venerdì 14 giugno 2013

Quale felicità possibile in una società basata sullo sfruttamento?

In questo post voglio condividere con voi una discussione avuta oggi in ufficio con i miei colleghi. Mi è arrivata una mail che pubblicizzava una conferenza sul veganismo etico, ecologia e natura. Il volantino presentava questa frase che condivido al 100% e che proverò a sviluppare in questo post: “L’attuale stile di vita è insostenibile da tutti i punti di vista: etico, ecologico ed economico. Le nostre scelte sono importanti per un mondo migliore, NON RESTIAMO A GUARDARE!” Provo a dire la mia, sapendo bene che la mia visione è parziale, legata alla mia singola esperienza e che soprattutto questo mio post non vuole essere una critica a nessuno ma solo un contributo per affrontare un cambiamento che presto o tardi ci toccherà affrontare seriamente, serenamente per non lasciare indietro nessuno. Sgombro il campo da alcune domande in modo che poi lo scritto vada via leggero. Non sono vegetariano, non sono vegano. Rispetto e capisco la scelta, perché credo sia un passo in avanti verso la consapevolezza personale e il rispetto verso ogni essere vivente. Condivido la scelta perché ritengo che mangiare bene ed educare al cibo valga una larga fetta della nostra felicità. Gli antichi parlavano di “mens sana in corpore sano” intuendo già centinaia di anni fa l’importanza di una dieta equilibrata. Aggiungo inoltre che non so se mangerei ancora carne se dovessi personalmente uccidere un pollo, un maiale o una mucca. Da piccolo pescavo il pesce con mio papà, mi divertivo un sacco ma vedere il pesce morire nel sacchetto di plastica mi lasciava sempre un po’ di tristezza. Mi metto io davanti alla fila a dirvi che su questo argomento ho sempre avuto paura a dire la mia e a cercare di essere più consapevole. Quindi tutto quello che leggete da qui in avanti è frutto anche di questi miei pensieri e di queste mie contraddizioni. Non sono perfetto, non l’ho mai pensato. Volevo solo fissare alcuni punti in modo che durante la lettura le vostre domande sul fatto che io sia o meno vegetariano e quale sia la mia posizione non vi facciano perdere il filo logico. Arriviamo al mio contributo per capire come poter rendere più etico, più ecologico ed economicamente sostenibile questo nostro stile di vita. È sufficiente mangiare meglio, prodursi il più possibile in casa? Non credo, o meglio è solo una parte della soluzione, è sicuramente importante mangiare bene e prodursi in casa le verdure, gli ortaggi, la frutta perché questa produzione locale aiuta sicuramente l’ambiente (meno camion, meno traffico, meno inquinamento, prodotti più sani, meno pesticidi ecc ecc). Leggendo il volantino, mi sono chiesto: “Michele, ma te come vivi e perché consumi?”. Apriti cielo, valanghe di ipotesi, se io potessi, se io facessi, se io avessi. Avete presente le rotelline di liquirizia, quelle che se le apri ti resta una specie di spago nero in mano? Ecco, i miei pensieri procedevano così, man mano che contestualizzavo il problema srotolavo la mia rotella mentale e alla fine mi sono ritrovato in mano il “groppo” finale dove a mio avviso risiede il problema: il lavoro, o meglio il nostro sistema produttivo e la nostra idea di ricchezza legata al lavoro. Scandalo!!! No, piano piano, non sono uno di quelli che non vogliono lavorare, che vogliono vivere in una amaca in una spiaggia esotica sorseggiando una noce di cocco (anche se, va bè…lasciamo perdere). Vediamo di andare con ordine. Mi sono fatto questa domanda: “Ma io cosa consumo? Quanto consumo? E perché consumo?” Analizzo qualche mio comportamento sociale. Automobile, perché ho comperato l’automobile? Perché diventavo grande e responsabile. Si forse, ma in parte è una balla. “Fatti la patente, così poi hai la macchina e puoi trovarti un lavoro”. Frase già sentita vero? Macchina=lavoro=macchina. Perché mi sono comprato la macchina? Perché dovevo andare al lavoro ed essere autonomo nel gestirmi la giornata. Ma una vettura inquina e costa. Inquina perché va a benzina, perché devi smaltire la batterie, l’olio e altre robette. Costa perché costa la benzina, i tagliandi, le revisioni, il cambio gomme. Il mio lavoro necessita esclusivamente di un telefono fisso, un pc collegato ad internet. Strumenti che già ho a casa, quindi perché no lavorare da casa eliminando così almeno per 5 giorni su 7 la macchina? Andare al lavoro in macchina costa una follia. In un mese avrei eliminato le emissioni di Co2 di almeno 2/3 (20 giorni su 30). Certo, è solo il mio esempio, vale per me, ma quanta altra gente potrebbe lavorare da casa perché i suoi strumenti sono solo un pc e un telefono? E inoltre non consumerei più l’elettricità dell’ufficio e forse forse potremmo anche fare a meno del capannone dove lavoro e rifarci un bel giardino o come cantavano i Pitura Freska: “na giungla de panoce, pomodori….e marjuana”. Ecco che “l’agenda