giovedì 25 aprile 2013

Discussione tra fratelli e il grande inganno delle tasse....

È il 25 aprile, casa Cogno imbandita con ogni ben di Dio, tagliata cotta a puntino, patate al forno, insalata fresca e chi più ne ha più ne metta. Si festeggia con ritardo il compleanno di papà Romeo. Ci siamo tutti, mio fratello con famiglia, Marta ed io e ovviamente il festeggiato e mamma Giovanna. Serata splendida, fuori dalla finestra un bel sole rosso che si accascia silenzioso dietro le montagne e quel profumo di primavera appena accennato che mi accoglie appena metto fuori la testa in terrazza. Si mangia, si ride, si scherza, si fanno discorsi seri, si sogna con le storie di quando eravamo piccoli, si parla di quello andato in Australia che ce l’ha fatta. Insomma un po’ di tutto come credo siano le rimpatriate famigliari. Ma mio fratello va oltre. Molto oltre. Siamo sul divano, i bimbi con un occhio su e uno già guardano la tv, papà Romeo in un angolo. E tra soli uomini tre sono i discorsi: calcio, donne e politica. Niente calcio perché è festa, niente donne perché il cuore è già stato conquistato anni fa per tutti noi. Resta la politica. Ale (mio fratello) attacca: “Oh Miky, ma Letta?, risposta tra il sorpreso e il deluso: “No Ale varda, assa perdare, Letta el xè el peso del peso, uomo Aspen, Trilaterale, Bilderberg, Commissione Europea per l’entrata dell’euro. E po’ el gà scritto un libro “Morire per Maastricht”, questo zè el peso presidente possibile, fidate”. E sembra finita li la discussione, ma mio fratello tira fuori la chicca della serata: “Si ma mi digo, el PDL parla solo de restituire l’IMU. Mi non go mia problemi a pagare l’IMU, me va ben pagare le tasse, però poi le scuole le deve essere statali, e non costarme na follia, gli asili lo stesso, la sanità completamente gratuita. Poe sembrare l’idea comunista, ma mi penso che ghe demo el giusto a tutti, così tutti almeno parte sullo stesso piano”. Mentre lo ascoltavo mi sentivo come nella scena finale di un film quando il buono sconfigge il cattivo, c’è la scena a rallentatore, la musica trionfale. Primo pensiero: mio fratello è un genio. Secondo pensiero: cazzo, mio fratello è un pericoloso comunista. Terzo pensiero: mio fratello ha capito senza averlo capito (poi ve la spiego) il nocciolo del problema. Ovvero, a cosa servono le tasse? Ecco parliamone. Ci dicono: “Le tasse servono per pagare i servizi”. Falso. Perché? Perché visto che le tasse continuano ad aumentare dovremmo quindi avere migliori o più servizi. E questo è decisamente falso. Abbiamo la CASTA che spreca le nostre tasse. Vero, in parte, perché per primo la Casta in percentuale sulla spesa pubblica conta pochissimo. Che poi faccia schifo e che sprechi su questo sono perfettamente d’accordo. Ma è come se qualcuno mi venisse a dire: “Michele, ma ti rendi conto, spendi 100 euro al mese in caramelle” e io gli rispondessi: “Ciccio, ne guadano 10.000, si magari mangio troppe caramelle, ma il mio bilancio è perfettamente sotto controllo”. Poi, per dirla tutta, non spendo 100 euro in caramelle e soprattutto non guadagno 10.000 euro al mese. Era un esempio. Altro esempio. Anno 0 della repubblica italiana. Il governo ha appena fatto una legge con la quale impone come moneta la “lira”. E sempre per esempio dice che fissa una tassa del 10% su tutti gli stipendi. In questo giro è intrinseco il concetto che se lo Stato vuole che paghi le tasse, bè prima deve darmi dei soldi con i quali pagarle. Mi pare ovvio. Non posso pagare qualcosa con una moneta che no ho. Chiaro? Quindi uno Stato con moneta sovrana (come eravamo prima dell’euro) inventa la sua moneta dal nulla e la utilizza per sostenere la spesa pubblica. Si signori, crea dal nulla dei pezzi di carta e li da ai lavoratori che poi la utilizzano, la spendono e ci pagano le tasse. Dentro a questo banale esempio (che poi banale non lo è perché funziona veramente così) vi spiego che prima uno Stato emette moneta (spende a deficit) e solo dopo riscuote le tasse. Uno Stato quindi per finanziare la sua spesa pubblica non attende che gli ridate indietro i soldi tramite le tasse, semplicemente li inventa dal nulla e ve li da. Anche perché, facciamo l’ipotesi che nell’anno 0, il governo italiano decide di emettere moneta per 100.000 lire. A fine anno riscuote tasse per il 10%, quindi 10.000 lire. Se fosse vero che le tasse pagano i servizi, lo Stato potrebbe spendere solo 10.000. Ma l’anno dopo le tasse sarebbero 1.000 lire (10% di 10.000) e via così. Non è logico, non succede questo. Succede invece che uno Stato a moneta sovrana può sempre spendere prima di incassare le tasse, per il fatto che la moneta se la può inventare. A cosa servono le nostre tasse oggi con l’euro? A garantire il debito pubblico. E visto che il debito pubblico continua a salire per colpa degli interessi (e non della spesa pubblica) le nostre tasse continueranno a crescere. Ogni stato che ha adottato l’euro, non può più inventarsi la moneta, ma la deve chiedere alle grandi banche nazionali e questo limita il potere del governo, limita la democrazia. In sostanza voi pagate le tasse per permettere ai detentori di titoli di stato italiani di ricevere un interesse. Servizi pubblici e tasse non hanno un legame così ferreo. È ferreo invece il legame aumento del debito pubblico, aumento delle tasse. Questo legame è davanti ai nostri occhi. Cosa significa tutto questo? Che chi vi impone i sacrifici a suon di tasse vi sta mentendo, che chi vi dice che recupererà il gettito fiscale dall’evasione per dare più servizi, riduzione delle tasse vi sta mentendo. Le vostre tasse ingrassano tramite il prelievo pubblico, le tasche di chi detiene il nostro debito pubblico. Chi detiene la più larga fetta del nostro debito pubblico? Dai che è facile. Mio fratello senza aver mai preso in mano un libro di economia politica o di macro economia ha capito al volo che c’è qualcosa che non torna, che ci stanno prendendo in giro. No, mio fratello non è un genio con doti di veggenza e nemmeno uno stupido. È una persona che guarda la realtà, si fa delle domande e capisce con gli strumenti che ha a disposizione che c’è qualcosa che non va. Da come ha posto lui la questione, ho capito che l’economia è molto semplice da capire se c’è l’intenzione di farla capire. Se siamo arrivato a questo punto, con una crisi economica disastrosa, significa che qualcuno ci ha nascosto il vero significato dell’economia. Ecco perché mio fratello ha capito, senza averlo capito dove sta il problema.

