mercoledì 27 giugno 2012

Bisogna saper rispondere a chi dice cazzate

Da ora in poi sarò un po’ meno buono e un po’ più radicale nell’esporvi i miei pensieri. Ve lo dico in anticipo, perché sono incazzato nero, l’indignazione la lascio a chi pensa di cambiare il mondo mettendo frasi intelligenti e post su facebook gridando allo scandalo, alla Casta, a Monti, scrivendo che la politica è una merda. Oggi ho letto sul Corriere delle Sera che il Sottosegretario al Tesoro Polillo ha dichiarato che dovremmo lavorare una settimana in più perché questi livelli di salario sono insostenibili. Poco dopo sul sito del Sole24ore la Fornero dichiara. “Noi stiamo cercando di proteggere gli individui non i loro posti di lavoro. L'attitudine della gente deve cambiare. Il lavoro non é un diritto, bisogna guadagnarselo, anche attraverso il sacrificio». Noi, io, te che leggi, masse di milioni di italiani rimangono inebetiti davanti a queste parole. “Eh, è giusto, c’è la crisi, bisogna accontentarsi, tenere duro e lavorare il più possibile”, oppure. “Eh ma sti giovani non han voglia di far fatica, vogliono tutto e subito, senza sacrificarsi”, e ancora: “Non posso aspettarsi di vivere meglio di noi, con questa crisi bisogna accontentarsi”. Poi magari qualcuno si incazza, qualcun altro fa una manifestazione o 2 ore di sciopero, altri si abbandonano al qualunquismo del: “Tagliano a noi, ma loro la poltrona se la tengono stretta”. