mercoledì 27 febbraio 2013

Ore 16....(dedicato a Marta e al suo incredibile amore per la vita)

Ore 16.00 in casa Cogno-Tonin: “Kabubbiiiiiii, sono a casa!!!” Sento la Marta alzarsi dalla sedia dello studio per venirmi incontro, mi guarda e sembra abbia visto un fantasma: “Ma come, sei già a casa? A sta ora? Ma stai male? Ecco lo sapevo, ti hanno licenziato, vero?”. Rido, e rido di gusto: “Ahahahah, ma va laaaa, ti ricordi che ti avevo parlato che si stava ridiscutendo il contratto nazionale dei metalmeccanici?”. Lei annuisce ma aspetta chiarimenti: “Ecco, da oggi è in vigore il nuovo contratto che prevede un sacco di belle robe”. Mi guarda strano: “Si ecco meglio va, perché già siamo usciti dall’euro, tra poco avremo gli stipendi dimezzati, la benzina ci costerà 5 mila lire al litro, ti conviene darmi belle notizie”. Rido ancora ma mi accorgo che la sto irritando, allora torno serio e mi metto a spiegarle cosa sta succedendo: “guarda, il contratto nazionale è stato rivisto di brutto, ora le ore settimanali sono state ridotte a 30, lavoro 6 ore al giorno, dalle 9 alle 15.30 con mezz’ora di pausa pranzo che mi viene pagata dall’azienda interamente. Inoltre ho 3 giorni obbligatori di ferie al mese più altre 3 settimane in agosto e 1 a Natale. “Si ecco bravo, così non te lavori più praticamente”, interviene lei, aggiungendo: “Ma così già adesso abbiamo lo stipendio in lire, in più lavori meno e hai più ferie, come pensi che arriviamo a fine mese?”. “peta, pian che finisco di dirti tutto…allora le cose stanno così, il mio stipendio non è stato toccato e anzi è stata reintrodotta la scala mobile per adeguare gli stipendi all’inflazione che adesso è circa al 7%. E poi dai, il governo ha appena approvato la nuova finanziaria che prevede aliquota unica dell’iva al 4%, abolizione dei contributi previdenziali, riduzione di ¾ dell’Irpef e abolizione completa dell’Irap. Il mio stipendio è addirittura aumentato, e di parecchio. Meno tasse da pagare uguale più soldi in busta paga. E mica poco. E poi fico, senza l’iva al 20% possiamo acquistare a prezzi decisamente convenienti. Sai che fico, possiamo fare tutta la spesa al mercato biologico. Mangiamo sano, paghiamo poco e aiutiamo l’economia locale.” Marta non è convintissima e mi fa: “Si ma con gli stipendi dimezzati dalla svalutazione non stiamo mica tanto bene”. La tranquillizzo anche se mi tocca andare sul tecnico: “Vero, c’è stata un po’ di svalutazione ma non quella di cui parlano tutti, la svalutazione è stata del 12%. E in ogni caso la svalutazione riguarda i prezzi interni, quindi è vero che il mio stipendio in nuove lire vale un po’ meno, ma anche le merci e i servizi valgono un po’ meno, perché appunto la svalutazione riguarda i prezzi interni. Ci costerà un po’ di più fare le ferie all’estero, significa che per un paio di anni ci godremo le coste italiane. Non mi pare una tragedia” . “Va bè va bè, mi fido, quindi te mi vuoi dire che stiamo meglio adesso con la nuova lira anziché prima con l’euro?”. Taglio corto perché fuori c’è un bel sole primaverile e c’è l’orto da seguire: “Si, ti ricordi che 4 anni fa ti rompevo le scatole con tutte quelle robe economiche complicate e noiose? Ecco, il nuovo governo le ha applicate, e ora ci ritroviamo con più tempo libero, stipendi adeguati al tenore di vita, la disoccupazione è stata ridotta al 6% e si può ridurre ancora, la burocrazia la stanno sfoltendo ovunque visto che le tasse sono praticamente sparite, però dai, solo già le quattro e mezza e fuori c’è un bel sole, che dici andiamo a sistemare l’orto e poi ci facciamo un bel giro da qualche parte?”. La vedo già più convinta: “Si dai, che così facciamo aperitivo a Padova e chiamo un po’ di gente”. Andiamo giù in orto assieme: “Sistema la terra li, cava l’erba di la, daghe un fià de concime, sistema el spaventa passeri che qua e tortore zè come i leoni”. Un’oretta di lavoro all’aria aperta, con un bel sole, in contatto con la terra fa sempre bene. Vado in doccia, Marta intanto mi dice che controlla se le hanno versato lo stipendio. Non faccio nemmeno a tempo ad aprire l’acqua calda che la sento urlare: “Micheleeeeeeeeee, vien qua che te bato!”. Prendo l’accappatoio, mi vesto e già penso che avrò fatto qualche cazzata mostruosa sul pc o robe del genere. Mi affaccio alla porta dello studio e vedo Marta che mi guarda storto e punta il dito verso il video e mi fa: “E questi cosa cazzo sono?”. Mi avvicino, guardo meglio: “Eh bè, questi sono i nostri movimenti del conto”, risposta: “Si ho capito, ma cosa sono questi 2 milioni di nuove lire accreditati sul nostro conto?”. Guardo meglio: “Aaahhh, vedi che sono arrivati….è il nostro primo bonifico, l’avevano promesso e l’hanno fatto”. Marta sempre più perplessa: “Scusami, spiega cosa vuol dire”. La guardo e capisco da come mi guarda che devo avere una espressione da ebete: “è il nostro reddito di cittadinanza. Il nuovo governo ha messo una tassa dello 0,10% sulle transazioni finanziarie che va a pagare il reddito e siccome il reddito è uninominale, un milione a te e uno a me.” Marta sempre più sconcertata mi fa: “Vuoi dire che il governo ci paga solo perché siamo cittadini italiani?”. Accenno un sorriso: “Si, però ora vado in doccia che altrimenti facciamo tardi all’aperitivo eh”, “Si si ecco bravo che c’è già la gente che ci aspetta”. Saliamo in macchina e mi viene in mente che domani sarò in ferie: “Ah guarda che domani sono in ferie obbligatorie, pensavo di andare a fare una bella passeggiata in bici su per i colli al pomeriggio così poi abbiamo la sera libera per fare altro, che dici?”. Marta mi guarda con sorriso sarcastico: “Si ecco bravo, così lasci me da sola a pulire casa e te sempre in giro. Comunque per stavolta va bene, così alla sera facciamo cena con Mavry, la Silvia, la Sabri e poi non so chi altro”. È il 9 maggio 2017, l’Italia il 1° gennaio 2017 è uscita dall’euro dopo aver constatato che i vincoli del Fiscal Compact aveva ridotto l’economia italiana ad un cumulo di macerie. Dopo 2 mesi sono stati rivisti tutti i contratti nazionali, è stato attribuito ad ogni singolo cittadino un reddito, garantito da una tassa dello 0,10% sulle transazioni finanziarie. Il governo libero dall’austerità imposta dall’Europa, ha deciso di intraprendere un piano di lavori pubblici per sistemare infrastrutture, scuola, ospedali, strutture sportive. Il debito è stato rinegoziato, l’uscita dall’euro ha comportato una svalutazione reale del 12% compensata però dal taglio delle tasse e dalla possibilità di far ripartire l’economia con investimenti pubblici mirati Ci sono ancora un sacco di cose da sistemare, la gente deve ancora abituarsi a questo nuovo stile di vita, è ancora sospettosa e pensa non durerà. Ma la sensazione è che si viva più leggeri, con meno paure, si sorride di più, le piazze sono piene, c’è un sacco di gente in giro che si gode questo maggio soleggiato. Spero solo che questa volta la storia ci abbia veramente insegnato qualcosa. Ora scusate, ma ho un aperitivo con la morosa e credo faremo tardi, visto che domani sarò in ferie. Buona serata a tutti! P.S.: no, non sono impazzito, questa storia mi è servita per dimostrare che una via diversa è possibile. Per i più scettici, ecco il materiale che vi spiega come poter uscire dall’euro, ripristinare una democrazia e vivere con maggiore libertà esprimendo completamente il vostro potenziale:
- http://download.kataweb.it/micromega/austerita_1_3.pdf - http://www.boorp.com/libri_gratis_pdf/libro_un_milione_al_mese_a_tutti_in_pdf_gratis.php - http://memmt.info/site/ - http://www.ecn.org/andrea.fumagalli/10tesi.htm

martedì 19 febbraio 2013

E' venuto il tempo di scegliere tra la libertà e la schiavitù

“Michele, ma in Grecia cosa zè drio sucedare?” Risposta del sottoscritto a mia mamma che mi guarda davanti ad un piatto di minestra fumante lunedì a pranzo: “Mamma, laggiù c’è una guerra, 500.000 bambini mal nutriti, 600% di aumento di rapine in banca, reddito medio attorno ai 500 euro, distruzione del sistema sanitario e scolastico, famiglie che muoiono bruciate vive in casa perché bruciano i mobili per scaldarsi. Mamma non ci raccontano nulla perché siamo sotto elezioni, ma se vince il PD o Berlusconi fidati che dal giorno dopo vedrai la vera austerità, e sarà una cosa che non avrai mai visto prima”. Mamma Giovanna mi guarda con uno sguardo come se tutti i bambini greci fossero suoi figli, non le sembra vero, non le sembra vero che le racconti queste cose. Ora lo dico a voi, il sogno europeo è finito, è morto e ha portato con se la culla della civiltà. Quel sogno è diventato un incubo fondato su un debito impagabile, fondato su una politica corrotta e codarda, fondato sulla speculazione e sulla competizione spietata. Il colpevole? Eh, se qualcuno di voi ha visto X-files, può capire che individuare il colpevole è cosa ardua. Semplicemente perché il colpevole non esiste, non c’è un grande vecchio che comanda tutto, i colpevoli sono tanti, sono attori diversi che operano in maniera scoordinata gli uni dagli altri. Ma qui non sono a caccia di colpevoli. Sono a caccia dei numeri per il semplice fatto che quei numeri arriveranno anche nel Bel Paese e a quel punto sarà meglio essere attrezzati con le soluzioni.