domenica 21 aprile 2013

L'Europa è stata creata per aggravare le crisi....qui vi spiego perchè questa Europa non ci serve

Questo post sarà una rottura di scatole, ve lo dico io per primo. Sto giro scrivo di trattati europei, di regole disattese, di bugie palesi e verità nascoste. No, non vi potrò dire tutto tutto tutto, questo post è solo una parte della storia, ma come ogni storia ci sono dei dettagli importanti, che vanno spiegati e dimostrati. Ogni volta che qualcuno mi chiede dell’euro e dell’Europa la mia risposta è sempre questa: “Non sono antieuropeista e non c’è da stravolgere tutto per far si che l’Europa funzioni a favore dei popoli. L’euro è una moneta senza sovranità in mano ad una banca privata totalmente indipendente dal potere politico. Questo è il nocciolo del problema, o ne parliamo o siamo già tutti spacciati”. Tradotto, io non ho nulla di nulla contro i tedeschi, i francesi, gli spagnoli, i greci. Sono persone come me, come tutti voi, con i loro sogni, con i loro problemi, con le loro aspirazioni, con le loro gioie e ansie quotidiane e ritengo che tutti i cittadini europei meritino molto di meglio che questa Europa e questo euro. Quello che voglio fare in questo post è farvi capire che l’indipendenza totale della BCE è un suicidio programmato, una volontà dei tecnocrati che hanno firmato Maastricht di imporre un sistema monetario che avrebbe disintegrato l’economia, lo stato sociale, la cultura, la ricerca e di fatto la nostra società. “Eeeehhhh dai Michele, sei il solito catastrofista, complottista! Piano, guardatevi attorno, le situazioni tragiche le vedete tutti, o no? Il Sole24ore l’altro giorno scriveva che da inizio anno sono fallite 31.000 aziende in più di quelle che sono nate nuove (http://www.radio24.ilsole24ore.com/programma/focus-economia/2013-04-19/verso-expo-2015-stallo-184644.php?idpuntata=gSLA81B8N&date=2013-04-19). Ma molto più semplicemente mi capita di sentire clienti al telefono che singhiozzano, che non sanno se verranno pagati, che non sentono nemmeno più il telefono suonare in ufficio. Vado a mangiare in pausa pranzo e la cameriera della pizzeria d’asporto è disperata perché a fine mese chiuderanno, e li lavorano lei e la figlia. Gli esempi si sprecano. Un po’ di storia prima di darvi tutti i riferimenti pe capire la situazione attuale e i possibili colpevoli. Con l’entrata nella moneta unica, è avvenuto un aggancio della lira al marco (si chiama euro, ma di fatto è un aggancio alla moneta tedesca, molto più “forte” della nostra). Con l’entrata della nuova moneta, lo Stato italiano ha perso completamente la sua sovranità monetaria, ovvero ha perso la possibilità di fissare il tasso di cambio e come conseguenza ha perso anche la sovranità fiscale (discorso più lungo, un’altra volta lo affronto eh). Ha perso ovviamente anche la possibilità di svalutare la moneta. “Ecco, Michele sei per la svalutazione che non va bene perché svalutare significa essere deboli”. Piccola parentesi, se svalutare è da sfigati corrotti incapaci, perché la Germania, paese così virtuoso, entrando anche lei nell’euro, non ha mai voluto rivalutare la sua moneta? Perché nel mondo attuale, gli USA, il Giappone, la Polonia, l’Inghilterra hanno tutti svalutato la loro moneta? E ricordatevi bene, che per qualcuno che svaluta, c’è sempre qualcuno che rivaluta. Torniamo a noi, entrati nell’euro abbiamo perso il potere fondante di uno Stato, l’emissione monetaria. Tradotto? Noi tutti viviamo di fatto già in uno ex Stato e in una ex democrazia (anche qui, discorso lungo da affrontare in separata sede). La macro economia ci spiega che per essere “competitivi” con i mercati esteri ci sono 3 sistemi: svalutare la moneta, abbattere le tasse (per far costare meno i prodotti e il lavoro), diminuire i salari. Entrando nell’euro, non possiamo svalutare e non possiamo abbattere le tasse (perché le tasse vanno a pagare gli interessi sul debito, altro argomento da affrontare). Cosa rimane? Sorpresa: diminuire i salari. Ed ecco la lotta della Fornero sull’articolo 18, sull’aumento di ore lavorative degli insegnati, la lotta sugli esodati, sul blocco delle pensioni ecc ecc. La Fornero risponde a queste logiche imposte da certi poteri, non è pazza, è di una lucidità disarmante e di una precisione chirurgica. È stata messa li a fare il lavoro sporco, a fare macelleria sociale. Diminuire i salari significa diminuire la qualità della vita delle persone, significa tutto quello che state vedendo. Meno investimenti, meno spesa, meno cultura, meno tempo libero, meno libertà. La Germania, per prima a partire dal 1999 ha imposto una riduzione salariale interna spaventosa, che ha creato milioni (circa 2,5 milioni) di persone sottopagate e sovra sfruttate. Ha creato migliaia di pensionati in fuga perché non più capaci di sostenere la loro qualità di vita. Questa riduzione salariale ha creato una rivolta politica che ha portato partiti euroscettici a % grillesche per capirci. Ovviamente per tanti che si impoveriscono (lavoratori salariati tedeschi, spagnoli, italiani, greci e