venerdì 21 settembre 2012

Facebook....e la nostra più grande paura

Quel giorno doveva arrivare, speravo non sarebbe mai successo e invece un lunedì di fine agosto appena messo piede a casa dei miei vengo “assalito” dalla voce di mio papà che dallo studio esclama con voce fiera: “Micheeeleee, qua zè ora che me fassa feisbuc anca mi”. Sapevo che prima o dopo sta domanda sarebbe arrivata alle mie orecchie. Eh va bè, mica uno può sottrarsi ai suoi obblighi. La scena è più o meno sempre la solita, mio papà sulla poltrona, gambe sulla scrivania e sguardo di quelli che guardano lo schermo con io guarderei Terminator che mi bussa alla porta. Avete inteso? Mail, password, primo accesso, papà serve una foto, papà questi qua li conosci? Papà questa è la Home dove vedi tutto quello che scrivono gli altri, questa è la tua pagina personale, qua è dove mandi i messaggi come fai con la posta di virgilio? OK? Qui in alto a sinistra vedi le richieste di amicizia e vicino li ci sono le notifiche? Cioè? Quando una persona scrive qualcosa dove ci sei anche te ti viene notificato. Chiaro? No Michele, ma va ben lo stesso! Papà è tutto qua non c’è molto altro da dire. Mi guarda e sentenzia: “Ah bè, solo cassade quindi, va bè staca tutto che tanto non me ne frega un casso, de cassade ghi ne zè zà massa (traduzione: “Ah bè solo cazzate quindi, stacca tutto che tanto non mi frega nulla, di cazzate ce ne sono troppo in giro). Scrolla le spalle, si gira e va in cucina. Fine del rapporto Facebook-papà Romeo con quest’ultimo che sembra tanto il vincitore morale dello scontro. Un uomo di 60 e passa anni che liquida facebook con una scrollata di spalle e subito penso: “Vabbè, non gli è chiarissimo lo scopo o l’utilizzo”. Ma quella scrollata di spalle non mi lascia del tutto indifferente.
Ci penso e ci ripenso i giorni dopo, qualcosa comincia a non tornarmi, avete presente quel sassolino di sabbia dentro le scarpe? Una piccolezza ma fastidiosa, che si fa sentire e più ti muovi e più la senti. Allora una sera mi fermo e mi faccio un paio di domande: “Michele, ma te cosa vuoi trasmettere? Qual è lo scopo del tuo impegno e sacrificio? A cosa punti realmente?” No no, non sono paranoie prima di andare a dormire, sono domande, come quando si compera una macchina nuova e uno si chiede: “Ma che faccio, la tiro a 160 all’ora per vedere come va? O guido con prudenza perché non la conosco ancora come macchina?”. Domande, a cui bisogna darsi una risposta e poi comportarsi di conseguenza. Perché se mi dico di guidare con prudenza, il comportamento non potrà essere piantare il piede sull’acceleratore fino ai 160 all’ora. Alle 3 domande di prima le risposte (o la risposta) sono queste: voglio trasmettere agli altri la possibilità che esiste un cambiamento consapevole, che non necessariamente richiede lo scontro, che lo possiamo avere. Punto a rendere “manifesta la luce” che c’è in tutti noi perché come diceva Nelson Mandela non c’è nulla di bello nel vivere da piccole persone, dobbiamo vivere da grandi persone così libereremo anche chi ci sta vicino. Mi sono quindi dovuto chiedere quali strumenti fossero utili per rendere manifesto il mio cambiamento e quello che sto facendo per me e per gli atri. Basta poco, staccare la testa, e guardare al passato. La rivoluzione francese è avvenuta senza internet, senza telefono e senza giornali. I partigiani hanno combattuto i nazisti senza internet, quasi senza telefono, morendo sulle montagne per fare in modo che ad esempio io oggi possa essere seduto sul divano a scrivere. Le donne hanno ottenuto le leggi su aborto e altro senza internet. Martin Luther King e Malcom X hanno condotto una rivoluzione senza internet. “Eh si bravo Michele, ma adesso è tutto diverso”. Ah si? Io personalmente mi sono rotto di vivere seguendo la corrente, seguendo le chiacchiere degli altri, seguendo questa cultura della visibilità dove il nostro ego viene amplificato dalla frase ispirata messa su Facebook, o dal video postato, o dal link condiviso o dal mi piace su 3000 cose. Ho capito (ma non credo di essere l’unico o di essere particolarmente sveglio) che non è uno strumento utile se per ogni cazzata scritta sulla crisi economica devo rispondere, non è uno strumento utile perché ogni cosa che “posto” viene fagocitata nel giro di 10 secondi e quello che prima era bello ora è