giovedì 8 settembre 2011

La tecnologia la usiamo o la subiamo? Il problema del digital divide



Questo post lo avevo scritto diversi mesi fa, ma ahimè quel pc dove lo avevo scritto mi ha abbandonato e nonostante fare una copia dei dati sia obbligatorio per uno che di lavoro sta sul computer tutto il giorno, ho perso tutto e devo quindi rifarlo.
È un serata splendida, 17 agosto 2011, fa caldo e la luna ha appena fatto la sua apparizione da dietro le case, la strada è sgombra e non passa una macchina da parecchio tempo. In lontananza scorgo qualche figura passeggiare per il paese e qualcun altro che porta fuori le immondizie (per Alessandra: no, non el zè Corona). Qualche cane e gatto che scorazza tranquillo e nessun grido di bambini, che fa un po’ strano perché di solito nel palazzo di fronte alla sera si sentivano sempre giocare, correre, gridare. Ho delle serate libere e non avendo la tv (ah farò un post anche su questo) ne approfitto per scrivere e godermi questi momenti di relax.
Dicevo inizialmente che questo post lo avevo già scritto, e riguardava la tecnologia appunto (forse è per questo che il pc mi ha abbandonato?). Riguardava più nello specifico il digital divide, termine inglese per indicare la difficoltà nel gestire le nuove tecnologie.
Per darvi una misura dei drammi che può scatenare il digital divide, vi porto un esempio che frequentemente capitava in casa Cogno. Mio papà davanti al computer, normalmente per scaricare foto o filmati, urlo: “Micheleeeeee, non funziona più un cassssoooo”, Michele (cioè io) scattava dal divano per vedere quale dramma informatico si fosse appena materializzato sullo schermo. La maggior parte delle volte i problemi erano 2: sbagliava cartella o procedura per scaricare le foto, oppure non riusciva a masterizzare un dvd col filmato.

