenza, fino a diventare oggi una succursale del governo. Dal 2010 ad oggi circa 16 miliardi di dollari sono passati dalla banca centrale al governo.” Ma dai, strano che questo avvenga!! È successo sempre così anche nella nostra Italia fino al 1981, la Banca Centrale finanziava il debito pubblico tenendo bassi i tassi di interesse. Poi quando qualche genio sotto pressioni esterne ha separato la Banca Centrale Italiana dal Tesoro i tassi di interesse sono schizzati. Quello che sta facendo l’Argentina è normale politica monetaria e nulla di catastrofico o folle. Si legge ancora: “L’immissione di così tanta moneta sul mercato ha un effetto quasi immediato: l’inflazione. Quando aumenta la quantità di denaro in circolo, ma non aumentano di pari passo i beni e i servizi prodotti, il denaro perde di valore. A parità di denaro, quindi, diventa più difficile comprare gli stessi beni che ci si poteva permettere qualche tempo prima. Secondo il governo argentino, l’inflazione procede in maniera normale, almeno per un paese in via di sviluppo. Secondo l’INDEC (cioè l’ISTAT argentina) l’inflazione è intorno al 9%. Secondo alcuni ricercatori indipendenti (multati e minacciati dal governo, scrive il Washington Post) l’inflazione è a più del 25%, un dato su cui sono concordi quasi tutti gli analisti. Il settimanale economico britannico Economist ha deciso di non utilizzare più i dati INDEC nei suoi articoli.” Correggiamo subito, l’inflazione non è data dalla stampa di moneta ma da un disequilibrio tra domanda e offerta. Se l’inflazione fosse legata alla stampa di moneta gli Stati Uniti d'America sarebbero sotto una iperinflazione visto la stampa di 700 miliardi di dollari da parte della FED per “salvare le banche”, idem perl’Europa dopo che Draghi ha stampato vagonate di euro per “salvare le banche”. E invece niente, l’inflazione non si è mossa, anzi si è grattata la pancia ed è tornata a sonnecchiare. L’inflazione è una stortura tra domanda e offerta, troppa domanda rispetto all’offerta fa salire i prezzi e questa ascesa crea aumento generalizzato e quindi inflazione. Le cause dell’inflazione possono anche essere altre ovviamente, i dati parlano però di una inflazione bassa rispetto all’anno del default e in ogni caso sotto controllo. L’articolo poi continua ma io mi fermo qua. Sottolineando come a mio avviso venga fatta pesante disinformazione su queste tematiche. E le domande più scomode non so quelle legate al debito argentino o alle loro scelte economiche. Sono legate a noi, ovvero a che pro? A che pro viene pubblicato un articolo del genere? A chi giova mantenere nell’ignoranza milioni di persone? A chi conviene tutto ciò? Chi ci guadagna e cosa ci guadagna da tutto questo? Possiamo fidarci degli organi di informazione? Chi comanda gli organi di informazione? E da dove vengono presi i dati economici? Sono domande scomode ma che ognuno di noi dovrebbe cominciare a porsi. Per chi vuole approfondire la situazione dell’Argentina consiglio questo documento (è in inglese e un po’ lungo ma con molto grafici e semplice da comprendere, quindi fate un sforzo): http://www.cepr.net/documents/publications/argentina-success-2011-10.pdf

sabato 7 luglio 2012

Perchè continuare a elemosinare la vita?

Il ragazzo entra nella corte della casa, appoggia la bicicletta sotto l’albero, si avvicina alla porta a testa bassa, quasi timoroso, allunga le mani come quando noi le allunghiamo per ricevere la comunione in chiesa. Non alza lo sguardo, lo tiene nascosto sotto il cappello rosso. Il padrone di casa gli allunga qualche spicciolo, il ragazzo ringrazia a bassa voce: “Grazie, grazie”. Riprende la bici e riparte, mi vede e mi saluta con un: “Ciao” che suona come un: “Ehi, esisto anch’io su questo mondo”. Questa volta alza la testa, mia guarda in faccia, un sorriso e poi via lungo la strada. Io ho la carriola in mano, mi fermo, la appoggio e sento che dentro di me c’è rabbia. Perché questa scena appena descritta mi ha aperto gli occhi. No, non è la classica indignazione sul concetto di elemosina, del perché farla o farla, dell’idea dominante che: “Sti tosi qua che riva dall’Africa podaria sercarse un lavoro come tutti”. No, non voglio essere così scontato e vergognosamente falso. Per quello che ho imparato, visto, studiato e sentito quella scena rispecchia ognuno di noi. La crisi incombe, si allarga, le aziende chiudono, la gente si ammazza, i figli non hanno lavoro, la società civile è scossa nelle fondamenta, ognuno si ingegna come può, c’è chi vorrebbe abbandonare tutto, c’è che gioca al lotto perché: “Se mi va bene sono a posto per vita!” Ma gli altri mi chiedo, gli altri che ci stanno attorno? È bello vivere nel castello quando attorno la gente muore di colera? Quel ragazzo africano siamo tutti noi, che elemosiniamo a testa bassa un lavoro, una opportunità, degli spiccioli di vita, saltando di casa in casa sperando ci vada bene e non ci impallinino col fucile o ci insultino. Siamo quel ragazzo africano che attende momenti di speranza da una mano benevola, ma che non crea nulla e non distrugge nulla, vegeta in attesa della prossima mano. Siamo noi, che ci lamentiamo per una sanità che fa schifo ma poi abbiamo l’amico che ci fa passare avanti o che ci fa il favore, noi che ci lamentiamo della burocrazia ma se conosciamo qualcuno dentro al “sistema” ci sentiamo forti, potenti. Siamo li ad elemosinare piaceri, favori, a scambiarci la vita sottobanco. Belle parole la dignità, la coerenza, vero? Però poi salta fuori la frase da vigliacchi: “Eh ma dobbiam vivere, dobbiam arrivare a fine mese!”. Badate bene, io non giudico, sono impastoiato pure io in tutto questo, il mio non è un grido contro l’ipocrisia, il mio è un grido di aiuto. Si parla tanto delle giovani generazioni, della speranza per il futuro. Ebbene eccola la speranza per il futuro, arrivare a dire e fare la stessa cosa. Altrimenti calpesteremo orme già presenti nel terreno, seguiremo una scia invece di inventarcene una di nuova. Altrimenti saremo sempre come quel ragazzo che elemosina a testa bassa (attenzione, non sto dicendo che quel ragazzo è un buono a nulla, parlo solo di atteggiamento). Mio papà pochi giorni fa in macchina mi diceva: “Michele, chi è al comando il 70% di quello che dice poi non lo applica. Io ci sono stato al comando e mi rendo conto che quello che dicevo poi quasi mai lo applicavo nella mia vita e nei miei insegnamenti verso di voi!” Lasciando da parte per un attimo il coraggio di una frase del genere di un padre ad un figlio, credo che mio papà abbia colto il problema. Chi comanda, ovvero chi fa elemosina, è ipocrita verso quello che vede perché non da una vera mano a cambiare la situazione di chi quell’elemosina la sta chiedendo. Come uomini, come appartenenti ad una comunità dovremmo imporci standard molto più alti di umanità, di comprensione, di benessere per tutti. Altrimenti giustificheremo sempre tutto.