portoghesi) qualcuno dovrà pure arricchirsi. Chi? Oh bè semplice, i super manager delle grandi banche internazionali, i grandi investitori, le grandi multinazionali che vedono i lavoratori lavorare per meno e con meno sicurezze. Qualcuno vince, qualcuno perde. Ovvero se qualcuno esporta e quindi si arricchisce, qualcuno importa e si impoverisce. La parte ancora peggiore è che la Germania dopo aver esportato di tutto in giro per l’Europa, ha pure finanziato a debito il suo export. Tradotto, la Germania vende le sue automobili in Italia, gli Italiani hanno dei risparmi e comprano senza fare nessun debito. L’economia va in crisi (per i motivi più disparati), i salari si contraggono, le imprese chiudono, quindi gli italiani che prima pagavano con i loro risparmi, ora devono indebitarsi per comperare la macchina tedesca. E chi finanzia questo acquisto? Semplice, le stesse banche tedesche che offrono tassi decisamente allettanti. Inoltre l’industria e la finanza tedesca (ma anche altri paesi del Nord) una volta che ha erogato crediti agli italiani (che per noi sono debiti) può venire in Italia e comperare aziende, infrastrutture, brevetti a prezzi stracciati perché i nostri imprenditori, le nostre banche ecc sono alla canna del gas. Volete una parola unica per spiegare il giro appena letto? Ok, ecco qua: colonizzazione. Ne volete una che ancora è tabù pronunciare? Ok, ecco qua: Terza Guerra Mondiale. Senza una bomba, senza un mitra, solo con i capitali, solo giocando sporco e non rispettando i trattati. Ed ecco il punto focale dell’articolo. Vi ho rotto le scatole fino ad adesso, ma mi sto avvicinando alla conclusione. Ecco il nocciolo del discorso, Trattato consolidato sul funzionamento della UE (Carta dei Diritti Fondamentali), articolo 3:
L'Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori e il benessere dei suoi popoli. 2. L'Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l'asilo, l'immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest'ultima. 3. L'Unione instaura un mercato interno. Si adopera per lo sviluppo sostenibile dell'Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un'economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell'ambiente. Essa promuove il progresso scientifico e tecnologico. L'Unione combatte l'esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore. Essa promuove la coesione economica, sociale e territoriale, e la solidarietà tra gli Stati membri.”
Rivediamo i concetti: libertà, sicurezza, giustizia, piena occupazione, economia sociale, progresso scientifico. I trattati prevedono già un sacco di cose belle, non serve rifare tutto, non serve abbattere il muro per poi rifarlo se il muro è costruito bene. Le leggi parlano chiaro, la UE promuove la solidarietà tra gli Stati membri. Da qualche parte su al nord sto articolo deve essere stato tradotto così: “cercate di fregare il prossimo, specialmente i paesi del Sud Europa, indebitateli e poi obbligateli a ripagare quel debito. Siate intransigenti nella riscossione e non fate sconti a nessuno.” Mario Draghi dichiara questo pochi mesi fa:
“Milano, 10 gen - "La piena occupazione non e' il mandato della Bce, lo e' invece la stabilita' dei prezzi". Lo ha precisato il presidente della Bce Mario Draghi in conferenza stampa a Francoforte, rispondendo a una domanda sul parallelo con la Fed che ha deciso di mantenere il costo del denaro allo zero fino a che non raggiungera' un preciso livello di disoccupazione.”
Vi è chiaro il concetto. Abbiamo un trattato di funzionamento UE che sancisce la piena occupazione, la solidarietà tra i Paesi, la coesione sociale ed economica, e dall’altra parte abbiamo un organo completamente indipendente, la BCE, che tramite le parole di Draghi non segue questi dettami, anzi va esattamente nella direzione opposta, ovvero controlla i prezzi e l’inflazione. E come dicevo prima se non puoi svalutare o rivalutare la moneta (come fan tutti eh, non è mica uno scandalo, è solo un strumento come gli altri, sicuramente uno dei più efficaci). Ora come ho detto prima, non occorre radere al suolo tutto, serve una volontà politica da parte di tutti per fare in modo che il trattato di funzionamento UE venga applicato. Questo significa che la BCE, come ogni altra banca centrale deve essere inserita sotto un controllo politico, perché è un braccio operativo del potere politico. Slegare la BCE dal controllo politico genera di fatto una guerra economica (ovvio che non è solo questo il motivo) dove il più forte colonizza il più debole. Questa separazione totale dei poteri e degli obiettivi ha ampliato questa crisi e la sta sicuramente aggravando almeno qui in Europa. Se esistesse veramente la volontà politica, la crisi l’avremmo già alle spalle da qualche anno. Traetene voi le conclusioni. Per me vale quanto detto prima, serve una volontà politica di tutti i governi europei per porre fine a questo disastro. Ci sono già gli strumenti, ci sono già le leggi, smettiamola di tirarci la zappa sui piedi e di pensare che questa crisi sia irrisolvibile con gli strumenti odierni.