Nel mentre che tentavo di sistemare i casini e rispiegare a mio papà tutti i passi, arrivava mia mamma che usava grosso modo sempre le stesse parole: “A xè la ventesima volta chel te spiega come fare, te ghè fogli e fogli de appunti che non se capise pì gnente”. E la risposta dell’uomo punto sul vivo era: “Eh ciò, ma non zè colpa mia se el computer el fa queo che el voe”. Mia mamma per chiudere in bellezza buttava li: “ Varda de non spacarlo su naltra voltra, che non go mia intesion de comprarghine uno de novo”.
Come capite, da dalle sciocchezze saltano fuori veri e propri drammi famigliari e personali. L’ho buttata sul ridere perché il tema è di per se leggero, ma ha in ogni caso dei risvolti interessanti, a volte addirittura inquietanti.
Parto dalla situazione generale, ovvero in Italia almeno 3000 comuni sono senza internet o comunque non sono raggiunti da una linea veloce. Questo nell’era della globalizzazione (che brutta roba) è un problema non da poco per le aziende, per gli studenti o per chi con internet e la rete ci lavora. I nostri politici e la Confindustria ci parlano di competitività ma bloccano i fondi per la digitalizzazione del Paese e per il potenziamento della rete. Condivido pienamente con chi dice che l’accesso alla rete, visto come accesso la conoscenza dovrebbe essere sancito come diritto dalla nascita, e quindi il suo utilizzo dovrebbe essere gratuito. Ma forse qui mi sto spingendo oltre. Il primo problema da risolvere è quello di portare un accesso veloce, efficiente e a basso costo ovunque nel territorio.
La seconda questione invece riguarda più nel piccolo, l’utilizzo che facciamo delle tecnologie e la conoscenza che ne abbiamo. Mi capita a volte che qualche amico o conoscente mi chieda di “sistemargli” il pc o di “pulirglielo”. Nella maggioranza dei casi mi trovo a fare operazioni normalissime di pulizia, di cancellazione di programmi o di velocizzare procedure, installare antivirus e spiegare come navigare in sicurezza in internet. Cose che a mio avviso potrebbero essere fatte da chiunque, mettendosi li a leggere su internet i blog dedicati, a leggere le istruzioni. Non sto dando dell’ignorante a nessuno, io per primo ignoro e non capisco mille altre cose. Ma quello che mi fa sorridere è questa ricerca quasi spasmodica di tecnologia sempre più elevata e sofisticata, senza però riuscire a sfruttarla a pieno o nella maniera corretta. Ritengo che in questo momento abbiamo una sovraesposizione di tecnologia che non comprendiamo e nella maggioranza dei casi non ci serve, un po’ come prendere la Ferrari per andare a prende il pane dal fornaio che sta li a 200 metri da casa. Come ho già scritto nei post precedenti, l’abuso di tecnologia ci sta portando a diventarne schiavi, perché facebook bisogna guardarlo per forza, perché i dati bisogna sempre salvarli sull’ hard disk esterno, perché dobbiamo fare gli aggiornamenti, perché arriva un sacco di spam sulla mail e uno rischia di perdersi dentro a tutte queste attività. Siccome manca sempre il tempo da dedicare, il pc diventa molte volte un oggetto misterioso e messo li in salotto o in camera a fare arredamento.
La parte più preoccupante per le generazioni più vecchie o comunque chi è genitore di un ragazzo o ragazza che utilizza il pc è la quasi totale incapacità di poter controllare cosa avviene, cosa guardano, con chi interagiscono. Non voglio fare il terrorista informatico, ma resta comunque un cono d’ombra che molti genitori non sanno affrontare. In pratica serve una educazione informatica che vada di pari passo con lo sviluppo tecnologico, o almeno che permetta a molta più gente di avere le nozioni di base. Ne parlavo poco tempo fa sempre con Diego (mio mentore informatico da una vita ormai) che mi faceva notare come specialmente gli immigrati abbiano una conoscenza elevatissima, dettata dalla necessità di poter mantenere i contatti con i famigliari rimasti nel Paese di origine, e per il fatto che inviano soldi sempre alle loro famiglie. E quindi comprendono molto meglio come gestire un account email, come usare Skype, come trasferire file, come scaricare musica o altro, conoscono lo streaming. Tutti programmi e termini che qui da noi vengono ignorati o non compresi da una grande fetta della popolazione.
Il digital divide quindi ha aspetti rilevanti sia dal punto di vista sociale che economico. Sociali perché la differenza di nozioni tra un figlio e un genitore è enorme, crea tensioni, dubbi. Perché la tecnologia spinta a questi livelli di consumismo, dove possedere non è necessario, ma fa figo, rischia di inaridire i rapporti, rischia di schematizzare le sensazioni e le emozioni, rischia di standardizzare i metodi di apprendimento,ormai la frase: “Oh, hai visto su facebook…”, è sulla bocca di tutti. Economici invece, perché a mio avviso molta gente butta letteralmente i propri risparmi in tecnologia che non sa usare, che non potrà usare per mancanza di tempo e che gli consterà un sacco di manutenzione. Economici inoltre perché le aziende e chi ci lavora dentro perde una marea di tempo se internet non è veloce e se non ha una buona conoscenza degli strumenti informatici.
Dall’altra parte è pur vero che chi si ferma è perduto (come mi ha fatto notare Diego), ovvero che chi chiude le porte a tutte le tecnologie rischia di non stare al passo, rischia di venire marginalizzato, rischia che se poi vuole rimettersi li a imparare e capire non ce la fa o trova degli ostacoli enormi
So che può sembrare strano, ma padroneggiare le tecnologie odierne è diventato come imparare a camminare o guidare l’auto. Non ne puoi fare a meno. Dall’altra parte (e questa è la convinzione che ho io) è che abbandonarci totalmente alle tecnologie ci farà del male, sotto tutti gli aspetti che ho affrontato prima. Il Dalai Lama la chiamerebbe “La via di mezzo” ed è esattamente quello che dobbiamo ricercare, una tecnologia più semplice, meno invasiva, più utile allo sviluppo dell’uomo e delle sue particolarità. Al momento invece percepisco che la tecnologia ci sta semplicemente standardizzando.
Chiudo qui, dicendovi che a casa Cogno il digital divide è stato risolto nell’unica maniera risolvibile: HO CAMBIATO CASA!!!

1 commento:

Diego ha detto...

Ahahah, divertentissimo come hai risolto il digital divide a casa tua! Aggiungo solo una cosa: ricordiamoci che lo strumento non è né buono né cattivo, lo è l'utilizzo che ne facciamo. Buona notte a tutti!