I numeri li trovate qua: http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=11495
E anche qua: http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/2013/02/amnesty-international-denuncia-il.html
Vogliamo uscire da questo orrore e da questa sofferenza? Bene, ecco quello che vi propongo:
1. Riforma dell’euro o uscita dalla moneta unica. La riforma dovrebbe consistere nell’avere una BCE, ovvero la Banca dei Cittadini Europei, che emetta moneta a tasso 0 direttamente per finanziare la spesa pubblica. Se questo non si riesce ad ottenere, allora si esce dall’euro, dal cambio fisso. Si può uscire, è difficile, ma si può. Lo si deve fare utilizzando tutti li strumenti disponibili.
2. Reddito di cittadinanza per ogni italiano
3. Rinazionalizzare il sistema bancario italiano, separando le banche commerciali da quelle speculative
Questi sono solo i prime 3 passi di un viaggio lungo e fatico. Ma da questi 3 passi possiamo trovare lo slancio per smetterla di considerare le altre nazioni come nostri “nemici” commerciali e instaurare un rapporto reciproco di collaborazione e sostegno. Liberandoci dall’obbligo di lavorare per vivere, potremmo liberare forze che fino ad ora sono rimaste sconosciute. Potremmo decidere di lavorare meno e dedicare più tempo ai nostri interessi, ad abbellire la nostra vita, il quartiere dove viviamo, a coltivare rapporti umani più sinceri. Eeeeh ma Michele, questa è utopia!!! Si e allora? Vi fa schifo considerare tutti gli esseri umani degni di una vita serena, quando ora 5 miliardi guardano 1 miliardo di persone che se la spassano? Vi fa schifo avere più tempo per gustare la vita da giovani? Vi fa schifo sognare? I limiti ce li creiamo noi pensando di dover continuare a sostenere questo sistema economico e sociale, i limiti ce li creiamo perché abbiamo perso la capacità di creare idee. Mi capita sempre più spesso di parlare con persone che sono a favore della legalizzazione delle droghe leggere, dei matrimoni gay ecc ecc, ma sull’euro e sull’Europa non si discute. Oscurantismo totale! Perchè questa moneta è così importante da dover sacrificare la vita di milioni di europei? Perché questa moneta va sostenuta a tutti i costi? Perché se parliamo di svalutazione di una eventuale nuova lira ci sentiamo dei traditori, mentre in giro per il mondo tutti stanno cercando di svalutare, USA, Giappone, Russia, perfino la Francia cerca di farlo tramite forme alternative (http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-02-19/svalutazione-competitiva-francia-facendo-102421.shtml?uuid=Abam5nVH). Da dove nasce l’infallibilità dell’euro che suona tanto come l’infallibilità del Papa? Ripeto, le risposte non sono semplici, i responsabili tanti, ma il concetto di fondo è che la libertà è responsabilità, la schiavitù è obbedienza. Se io devo obbedire a questa Europa e a questo euro, no grazie, preferisco essere libero.

giovedì 14 febbraio 2013

Cosa vi rende felici? Vi racconto la mia storia...

