domenica 15 gennaio 2012

La riforma del lavoro secondo Pietro Ichino, Senatore del PD (ecco perchè soffriremo, non per un errore ma per una idea precisa studiata a tavolino)



“Michele, vara qua, ghe zè el senatore Ichino venare de sera al Vi Est Motel. Va fare un saldo cusì dopo te me conti”. Papà Romeo lunedì a pranzo mi mette sotto il naso un volantino di una serata dove il senatore Ichino del Partito Democratico presenta il suo nuovo libro su un sui studio di riforma del lavoro in questo momento di crisi economica feroce. Il tema mi interessa, gli invitati sono i più autorevoli portavoce dei sindacati, rappresentanti di categoria e della regione Veneto. Va bè dai, un salto lo faccio, non con molto entusiasmo ma metti che nel giorno di festa possano anche venir fuori cose interessanti. Ma come si sa le sfighe non vengono mai da sole e la prima era proprio la data, venerdì 13 per chi crede alle superstizioni. La seconda “sfiga” è stata quella di accettare l’invito di mio papà ad andare (ben inteso che mentre io ero alla serata, papà Romeo e mamma Giovanna prendevano l’aereo per 2 settimane di ferie in Kenya).
Manco il tempo di sedermi e il moderatore attacca subito a dire che la serata serve per dare una idea di quali saranno i passi futuri nel mondo del lavoro e che la proposta del senatore Ichino(1) è uno dei passi fondamentali per riformare i diritti e i contratti di lavoro.
Ichino inizia dicendo anche cose piuttosto giuste, più lavoro ai giovani, allarghiamo il mercato del lavoro, più formazione, più capacità di ricollocare i cittadini che perdono il posto e via di questo passo. Ma le proposte risuonano un po’ strane, eccole:
-flexicurity, ovvero più flessibilità sul posto di lavoro e più facilità di licenziare supportata però da maggior “spesa” per gli ammortizzatori sociali che devono essere potenziati e ampliati
-revisione dei nuovi contratti in modo tale che i lavoratori a tempo indeterminato non godano di diritti troppo elevati rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato
-spostamento e ricollocamento di chi ha perso il posto di lavoro verso fabbriche e settori dove è possibile assorbire manodopera
Questi 3 punti possono andare bene se siamo in un paese a moneta sovrana e se la nostra economia è in salute e non moribonda come in questo momento. Spiego perché.
Il primo punto della flexicurity ha al suo interno un ragionamento perverso, ovvero che visto che il mercato deve essere il più libero possibile dal controllo pubblico, faccio in modo che i privati possano disporre a piacimento della forza lavoro e faccio intervenire lo Stato solo quando c’è da riparare i disastri, ovvero tramite cassa integrazione, prepensionamento ecc ecc. (il così detto “liberismo sociale” inventato da Mitterrand in Francia). Ma essendo l’Italia uno stato a moneta non sovrana, questo significa reperire moneta (euro per capirci) in quantità sempre superiore per garantire i nuovi ammortizzatori sociali. Quindi questo comporta un aggravio del debito pubblico con tutte le conseguenze che già possiamo vedere ogni giorno.
Sul secondo punto mi pare piuttosto chiaro che il tentativo è quello di ridurre i diritti dei lavoratori a tempo indeterminato in nome della produttività e della flessibilità e della competitività nei mercati esteri. Meno diritti significa meno sicurezze, significa più incertezze, significa lavorare sempre col il fiato sul collo. Questa idea a livello umano e sociale è inaccettabile ed estremamente pericolosa. Crea una lotta di classe tra chi ha un lavoro e chi lo sta cercando o lo ha ad intermittenza, una specie di guerra tra i poveri lasciati a scannarsi per poche centinaia di euro al mese.
Il terzo punto credo sia semplicemente utopico nella nostra economia. Quali aziende possono sostenere in questo momento un aumento di personale e quindi di costi? Quali sono le opportunità reali di ricollocamento di migliaia di lavoratori, e in quali settori si può pensare di farlo?