vecchio e dimenticato. “Eh ma Michele, serve per la libera informazione”. No, un cazzo (oh sempre secondo me) perché se fossimo realmente informati avremmo già preso il Presidente Monti e messo in galera. Facebook fa solo da cassa di risonanza ma non crea nulla e non distrugge nulla. Altrimenti da quando esiste Facebook dovremmo avere 60 milioni di cittadini informatissimi in grado di creare una società migliore, più giusta, più democratica, più educata, con più benessere per tutti. E invece? E invece è sempre peggio perché Facebook come dice un mio carissimo amico è una piazza, dove la gente va al bar a chiacchierare. Ma al bar non si cambia il mondo e non si sconfiggono le ingiustizie. Poi ci sono le piccole cose, per dire si “linka” un video di una canzone per condividerla. Ok bene, ma tu non l’hai condivisa, perché condividerla significa avere qualcuno al tuo fianco e dirgli: “Oh ma hai sentito che bella sta canzone?”. Se la metti sulla tua bacheca è tua, punto. Non hai condiviso nulla, hai messo li una tua verità. Metti un post intelligente sul Fiscal Compact o su qualche altro abominio di questa Europa e i commenti languono. Scrivi che stai mangiando le patatine nudo sul divano e si intasa la bacheca. Si, lo so, sono esempi scemi e un forse troppo generici, ma mi servono solo per dimostrare che Facebook non crea massa critica, è solo uno specchio. Per i miei obiettivi questo strumento è diventato inutile, come quando cresci e capisci che se vuoi andare al campo a giocare con i più grandi, non puoi più portarti dietro l’orsetto di peluche. Se voglio (o vogliamo) crescere, e quando scrivo crescere intendo consapevolezza, passione, esempio positivo, intendo dedizione e amore, allora ci accorgiamo che Facebook (ma anche altri social network) sono di per se inutili o ampiamente marginali, tanto quando portare il peluche al campo. Non ti serve il peluche quando sei li a giocare con gente più grande dove le botte, le spinte sono vere e fanno male. L’orsetto lo si lascia a casa perché inconsciamente si vuole dimostrare di essere all’altezza. Facebook è la medesima cosa, ovvero visto che punto ad un cambiamento, ad essere più consapevole, a dare un esempio positivo, non mi serve sapere che a 10 persone piace la mia frase figa, o che 300 persone condividono con me la passione per quello sport o per quel libro. E non ho bisogno di ingigantire il mio ego mettendo video, foto, link. Non ho bisogno di essere sempre in linea per spiare il mondo. Non voglio spiare il mondo, lo voglio vivere il mondo. Poi che sia bello o brutto sta a me deciderlo. “Eh ma Michele, Facebook non è buono o cattivo, dipende da come lo utilizzi”. Certo, sono perfettamente d’accordo e siccome io lo utilizzavo principalmente per divulgare notizie economiche, politiche mettendo diversi link, scrivendo anche cose dure, bè ho scoperto tutto quello di cui sopra, ovvero che non puoi fare il cavallo di Troia rimanendo dentro a Facebook. Non puoi dire alla gente che Facebook non ti serve se poi rimani dentro. Settimana scorsa ho avuto una piacevolissima chiacchiera con il mio amico Enrico (che fa il fotografo amatoriale). Lui usa lo usa per lavoro, per promuovere le sue foto e cercare opportunità di farsi conoscere. Nulla da dire, ineccepibile, fa bene a farsi pubblicità con poco sforzo e gratuitamente. Gli ho spiegato che non dovendo pubblicizzare un prodotto ma una idea di cambiamento profondo, ho semplicemente realizzato che non è lo strumento che a me serve. Io scrivo sul mio blog, faccio serate lunghissime a parlare di economia, studio, leggo e applico (o almeno ci provo col massimo impegno) quello che imparo. No, non sono perfetto e anzi i miei limiti sono tanti (la mia ragazza potrebbe fare una lista lunga lunga) ma voglio concedermi la libertà di fare le cose come le sento.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Ottimo, quindi d'ora in avanti solo rapporti reali con persone vere a tu per tu. Come dev'essere in una società di persone vive, veramente vive. Mi sono stancata anch'io dei "Profili - Avatar" di sta piattiforma sociale. Dico solo che sarebbe bello partisse un'onda di prese di coscienza atte a scardinare sto sistema del virtuale. Dopo tre anni ho capito come "non funziona" sta cosa per me. Ora che ne sono uscita sto decisamente meglio. Con stima. Marta Brentegani