“Micheleeee, vien su che zè tardi e te ghè da fare i compiti”. Questo è l’unico ricordo del mio primo giorno di scuola. I compagni, la maestra? Si ciao, l’unico ricordo è mia mamma che grida dalla terrazza ordinandomi di salire perché bisognava fare i compiti! Su per le scale mi ricordo di aver pensato perché mai dovevo fare i compiti se ero già stato a scuola 4 ore alla mattina. Settembre 1989, all’epoca di Michele Cogno. Quell’anno vide eventi storici decisamente più importanti, ma per me quelle urla che arrivavano dalla terrazza erano le uniche cose che avevano senso. Avevano senso perché era pronto da mangiare, perché c’erano quei dannati compiti da fare. La storia scritta ci racconta che quell’anno cadeva il muro di Berlino, che qualche anno dopo sarebbe arrivata Tangentopoli e Mani Pulite, che sarebbe nato un partito quale Forza Italia, che nel 1994 perdemmo la finale dei mondiali contro il Brasile, che nel 1996 morì 2pac (gran tragedia), che qualche anno dopo entrammo in Europa ecc ecc. E poi le guerre, l’Iraq, la Bosnia, il Kosovo, questo ci raccontano i libri di storia. All’epoca quei fatti avevano Senso per me? No, o almeno era marginale, poco tangibile. E allora cosa aveva senso, e cosa ha senso nella mia vita? Nella mia infanzia avevano senso altre cose, aveva senso andare a scuola con la camicia nuova e sentirsi talmente figo da camminare un metro sopra a tutti. Aveva senso in aprile, al sabato mattina scendere con mio papà in orto a vangare e il 25 aprile fare la prima semina (tradizione mantenuta per anni). Aveva senso chiamare Matteo, Loris, Alberto e andare a casa loro a giocare sapendo già che alla sera avremmo mangiato assieme. A casa di Loris la mamma faceva un hamburger con patate fritte impareggiabile, a casa di Matteo la Marina ci dava sempre il thè coi pan di stelle e a casa di Alberto sua mamma faceva dei biscotti con le noci che appena usciti dal forno si sentiva il profumo fin giù in garage. Aveva senso in estate uscire giù in strada e giocare per ore sull’asfalto a calcio, con il pallone che finiva ovunque, una volta sul giardino degli americani, un’altra volta dietro il cassonetto, un ‘altra volta finiva in fondo alla strada. Aveva un senso sentire il papà della famiglia americana che ci abitava di fronte suona il pianoforte alle 3 di mattina, o vederli picchiarsi in strada per risolvere qualche bega familiare. Erano pazzi furiosi, ma erano persone squisite, sempre disponibili, aperte. Erano persone che portavano un’altra cultura e all’epoca imparavo tanto da loro come loro da me. Aveva senso quello e niente altro, non mi chiedevo perché erano li, a fare cosa, per conto di chi. Erano persone, erano amici e per me era bellissimo. All’epoca avevano un senso tutti i ragazzi del quartiere. Mio fratello in primis, Diego e Manuel, Devis, Giancarlo, Simone e Edo. Aveva senso trovarci a casa di Giancarlo col Monopoli che diventava un campo di battaglia, o andare in garage dal papà di Diego e Manuel quando ammazzava il maiale. Aveva senso andare ad aprire i cassonetti e portare a casa i giocattoli che gli americani buttavano via (e ne buttavano via a camionate) per esibirli come trofei. Aveva senso andare dal barbiere assieme a mio fratello, con lui che pedalava e io dietro sul portapacchi della Graziella. Aveva senso dirlo a nostra mamma e sentirci riempire di parole. Ma vi immaginate la scena, in giro per Camisano sopra al portapacchi della bici? Era come essere Cesare che entrava a Roma da vincitore. Aveva senso giocare a calcio in giardino, sfracellarsi un dito del piede calciando la muretta e vedere mio fratello piegato in due dal ridere. Aveva senso andare dal nonno di Matteo e buttarci giù dalle balle di fieno e sentire la pelle che grattava. Aveva senso giocare a nascondino in mezzo ai campi di sorgo o scappare dai cani che ci correvano dietro. Aveva senso cadere nel fosso, arrivare dentro casa e sentire la Marina: “Ben Michele, sito cascà dentro al luamaro?”. Poi tutti giù a ridere. Aveva senso andare dalla nonna Dorina armati di canna da pesca alle 6 di mattina e passare ore a pescare, arrivare a casa della nonna, pulire il pesce e mangiarlo. Non mi ricordo più quante volte mio papà ha dovuto togliere il filo incastrato ai rami perché io dovevo imitare Sanpei. Mi ricordo il granaio dove c’erano i “Topolino” da leggere e mia nonna che diceva sempre: “Vegner zò suito che zè pericoloso”. E io che facevo le scale a 4 a 4, correvo in granaio, prendevo a caso 4-5 “Topolino” e scappavo giù senza nemmeno il coraggio di guardare cosa ci fosse di preciso in quella stanza, anche se ovviamente c’erano la stega, l’umo nero, il lupo mannaro e ovviamente il più cattivo di tutti, il “Salbaneo”. Aveva un senso il letto dove mi nonna mi faceva dormire, fatto di piume che alla mattina eri praticamente risucchiato dal