sabato 20 aprile 2013

Buon compleanno a papà Romeo....

Lo so. Lo so. Dovrei parlare di crisi economica, finanziaria, della crisi politica italiana. Ci sono un sacco di argomenti urgenti che andrebbero analizzati. Faccio presto a liquidare questi temi: la crisi economica è legata ad una crisi finanziaria del debito privato, e la crisi finanziaria è dovuta ad una crisi politica che a sua volta è scaturita da una crisi culturale. Chi, dove, come e perché sono domande che richiederebbero pagine e pagine e forse ancora non ne troveremmo il dritto. (tranquilli, prossimamente torneranno i post sulla crisi economica) Ma oggi no. Oggi per la seconda volta in questo mese, parlo della mia famiglia. Oggi è il compleanno di papà Romeo. Il che significa che vi beccate un altro post dove vi scrivo cosa rappresenta la mia famiglia. Mi abbandono ai ricordi, perché a differenza di mamma Giovanna che è stata ed è una presenza discreta, leggera, che da l’esempio facendo le cose nel modo migliore possibile, papà Romeo è stato un esempio perché mi parlava, mi spiegava (mi parla e mi spiega tutt’ora), si è messo in prima fila a guardarmi crescere. Nella mia crescita ho dei ricordi nitidi della presenza di papà e dei suoi insegnamenti. Il primo ricordo in assoluto è di una domenica mattina al mercato di Camisano, non ricordo bene quanti anni avevo, la ero piccolino, direi 4-5 anni. Ricordo di esse uscito di casa con un obiettivo, farmi comperare un giocattolo. E per tutto il tragitto fino al mercato (1km) mi ricordo di aver pianto, urlato e fatto di tutto pur di avere un “SI” dai miei genitori. Andò diversamente, mio papà mi teneva per mano, ad un certo punto proprio in centro paese, mi recapitò una sculacciata sonora che mi zittì di colpo. Fine delle richieste, fine del mio giocattolo preferito. Non ricordo bene il dopo, ma quell’instante è impresso nella mia mente. Se ci penso ora e glielo faccio presente ci facciamo delle risate clamorose. La prima e unica volta che mio papà mi diede una sculacciata. C’è però un ricordo che ogni volta che mi torna alla mente mi mette di buon umore, ovvero le giornate passate a pescare a casa della nonna Dorina (aveva la casa a 20 metri dal fiume Tesina). Giornate infinte, ci si alzava alle 6 di mattina, si preparavano le canne, i vermi e le attrezzature e poi via, tutti dentro la 127 bianca. Io, Ale, papà, Manuel, Gianca, Diego. Era veramente speciale quel posto, perché eri immerso nella natura, sul fiume con alberi tutti attorno e noi proprio sulla riva a pescare. Mi sentivo Sanpei, il problema è che il più delle volte la mia canna rimaneva incastrata sulle rame degli alberi e mio papà passava mezze ore a districare il filo. Ma pescare era veramente emozionante. Era tutto perfetto, c’era il sole, la tranquillità e quel senso del fare le cose “qui ed ora” come se il mondo attorno non esistesse. Finita la pesca, tutti a casa della nonna che puliva il pesce e poi lo friggeva per tutti. Si rideva un sacco, si faceva casino, si pescavano i “gobbi” (pesci tremendi pieni di spine), si perdeva di tutto, ci si sporcava, ma a fine serata ti sentivi come se avessi scalato l’Everest o se avessi vinto la coppa del mondo. E poi? E poi papà, mi ricordo le giornate passate in orto a vangare, che se ci penso adesso non so quanto tempo ti facevo perdere o quanti danni facevo, ma ogni volta col calma mi spiegavi, mi mostravi. E la conserva? Ti ricordi i weekend interi passati a tagliare pomodori, a cuocerli dentro il pentolone che portava a casa la mamma dal lavoro e a mangiare in garage sopra la cella frigorifera perché “ se se brusa tutto semo ciavai”? Io me li ricordo eccome, facevamo