digitale” tanto promessa da svariati governo e sbandierata diventa interessante e addirittura cruciale per i destini del nostro pianeta. Andiamo oltre? Via, senza l’obbligo di essere sempre in ufficio spenderemmo meno di vestiti e accessori, quindi meno camion che girano, meno negozi da costruire, meno merci da produrre dentro ad un capannone sempre illuminato e funzionante. E al posto dei negozi e capannoni? Panoce, pomodori. No dai, non solo questo, metteteci qualsiasi cosa vi venga in mente. Le fabbriche, i capannoni ci hanno abituato ad una visione monotona e triste dell’ambiente. Riabituiamoci a creare, a fantasticare, a immaginare. I vantaggi di lavorare da casa? Un ambiente famigliare più confortevole, forse una maggiore flessibilità e sicuramente un inquinamento atmosferico minore. Con questi pochi esempi vi voglio solo dire, che a mio avviso (ovviamente potete prendermi per pazzo, folle, estremista, aspetto eventuali vostri commenti così capisco se sto dicendo una marea di cazzate o se invece è un sentire comune) per come abbiamo impostato il lavoro e il nostro sistema produttivo, la prima “risorsa” ad essere sfruttata siamo noi, è l’uomo. L’uomo viene sfruttato per produrre, di conseguenza l’uomo sfrutta l’ambiente per avere le risorse per produrre. Da quando è stata introdotta la parola “risorse umane”, abbiamo rimosso l’idea che ci stanno sfruttando. “Capitale umano” suona meglio, perché una capitale lo tratti bene, lo risparmi, lo curi e lo proteggi, una risorsa la usi e la spremi come un limone. Quindi vado oltre, è veramente necessario lavorare così tanto (ovviamente per chi ancora ha un lavoro visto i dati dell’a disoccupazione in Italia)? Più vogliamo lavorare e più sfrutteremo le risorse naturali. Dobbiamo dirottare la nostra società dal produzione alla felicità. Dirottarla dalla parola “risorsa” alla parola “capitale”. Capitale inteso come capitale umano, capitale energetico (acqua, aria, idrocarburi), capitale sociale (la moneta ed altro). “Ma se lavoriamo meno, come facciamo a pagare le bollette, il mutuo, la scuola dei figli ecc ecc.” Qui viene il bello, istituire un reddito di cittadinanza per tutti. Scandalo!!! Pagare qualcuno per no fare nulla? Ma sei pazzo? Piano, piano, la cassa integrazione o la “disoccupazione” secondo voi che roba è? Sarebbe uno scandalo dare un reddito garantito ogni mese alle donne che accudiscono i figli? O anche ai papà, perché no? Sarebbe uno scandalo dare un reddito che va ad aggiungersi al salario da lavoro ad ogni italiano? Perché qui a mio avviso, o ci liberiamo dall’idea che per mangiare bisogna lavorare, altrimenti non si va tanto distante, altrimenti continueremo a sfruttare questo povero pianeta. Il lavoro deve essere fantasia, creatività e felicità e non ricatto: “se lavori mangi e sei qualcuno, se non lavori non hai diritti”. Dobbiamo necessariamente togliere importanza al denaro e ridarla all’uomo come centro della felicità. Un reddito di cittadinanza permetterebbe sicuramente di lavorare meno, di lavorare meglio(vi immaginate l’idea di arrivare sereni a fine mese senza assili sui conti da far tornare? O ancora di avere le risorse per potersi pagare le spese mediche, mente già oggi in Italia 9 milioni di persone rimandano le spese odontoiatriche) e di scegliersi un lavoro che rispecchi le nostre reali ispirazioni. Un reddito di cittadinanza permette anche di non lavorare, (eresia) per seguire le nostre passioni, siano essere l’orto, lo studio, una laurea, imparare a dipingere o a comporre poesie e musica. Ecco allora che una società basata sulla felicità e la consapevolezza, potrebbe liberarsi dal lavoro visto come strumento di consumo del territorio e del tempo. Per quanto incredibile o sconclusionato sia il mio ragionamento, credo sinceramente che questo sia il passaggio culturale che ci aspetterà nei prossimi anni. Il “più lavoro” come lo intendono i nostri dirigenti politici altrimenti suona come un “Arbeit macht frei” che rimbomba ancora nella storia dell’uomo. Abbiamo la tecnologia, la cultura e le tecniche economiche per cambiare questo modello economico e culturale. Vivere una vita felice non può e non deve essere ridotto al concetto di “quanto ho e quanto posso avere”, ma deve essere rivista in base al “cosa sono e cosa vorrei essere”. Per inciso, noi a casa abbiamo l’orto che ci da di tutto, abbiamo la vigna, le fragole, i peri e le mele. Facciamo il compostaggio domestico, facciamo la spesa da negozi biologici a km zero, ma ancora non è sufficiente. Quando la smetteremo di farci sfruttare allora saremo in grado di riscoprire il significato profondo della vita. Auguro a tutti noi, me compreso di vivere pienamente la vita, di girarvi indietro un giorno e assaporare i momenti passati, come quando dopo una corsa sotto il sole, vi fermate alla fontana per gustarvi un bel sorso di acqua fresca.

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