materasso e ti serviva il gancio traino per uscirne. Aveva senso giocare per ore in garage a ping-pong con tavolo fai da te costruito da papà Romeo (le dimensioni deve averle prese l’unica volta che si è ubriacato perché erano un tavolo più largo che lungo, ma son dettagli), oppure sfidare mio fratello a calcio. Oddio calcio, una specie di lotta maori fatta con un pallone. Erano botte, botte vere che prendere gol era decisamente più grave che prendere un brutto voto a scuola. Aveva un senso saltare la rete dietro casa e fare le gare saltando le maree di fieno fino a perdere il fiato, o guardare per ore il trattore di Ambrosini che tagliava l’erba. Aveva senso appena finito di piovere scendere in orto e spalmarsi di fango per fare finta di essere un super eroe. Avevano un senso i compleanni, dove era lecito tutto, si faceva di tutto, ci si faceva un male cane, si andava a casa distrutti, ma poi si parlava per una settimana di quell’evento. I regali contavano poco, l’importante era giocare, sfidarci a calcio, a nascondino, a fare la guerra, mangiare il dolce e ingozzarci di patatine e pop corn e fare i rutti con la Coca Cola. Aveva senso dare una mano alla mamma a fare la pasta per la pizza, o gli gnocchi o le tagliatelle e poi rubarle pezzi di pasta grossi come palloni da calcio e mangiarli crudi e sentire lo stomaco che si attorcigliava. Ma quanto buona era quella pasta. Aveva senso avere due genitori “contro corrente”, che portavano mio fratello a fare il buco all’orecchio e chiedevano a me: “Vuto farteo anca ti?” o che mi chiedevano ogni volta che andavo a tagliare i capelli che disegni mi sarei fatto in testa. Avete presente quella sensazione di poter osare, provare, sperimentare sapendo che non sarei stato giudicato? Questo aveva un senso anche se l’ho capito solo dopo diversi anni Poi crescendo il senso era andare al campetto ogni santo giorno a giocare a basket, telefonando al mio amico G (Andrea): “Ciao G, scolta…rivo casa tua alle tre e mezza” e alle due meno un quarto ero già sotto casa sua. Non tornare prima delle 8 di sera con mia mamma preoccupata e mio papà che diceva: “Vara che qua ghemo zà magnà, se te voi te magni e senò te salti” ma non in tono minaccioso, semplicemente facendomi capire che c’erano delle regole e che se volevo le rispettavo, altrimenti ne pagavo le conseguenze. Avevano un senso i primi amori alla medie che ti facevano sognare per ore e poi d’incanto sparivano. Aveva un senso non dormire mai il sabato notte perché alla domenica mattina c’era la partita e l’agitazione non ti faceva chiudere occhio (oggi come allora). Aveva un senso alle scuole medie intuire che la scuola e chi comandava difficilmente accettava la diversità, la novità, ma preferiva l’uguaglianza e il conformismo. Aveva un senso soffrire per quelle diversità, aveva un senso proteggerle e continuare per la propria strada anche se tutto ciò ha comportato difficoltà, brutti periodi e incomprensioni. Aveva un senso ritirare l’attestato di terza media guardando quei dirigenti come alieni che non conoscevano nulla di tutti noi e pretendevano di essere importanti ai nostri occhi. Aveva un senso sentirsi scorrere dentro una forza come se potessi spaccare il mondo, sentirsi attraversare da sogni, speranze, avere un ventaglio di possibilità. Sentire che il tuo mondo era quello li, fatto di persone, di scelte, di errori, di cadute e di nuovi inizi. Sentivo di appartenere a quel mondo e lo vivevo come se fosse il miglior mondo possibile Tutto quello che ho scritto ha per me un senso e ha un senso farlo riemergere ora perché questi ricordi mi danno un senso di appartenenza, mi infondono felicità e serenità e mi fanno rimettere i piedi per terra ricordandomi che siamo persone e che come tali agiamo, sbagliamo e provando a correggerci, per migliorare, per trovare uno scopo alle cose, uno scopo alla vita. Vado oltre, so per certo che chiunque abbia letto queste righe sia tornato indietro a rivivere i suoi momenti felici. Non scrivo per pubblicità o perché mi sento superiore. Scrivo queste esperienze per ricordare a me stesso e a voi che siamo persone, che vogliono vivere felici, amate e rispettate, voglio vivere circondate da amici, vogliono inseguire e raggiungere i propri sogni, vogliono emozionarsi, vogliono sentire la vita scorrere dentro e vogliono appartenere al mondo. Mi sono stancato di sentire che non è possibile, che dobbiamo fare i sacrifici oggi per un futuro migliore. No il nostro futuro è oggi e oggi dobbiamo pretendere felicità, ognuno per quello che sente. Se siamo venuti al mondo solo per pagare debiti e fare sacrifici, allora questa vita non ha più Senso. Ritrovarsi con gli amici di sempre in una calda serata di luglio davanti ad un pizza e ricordare i momenti felici passati assieme, questo ha Senso, questo è Vita. Il resto è un trucco.