la conserva sempre a inizio settembre, se mi annuso le mani ora mi sembra di sentire il profumo dei pomodori appena tagliati, l’acqua fredda che corre ovunque. Era una specie di festa, passavano tutti a trovarci, a vedere se andava tutto bene. Certo, crescendo queste cose non le ho più fatte, ma ti giuro che sarei pronto a rifarle subito (per la verità l’orto lo faccio eh). Andrei di nuovo a pescare con te, starei una giornata interna in orto (magari adesso no, perché te sei vecchio e ti stanchi subito. Scherzo!!!). Farei la conserva come la facevamo quando ero piccolo, mettendo i vasetti ancora bollenti dentro ai carrelli della spesa coperti con le coperte di lana (che poi, perché avevamo i carrelli della spesa a casa? A chi li abbiamo rubati?). Oltre a queste cose pratiche, ho dei splendidi ricordi anche di quando venivi (e vieni tutt’ora) a vedere tutte le mie partite, ma proprio tutte. E per come ti ho sempre visto fare il tifo sugli spalti, vado talmente fiero di te che racconto a tutti di quanto casino facevi. Per tanti miei ex compagni di squadra sei stato un “idolo” perché hai sempre fatto un tifo rumoroso, ma onesto e divertente. Dopo ogni partita sia che io avessi giocato poco o tanto non hai mai parlato male dell’allenatore, abbiamo sempre analizzato la parte tecnica e tattica, discutendone anche il giorno dopo. Non hai mai interferito con il mio modo di allenarmi, ma sei sempre stato orgoglioso di quello che facevo. Potrei chiedere altro? L’altra sera andando a Padova assieme parlavamo proprio di questo e ci siamo detti cose che forse per la prima volta ci siamo detti col cuore, con quella consapevolezza che forse ancora mi mancava. È stata una sorpresa sentirti dire che non vedevi l’ora che arrivasse il weekend per venire a vedere le nostre partite perché così ti scaricavi dalle tensioni della settimana. Non me lo avevi mai detto, anche se implicitamente lo capivo vista la passione che ci mettevi. Poi sai, c’è un’ultima cosa che voglio dirti e credo sia la più importante e fondamentale per capire il tuo carattere. È da almeno 3 anni che discutiamo ininterrottamente di crisi economica, siamo partiti da posizioni diverse ma non distanti. Siamo stati a Rimini ad uno dei più grandi summit mai organizzati in Italia. Mi hai visto parlare a conferenze e mi hai visto spiegare a tanta gente cosa sta succedendo, mi hai dato la possibilità di parlare a persone che io non avrei mai raggiunto come i tuoi colleghi. Ritengo che dopo tutto quello che hai fatto e che hai passato, non sia semplice rimettere in discussione tutto e ricominciare con ancora più voglia e determinazione. Ti ho visto affrontare con coraggio un altro capitolo della tua vita che ti sta dando ancora tante soddisfazioni. L’altra sera in macchina ti ho visto sorridere del tuo passato, e non un sorriso di sollievo, ma un sorriso che dimostrava come quel passato abbia costruito il tuo essere, la tua personalità. Ti ho guardato negli occhi con un misto di ammirazione e orgoglio quando mi hai detto: “Te te immagini, se ghemo comprà na casa, go cresuo do fioei, go girà el mondo, desso so in pension e me godo el me tempo libero e me permetto de fare queo che me piase”. È questo il senso della vita papà? Perché se il senso della vita è essere orgogliosi del proprio cammino, di ciò che si è fatto, di come lo si è fatto, e se il senso della vita è quello di potersi guardare indietro e poter sorridere dei momenti belli e brutti, allora credo che nel tuo percorso, tu abbia trovato il senso della vita. Buon compleanno!!

lunedì 15 aprile 2013

Eh ma ai miei tempi.... (cosa penso della tecnologia data in mano ai bambini)