Anonimo ha detto...

pubblico un commento arrivato da un lettore del blog, credo parecchio illuminante:

2Riguardo a FaceBook e il mercato azionario (dove sono ferratissimo a differenza della finanza pubblica) vorrei aggiungere che la IPO è stata una delle più grandi truffe della finanza (truffa legalizzata). Non ti voglio annoiare, rapidamente:
* l'offerta iniziale di azioni FB viene reclamizzata come mai era successo nella storia dei titoli azionari.
* Il consorzio di collocamento opta per settare il valore di acquisto iniziale al prezzo più alto indicato nei limiti di offerta
* stranamente lo stesso consorzio decide di partecipare per una cifra che è la metà esatta di quanto annunciato (non hanno mai fornito spiegazioni valide)
* General Motor disdice in fretta e furia un contratto pubblicitario da 10 milioni con FB 2 giorni prima dell'IPO
* Si aprono le danze: chiunque può acquistare e il prezzo va alle stelle nel giro di un'ora
* Zuckemberg che si è inventato una specie di golden share vende una marea di azioni di quelle che danno diritto a un voto (e tiene quelle da 10 voti)
* Inizia il "Problema informatico" se il cittadino vuole comprare nessun problema, se vuole vendere si accumulano ritardi enormi
* di pari passo la quotazione crolla e chi pensava di avere fatto un mordi e fuggi in borsa deve mangiarsi le dita perchè gli ordini di vendita rimangono li
* Il resto è storia. Il crollo è di proporzioni tali che gli 80 miliardi di IPO sono oggi 40 - viene sancito il più grande fiasco di sempre per quanto riguarda un'OPA.
E' successo che le potenzialità di FB sono state misurate con parametri diversi che vanno da 4 dollari di revenue a cliente per un anno fino a 110 (Qualcuno ricorderà la saga di Tiscali). L'euforia è totale e tutti se ne fregano dei conti. Però succede che un disperato con rotoli di carta da calcolatrice che gli pendono dalle braccia bussa in fretta e furia alla porta di JP Morgan e gli avverte del prezzo sballato. E' un'analista indipendente assunto dalla stessa JP per controllare. "Non vale neanche la metà !!" gli urla; questi, di rimando dimezzano la partecipazione e avvisano il loro miglior cliente (GM) di lasciar perdere il contratto da 10 milioni di dollari.
Chi è rimasto a comprare le azioni??? I soliti polli !!!"
Maurizio

Anonimo ha detto...

Ciao Michele provo a registrare un commento

Anonimo ha detto...

Anca el bar se on posto par incontrarse, basta che nol sia l'unico che uno gà.
Ognuno di noi può decidere di impegnarsi per contribuire a migliorare il mondo per ridurre le ingiustizie non certo per eliminarle, c'è anche chi non si accorge di subirle, ma questo per me è già un ottima scelta di vita.
Romeo