domenica 10 febbraio 2013

Le cazzate sulla spesa pubblica

Post un po’ più tecnico degli ultimi ma visto che ci avviciniamo alle votazioni, do qualche numero per capire quante bugie ci stanno raccontando i politici, giornali , tv, dibattiti ecc ecc. Il grafico che vedete è la spesa pro-capite (pulita di inflazione ecce cc.) dal 1990 a oggi nei principali paesi europei. Credo di non dover aggiungere altro a quello che già i dati mostrano. Gli unici, ripeto gli unici, lo ripeto ancora che magari non è chiaro, gli unici a ridurre e di molto la spesa pubblica pro-capite siamo stati noi. Se nel 1990 si spendeva circa 16.000 euro pro-capite ora se ne spendono poco meno di 14.000. Gli altri paesi europei invece l’hanno aumentata sensibilmente.
Fine del post se non fosse per alcune domande che vi voglio porre. Ma perché se la spesa pubblica è calata, è aumentato il debito pubblico? Perché tutti i partiti vogliono ridurre la spesa pubblica? Perché la colpa della crisi sembra da imputare alla spesa pubblica fuori controllo? Risposte brevi: il debito pubblico è aumentato perché il nostro debito è formato al 95% da interessi. Il problema è iniziato nel 1981 con la separazione del Ministero del Tesoro da Bankitalia (che ha fatto schizzare i tassi di interesse). È poi proseguito con la privatizzazione di Bankitalia del 1992 e la firma del Trattato di Maastricht. Si è poi concluso con l’introduzione dell’euro. Perché i partiti vogliono ridurre la spesa pubblica? O mentono sapendo di mentire o sono mal informati. In entrambi i casi stanno semplicemente lavorando contro il nostro benessere, contro la nostra felicità, contro il nostro stato sociale e ci hanno di fatto tradito e hanno tradito la Costituzione Italiana. Hanno cominciato a fare tagli lineari a scuola, sanità, ricerca, università ma sugli F-35 la discussione è ancora aperta. La guerra fa schifo, la spesa militare è improduttiva, è dannosa per i nostri interessi, è denaro sprecato, è denaro tolto alla felicità della nazione. Volete cari partiti diminuire la spesa pubblica? Bene, rifiutate tutti gli accordi per l’aumento degli armamenti e l’ammodernamento dell’esercito. Fate fare qualcos’altro al nostro esercito, ritirate i soldati da tutte le guerre nelle quali sono impegnati. Risparmieremo di netto un pacco di euro da investire in attività decisamente più utili socialmente. Abbiate poi un sussulto di dignità, spiegate alla gente perché c’è il debito, spiegate perché paghiamo così tanti interessi. Berlusconi, Bersani, Monti, che dite, per una volta ci dite la verità? Siccome credo non lo farete mai, a me e a molti altri non resterà che non votare, che lasciarvi da soli mentre la storia va in un’altra direzione. Rimarrete da soli, come soli erano i banchetti di PD e SEL ieri in centro a Vicenza. Banchetti vuoti, con appese due bandiere e nessuno sotto il gazebo. La storia vi sta cancellando ma ancora non ve ne siete accorti. Ultima risposta: perché la colpa della crisi viene addossata alla spesa pubblica? Semplice, perché se la spesa pubblica viene bloccata e azzerata, la gente per sopravvivere dovrà indebitarsi. E da chi andrà? Dagli unici attori che hanno i soldi, ovvero le banche, le finanziarie e la mafia. Che poi non c’è differenza tra i tre. E chi sta facendo soldi a palate dalla crisi? Grandi banche, grandi finanziarie e mafia. Il grafico per quanto freddo vi dice questo, vi dice che i partiti ci stanno sommergendo di cazzate, che stanno spostando i veri problemi verso finti problemi. Il grafico vi dice che tv, giornali, web stanno riempiendo le nostre giornate di un nulla impacchettato col fiocco. Stanno fingendo, ci stanno depistando, ci dicono che loro sono la soluzione. Abbiate il coraggio di dire queste cose in faccia ai nostri politici, ai nostri amministratori. Liberiamoci dalla paura, liberiamoci dall’idea che loro sono inarrivabili e intoccabili. Liberiamoci da chi continua a raccontare cazzate. E facciamolo con i dati, facciamolo con la precisione delle notizie. Le cazzate le stanno dicendo loro. la fonte del grafico è il sito www.nelmerito.com