Venerdì 12 aprile 2013. Oggi si mangia con i colleghi di lavoro, 4 chiacchiere per rilassarsi. È la prima giornata di sole e caldo e all’improvviso sembra andare tutto meglio. “Una insalatona, grazie”. La cameriera mi fa un bel sorriso, annuisco e ricambio. Sgranocchio qualche grissino nell’attesa del pranzo che arriva quasi subito e noto che la terrina è ricolma di qualsiasi roba, ci guardo e dentro e penso che non arriverò a vederne la fine. C’è di tutto, in quantità incredibile. Però è buona, porca vacca se è buona, va giù che è un piacere, l’insalata è fresca e la mozzarella è gustosa. Sono indaffarato tra chiacchiere e cibo, ma noto una coppia che entra con due bimbi piccoli e una loro amica (almeno credo). Si fermano al bancone, mentre i bimbi (diciamo 4-5) si siedono al tavolo. Li guardo e noto che sono emozionati, come lo sarebbe qualsiasi bambino quando vede posti nuovi e facce nuove, fanno casino, giocano, gridano. Bello, sono bambini, hanno vivacità ed energie da vendere. Mi tornano in mente ricordi di quando io ero piccino, facevo casino, facevamo casino in casa io e mio fratello (lotte spietate sul divano o da camera a camera) ma quando arrivano papà e mamma la festa finiva, via i giochi, fine delle urla. Erano una autorità riconosciuta. Ti guardavano dall’alto al basso e capivi al volo che era finito lo svago. Con la mente e lo sguardo torno a guardare i due bambini pensando che o mamma o papà si siederanno con loro e gli diranno di abbassare il tono e stare più composti perché c’è altra gente che sta mangiando. Ma siamo nel 2013, all’epoca dell’interattività e della connettività. Arriva si la mamma che gli fa: “prendete qua il tablet così almeno state buoni”. Cortocircuito. O meglio, i miei pensieri vanno in cortocircuito, perché istintivamente, a pelle senza nemmeno pensarci la mia mente capisce che c’è qualcosa che non va. Qualcosa di nuovo che non riesco a codificare e mi ci vuole un po’ prima di staccare gli occhi dalla scena. Ora, non sono qui a scrive: “eh ma ai miei tempi…” perché ho 29 anni e la tecnologia la uso pure io, e non sono qui nemmeno a scrivere: “La tecnologia è un danno”, perché come dice giustamente il mio amico Diego: “ non è la tecnologia ad essere sbagliata, ma l’uso che se ne fa”. No, non faccio la morale e non mi ritengo migliore o peggiore di nessuno. Non sono nemmeno uno psicologo quindi il mio è un semplice sguardo ad una scena che mi ha suscitato delle emozioni e voglio provare a descriverla. Cosa ha creato il cortocircuito? Forse scrivendo non riuscirò bene a rendere l’idea, ma nello stesso istante che i bambini hanno preso in mano il tablet è calato il silenzio, non parlavano più, erano seduti e zitti con gli occhi sgranati sul monitor. Ho sempre considerato le grida e le urla dei bambini una bella cosa, un fenomeno di distinzione dalla società adulta, un segno tangibile del loro modo di esprimersi. Bambini silenziosi ne ho sentiti pochi, forse nessuno, eppure un gingillo luminoso ha avuto la capacità di zittire in un secondo due bambini che fino all’attimo prima gridavano, correvano e giocavano. Il silenzio mi ha colpito, perché non era naturale e non lo è nei bambini. In pratica una droga, se consegnato nelle mani di bambini indifesi. Questa è stata la sensazione più forte, più immediata, il silenzio, o meglio il nulla dove prima c’erano due bimbi vivaci ora vedevo due sguardi vuoti risucchiati da uno schermo luminoso. Altro? Si, perché è vero che io arrivo da un’altra epoca, tecnologicamente parlando, ma certe cose non me le tolgo più di dosso. È pur vero che ho visto solo uno spezzone di vita, un attimo direi quindi la mia è una visione ridotta. Ma questa visione ridotta mi ha fatto tornare in mente come era a quell’età giocare. E mi ricordo un sacco di situazioni, la BMX bianca, le pistole fatte coi lego, il fienile a casa del nonno di Matteo e il go-kart fatto coi pezzi della Vespa a casa di Alberto. Alla mia età i video giochi erano rari, c’era il Sega Mega Drive, ma quello si usava solo d’inverno perché la primavera e l’estate offrivano molto di meglio. Offrivano di meglio per la nostra fantasia, era un mondo di mostri, streghe, magie, labirinti, nemici, cattivi, missioni per scovare il tesoro segreto. E ogni volta era diverso, era sempre tutto nuovo perché la nostra immaginazione creava sempre opportunità diverse. E allora immagino questi due bimbi davanti a questo tablet che utilizzano applicazioni e giochi tutti uguali, uguali identici a quelli dei loro compagni di classe e dei loro amici. Mi provo ad immaginare i discorsi, ma non mi viene nulla di originale. Si diranno quante casette saranno riusciti a costruire, o quanti nemici avranno ucciso. Ma il tutto sarà ricondotto su binari standard perché lo schermo proietterà le stesse identiche immagini. La mia personale idea è che questa standardizzazione sia negativa e limitante. Mi fa paura, da piccolino passavo intere serate in terrazza con papà che mi leggeva i libri dei pianeti e delle stelle. Li la fantasia era veramente illimitata, tanto quanto lo spazio stesso. Due cose mi hanno letteralmente spaventato, il silenzio e la standardizzazione. È questo il nostro futuro? Uomini e donne silenziosi che vivono emozioni standard? Guardavo questi due bambini e vedevo due target pubblicitari, due giovani vite utilizzate per capire quali sono i gusti commerciali, le preferenze di centinaia di migliaia di giovani, perché a questo servono le applicazioni dei tablet. Servono a capire i gusti del pubblico e se capisci i gusti del pubblico sei anche in grado di generare emozioni positive o negative. Il problema non è la tecnologia, è la nostra cultura e la nostra capacità di riconoscere la realtà che sta venendo meno. Qualche anno fa un cliente al telefono mi disse tutto emozionato: “Sai Michele, ho passato il weekend di Pasqua a programmare sull’Ipad”. Ricordo di essere rimasto di stucco e di aver fatto una risata di circostanza. Ecco quello che mi fa paura, non la tecnologia, ma che la tecnologia crei un modo silenzioso e con emozioni standard. “Oh, Miky, dai che sono quasi le 2:00, dai che è tardi”. La terrina è vuota, la pancia è bella piena, mi giro per riguardare quei due bimbi ancora incollati al tablet. Mi chiedo se riusciremo mai a essere padroni della nostra vita o se il consumismo e la società dell’apparenza l'avrà sempre vinta su di noi.