La parte più “simpatica” dell’intervento del senatore è quando parla delle persone di 50-55 anni che perdono il posto di lavoro e si devono ricollocare. Le parole esatte sono: “Queste persone, che hanno già avuto aumenti salariali e magari 10-12 scatti di anzianità, non sono appetibili per le aziende perché costano troppo, non possono pretendere di trovare un nuovo lavoro alle stesse condizioni salariali”. Chiaro il concetto? Se a 50 anni avete uno stipendio troppo alto e perdete il posto di lavoro, non aspettatevi di cambiare e mantenere quel tenore di vita, siete fuori mercato.
Il Senatore Ichino fa poi l’esempio degli stati del Nord Europa quali Danimarca, Finlandia e Svezia che sarebbero modelli da copiare nella loro cultura del lavoro flessibile ma sicuro, dei loro ammortizzatori sociali. Benissimo, sono d’accordo ma i problemi sono due:
- prendiamo la Finlandia fino a qualche anno fa al primo posto per livello di stato sociale, scesa ora al decimo posto da quanto fatalità sta utilizzando l’euro come moneta. Non sono antieuropeista, sto dicendo che anche la Finlandia deve sacrificare lo stato sociale per reperire moneta dai grandi capitali privati. Svezia e Danimarca non sono dentro all’euro e continuano ad avere un sistema pubblico efficientissimo, moderno, efficace e perfettamente rispondente alle necessità della gente. Quindi la prima cosa da dire Sen. Ichino è che l’Italia non può finanziare un sistema pubblico di ammortizzatori così vasto altrimenti aggraverebbe il suo debito. Aggravando il debito dovremmo tagliare altre spese altrimenti le agenzie di rating ci declassano, e farci declassare significa perdere capitali esteri che fanno funzionare la nostra economia. Non mi sembra un discorso complicato o stravagante.
- Secondo motivo altrettanto importante è che la nostra classe politica e dirigenziale, non tutta per carità è ignorante nei più semplici concetti economici. Ignorano come si crea la moneta, chi la detiene e i significati di tutto questo. Inoltre abbiamo politici corrotti, mafiosi, che utilizzano il loro potere per creare sistemi clientelari o paralleli.
Possiamo riformare il lavoro, i contratti, le dinamiche aziendali ma se non risolviamo i due punti sopraccitati non credo riusciremo a dare più lavoro e salari migliori.
Tenendo conto che una notizia di pochi giorni fa diceva che l’istituto nazionale di statistica tedesco (2) spiegava il motivo di una così alta percentuale di occupati in Germania? E sa qual è sto motivo? Le aziende in difficoltà che ad esempio dichiarano un calo di utili/fatturato del 20% possono diminuire l’orario di lavoro e conseguentemente il salario dei propri lavoratori del 20%. E sa chi si prende l’incarico di pagare quel 20% mancante dalle buste paga? Lo Stato, che strano vero? Quindi la Germania che chiede a noi di lavorare di più, di guadagnare meno, di essere più flessibili fa esattamente il contrario, fa una politica sociale con soldi pubblici facendo lavorare meno i propri lavoratori. Lo Stato sostiene in questo modo l’economia in maniera positiva. Ha mai sentito parlare di debito positivo e debito negativo?
Per concludere alla serata c’erano rappresentanti dei Sindacati (Franca Porto), della Regione Veneto (Roberto Ciambetti, Lega), di Confartigianato Veneto (Giuseppe Sbalchiero) e di Confindustria Veneto (Andrea Tomat). Tutti più o meno d’accordo con la proposta Ichino. Spiace constatare che i nostri più alti rappresentati regionali non abbiano alternative, non le studino e tanto meno le vogliano sentire.

(1)http://www.pietroichino.it/?page_id=15
(2)http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=9664&mode=thread&order=0&thold=0
All’interno dell’articolo trovate altri link per approfondire la notizia

1 commento:

Alessandra ha detto...

Grazie Michele per aver sacrificato la serata per ascoltare, informarti e trasferire.

Non ho commenti in merito, avrei litri di angoscia lavorativa da versare...ma non credo di grande utilità!