venerdì 1 febbraio 2013

A volte, devi dimenticare quello che vuoi, per ricordarti quello che meriti

Credo che mia mamma mi odi. Ogni volta che vado dai miei genitori a mangiare finisce sempre con una discussione lunghissima e faticosa sulla crisi, sulla moneta, sull’anomalia dell’euro, sui poteri forti ecc. ecc. Ma l’ultima la discussione è partita diversamente, perché papà Romeo mi ha preso in contropiede con una domanda che non mi aspettavo: “Michele, io ho capito, l’euro che ha distrutto l’economia italiana, la finanza, la moneta non sovrana, la nostra politica succube dell’economia e tutto il resto, il silenzio di tutti, ma come facciamo a dirlo alla gente? Come facciamo a dirgli queste cose senza passare per pazzi visionari, comunisti, fascisti, nazionalisti? Tradotto, come facciamo a dire alle persone che la madre, o il padre dei problemi è il sistema economico? No no, non ho ricette e tanto meno mi sento nella posizione di avere delle verità. Scriverò alcune cose che mi sembrano di buon senso, che mi sembrano utili, che mi sembrano concrete. Ma nulla di più. Partiamo dalla prima e dalla più importante. Credo tutti siamo stati dal dottore per qualche linea di febbre. Il dottore ti visita, e alla fine ti dice che hai una bella influenza. Ma alla tua domanda: “Ok dottore, come la curiamo?”, lui risponde: “Eh cario mio, è proprio una bella influenza eh”, “Si dottore, ho capito, ma come la curiamo”, “Eh sa, proprio una brutta influenza, quest’anno poi è particolarmente aggressiva”. Voi in cerca di soluzioni e il dottore che vi continua a dire che va male. Questo è l’esempio perfetto di quello che stiamo vivendo. C’è la crisi, c’è il debbbbbito pubblico, c’è la corruzzzzzione, c’è la Casta, c’è la disoccupazione, c’è il fallimento, c’è la perdita di potere di acquisto. Ci sono un sacco di robe brutte, ormai lo sa anche il bambino delle elementari. Si, ma le soluzioni? Eh ma Michele, come fai a parlare di soluzioni? C’è la crisi, bisogna fare i sacrifici, tirare la cinghia. Quando passerà la crisi, penseremo alle soluzioni. Il costante senso di urgenza non ci permette di guardare a lungo termine, ci fa solo sperare che domani vada bene, che le cose che abbiamo ottenuto non ci spariscano da sotto gli occhi Eccovi confezionato la fine del pensiero, c’è la crisi non è tempo per pensare. E invece è la crisi che ci impone di cambiare, di pensare, di rivedere, di studiare, di essere coraggiosi verso noi stessi. È la crisi che racchiude l’opportunità. La crisi crea opportunità, l’ho appena scritto. Ma come facciamo a cogliere l’opportunità? Cosa ci permette di cogliere l’attimo per dare una speranza alla gente? Pensiero mio personale tradotto in tre fasi: studio, coraggio, applicazione. Prima fase: lo studio. A cosa serve? Ad avere gli strumenti, ad avere le basi per elaborare buone teorie e buone pratiche economiche, sociali, culturali e politiche. Chi in questo momento comanda in Italia, in Europa, al Fondo Monetario, alla Banca Mondiale ecce cc, sono laureati a pieni voti nelle migliori università del mondo. Sono avvocati, economisti, giuristi ecc ecc. Hanno una preparazione capillare, sono determinati e convinti su quello che fanno. L’inizio dell’alternativa nasce dallo studio, nasce dal superarli nel loro campo, nasce sapendo che faremo le cose nel miglior modo possibile. Credete veramente che i burocrati europei a Bruxelles siano preoccupati dichi sciopera, urla, incendia cassonetti o distrugge una vetrina di una banca? Io credo di no, perché la preoccupazione di quei signori è che nessuno arrivi a maneggiare l’economia, a capirne i dettagli, le leggi e i trattati. Essere in parlamento e votare leggi europee complesse richiede una preparazione specifica. Studiare per poter dare risposte, alternative, per poter dire di no. Lo studio ci serve per capire che il problema energetico, il problema del lavoro, della distruzione dell’ambiente, della scuola, della sanità sono tutti problemi contenuti in un problema più grande che è il nostro sistema economico. Quando la smetteremo di trattare tutto e tutti come merci allora potremo risolvere qualcosa, prima no! Ecco il primo passo, lo dico soprattutto per i più giovani. Studiare. Seconda fase: il coraggio. Va insegnato, va coltivato, va incentivato a tutti i livelli. Non è sufficiente essere preparatissimi, con 5 lauree se poi quello che sappiamo non lo mettiamo a disposizione degli altri. Il coraggio di essere se stessi, il coraggio di pensare con la propria testa, il coraggio di mettere in discussione le proprie convinzioni, il coraggio di guardare i dati per quello che sono. Il coraggio di infrangere la legge, se quella legge è ingiusta. Rosa Parks è un esempio di coraggio, nonostante non avesse mai studiato, nonostante non avesse una laurea. Se si sente che una cosa è sbagliata lo si dice o lo si scrive. Il coraggio insegnato e mostrato prima di tutto. La questione è cruciale, perché serve il coraggio? Perché attraverso il coraggio possiamo ottenere la libertà e la felicità. Per cosa siamo venuti al mondo? Per pagare le rate di una vita ad interessi zero? Per farci vendere o comperare come merce? Per essere terrorizzati dal fisco, dal redditometro, da Equitalia? O siamo venuti al mondo per essere felici, per avere amici, per scoprire l’amore, la gioia? Il coraggio ci serve per smascherare un sistema fatto da persone, semplici persone che hanno un ruolo e non un potere. La Fornero non ha potere, ha un ruolo che è quello di rendere legge i consigli che arrivano dall’europa, così vale per Monti, per Grilli, vale per i partiti politici che fanno da cinghia di trasmissione, vale per i sindacati. Chi allora ha il vero potere? Chi decide veramente della nostra vita, dei nostri stipendi, del nostro futuro, del nostro ambiente? Il coraggio infine ci serve per rivendicare l’unicità e la bellezza della nostra vita. Terza fase: l’applicazione. Una volta che abbiamo gli strumenti teorici, le alternative sociali e politiche e una volta smascherato il finto potere dei signori citati sopra, ci serve l’applicazione. L’applicazione per darci regole che tutelino tutti, che non permettano l’esistenza di 8 milioni di italiani sotto la soglia di povertà, che non permettano la disoccupazione. Regole che ci liberino dalla burocrazia e dalle scadenze. Regole per porre fine a strumenti finanziari spericolati, depredatori e parassiti. Regole che liberino la creatività di ogni persona. Nell’applicazione è sottointeso un aspetto fondamentale. Ovvero abbandonare i nostri personalismi, i nostri idoli, i nostri partiti, le nostre piccole parrocchie (intese come gruppi) per arrivare ad avere un obiettivo comune. È quello che hanno fatto più o meno 70 anni fa i signori che ora comandando la nostra vita. Non è successo per caso, è successo perché hanno studiato, hanno avuto coraggio e si sono applicati per uno scopo univoco. L’articolo 1 di una nuova Costituzione dovrebbe suonare così: “l’Italia è una Repubblica che tutela la felicità di ogni persona”. P.S: Queste sono le discussioni che si affrontano in casa Cogno all’ora di pranzo, con mia mamma che mi guarda con quei suoi occhi bellissimi e mi fa: “Ciò ma vialtri do non gavì mia gnente de mejo da fare che parlare de tutte ste sfighe?” e che ogni volta che la saluto dopo dei pranzi da mille e una notte mi guarda e mi fa: “gheto magnà abastansa, che non te vai via co fame”. È per questo che adoro mia mamma, lei deve aver scoperto il segreto della felicità perché ogni volta che la vedo dimostra serenità e mi accoglie con un sorriso. Lascia me e mio papà a “scannarci” per ore sulla politica.