lunedì 8 aprile 2013

Pronti a vedere il peggio? O è venuta l'ora di coltivare la speranza?

“Eh Michele dai, te vedarè chea cambia, i gà ditto che pal 2014 la crisi passa e che tornaremo a cresare, basta solo tirare a cinghia n’altro poco, i sacrifici li fa tutti”. Si ciao!!! Ve lo dico senza tanti giri di parole, mi sono rotte le palle del buonismo, del “bisogna abbassare la testa finché la tempesta non è passata”, mi sono rotto le palle di sentire che in Europa troveranno una soluzione quando è da 50 anni che continuano a sbagliare. Mi sono rotto le palle di sentirmi dire da chi ha causato la crisi: “Bene signori, ora vi tiriamo fuori”. Eh no, non puoi essere carnefice e salvatore allo stesso tempo, non puoi essere il bianco e il nero contemporaneamente. Mi son rotto le palle di sentire i partiti difendere l’euro nonostante ormai anche uno studente al primo anno di economia capisca al volo dove stiano i problemi della moneta unica. Mi sono rotto le palle di sentire “giornalisti” venire a Grumolo delle Abbadesse e dire che uscire dall’euro sarebbe una tragedia, un salto nel buoi e che il debito pubblico è colpa dei nostri genitori che hanno vissuto sulle nostre spalle. La smettete con le bugie? Con la distorsione della realtà? Ormai vi abbiamo smascherato, partiti, giornalisti, pensatori, politilogi ecc ecc. Basta, veramente basta, non se ne può più. Sempre alla serata di Grumolo il giornalista, Sig. Riva, attacca subito e va di testa contro le banche: “Bisogna separare le banche che fanno credito da quelle che speculano”. Tra me e me penso: “Bene, dai che forse han capito, dai che forse stasera sento idee nuove”. Ma niente, si arriva a parlare dell’euro con qualche persona che giustamente vuole capirne di più ma li casca il palco: “l’euro è stata la nostra salvezza, abbiamo bisogno di più Europa ecc ecc”. Ma come, attacchi le banche e difendi una moneta figlia proprio delle banche, che viene emessa a debito e che gli Stati devono acquistare dalla grandi banche internazionali. Predicare bene e razzolare male!. Ma non è di questo che voglio parlare, questo mi serve solo come esempio. Per dire cosa? Che ci stanno prendendo in giro in maniera ignobile, nel peggior modo possibile perché poi le loro bugie si scaricano sulla nostra vita (disoccupazione, meno stato sociale, meno servizi, austerità). E ci prendono in giro perché glielo permettiamo, perché non abbiamo gli strumenti per rispondere: “Ciccio, guarda che le cose stanno un tantinello diverse”. Abbiamo perso il contatto con la realtà, la nostra umanità e cooperazione. E allora si va giù pesante, i greci se la son meritata ,a Cipro han fatto bene perché i capitali esteri erano degli oligarchi russi (e noi invece che andiamo a elemosinare dagli sceicchi siamo bravi, no?). E quando toccherà a noi? Ci sbraneremo per dare la colpa a Berlusconi, o ai comunisti, o alla mafia, o a Craxi o al debito pubblico, e intanto ci spelleranno vivi e ancora una volta non ci capiremo nulla. Una volta su un bigliettino ho letto “Cosa è l’indifferenza? L’indifferenza è quando si guarda tutti dalla stessa parte”. Vi propongo 3 letture qui sotto per cercare di farvi volgere lo sguardo altrove, più in alto delle beghe da quartiere della nostra classe politica. Girate lo sguardo da un'altra parte. Siamo noi i populisti più accaniti, quelli che nonostante i dati, continuiamo a girarci dall’altra parte semplicemente perché lo fanno tutti. Da ora concediamoci il lusso di un pensiero diverso, di uno sguardo diverso, di un vivere diverso. Non c’è la bacchetta magica, non c’è la soluzione a tutti i mali e non ci sono nemmeno ricette miracolose. C’è solo la volontà di essere persone e di venir riconosciute come tali. O ci concediamo questa boccata di aria fresca, altrimenti il nostro futuro è già segnato. Esiste la voglia di riscatto di un popolo, oppure esiste l’aspettare che le cose vadano solo che peggio. Esiste la volontà di riprenderci in mano la nostra comunità, o esiste la totale spogliazione da ogni diritto. Sta a me, a te, a voi che leggete decidere. Ecco i 3 articoli, con la speranza che servano a pensare più in grande, a non porci limiti, a superare le nostre paure: http://paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=617", http://">http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=11702, http://">http://www.scenarieconomici.it/studio-sulle-prospettive-in-italia-germania-francia-e-spagna-e-simulazione-di-dissulazione-delleuro-e-ritorno-alle-valute-nazionali/

venerdì 5 aprile 2013

A mamma Giovanna, tanti auguri!!!

Oggi è il compleanno di mamma Giovanna. Dovrebbe essere tutto facile nel scrivere qualcosa per la mamma, e invece è difficilissimo, non tanto perché manchino le cose da dire, ma proprio perché quello che mi ha trasmesso e dato in questi 29 anni della mia vita è talmente radicato e impresso nella testa che fa fatica ad uscire. Un po’ come sradicare un albero, ti tocca andare in profondità a cercare le radici. Non mi va di scrivere un post di episodi passati per rinvangare il passato, perché quello che è successo in questi anni, lo lasciamo alla nostra storia mamma, è già avvenuto e non lo possiamo cambiare. Il passato insegna ma non deve incombere nel presente. Ci sono stati momenti bellissimi e per me sono la maggior parte, ci sono stati altri momenti meno belli, magari di tensione, di preoccupazione o paura. Fa tutto parte della vita, l’importante è ricavarne un insegnamento da trasmettere e lasciare un solco dove gli altri potranno trovare una guida. Ti scrivo perché è venuto il tempo di dirti un sacco di cose, di farti sapere cosa provo ogni volta che ti vedo e te lo dico per iscritto perché le parole mi si bloccherebbero in gola. Ci pensavo giusto oggi, e mi sono chiesto cosa tu mi abbia trasmesso come valori, cosa tu abbia cercato di insegnarmi, cosa tu abbia provato a dirmi per farmi diventare un uomo maturo. La domanda che mi sono posto è stata questa: “ma io, da dove ho imparato certi sentimenti, da dove deriva il mio carattere?”. Ed è stato li che ho realizzato che lungo la mia vita ho sempre avuto a fianco una presenza. Te. Una presenza silenziosa, discreta, quasi dimessa, ma estremamente sincera e schietta. E i ricordi affiorano tutti, di te che stiravi mentre io giocavo con i Lego, di quando mi venivi a prendere a scuola con la 126 bianca, di quando d’estate mi preparavi da mangiare in terrazzo. Mi ricordo pure quella volta che giocando mi uscì la spalla e come mi rialzai ti trovai di fianco a me in campo con gli avversari disorientati dalla tua presenza (anche perché io avevo 20 anni). Mi ricordo di un sacco di cose ma come ho scritto prima non voglio fare una semplice sequenza di episodi. Ci sono cose più importanti da dirti. Sono le emozioni e le sensazioni. Ho sempre ritenuto importante in tutto quello che faccio dare l’esempio, ovvero dire una cosa e farla, mantenere una promessa. Se mi fermo a pensare a te ecco la parola che ti descrive nel miglior modo possibile: l’esempio. Mi hai sempre mostrato come la gentilezza, la cortesia, un sorriso, un abbraccio rendano la vita migliore sia per te che per gli altri. Non ti ho mai visto peccare di vanità, ma hai sempre dimostrato fermezza e orgoglio in quello che facevi e dicevi. Se mi chiedo cosa mi hai consegnato con le tue mani, io credo tu mi abbia consegnato la possibilità di vivere e pensare con la mia testa, per quanto questo possa essere complicato per un genitore. Non ricordo di averi mai sentito dire che questo o quello non lo potevo fare. Si discuteva, si ci rideva su, altre volte (poche per la verità) ci si incazzava, ma un no secco non ricordo di averlo mai sentito. E oltre alla libera scelta, mi hai consegnato l’armonia, la serenità, l’amore e l’importanza di essere benevoli con tutti e di non portare rancore. Si, se ora sono sereno e consapevole di chi sono è grazie a te, al tuo “lavoro” quotidiano nel mostrarmi con l’esempio cosa per te era importante nella vita. Ci sono stati momenti dolorosi e difficili, ma mi hai sempre trasmesso l’idea che domani sarebbe stato meglio, che la speranza va coltivata e alimentata. Sono poche righe, lo so, messe giù alla rinfusa a tarda ora ma sono frasi sentite, reali. Ora che puoi goderti i tuoi spazi, il tuo tempo come meglio credi e dedicarti alle tue passioni al 100%, voglio solo dirti che ce l’hai fatta, nonostante tutto, nonostante i sacrifici (e che li dimentica gli anni che andavi in bici a lavorare, freddo o caldo che fosse). Ce l’hai fatta a rendermi quello che sono, e non mi cambierei di una virgola perché ne vado estremamente orgoglioso e come dice 2pac nel video che vedi sopra: KEEP YA HEAD UP (tieni la testa alta). Ce l’hai fatta perché sei una donna forte, ce l’hai fatta perché giorno per giorno ti sei costruita il tuo sogno. Un giorno spero di poter anche io come te girarmi indietro, fare un bel sospiro di sollievo e dire: “Eh si, ce l’ho fatta”. Io cammino in un solco che te hai tracciato.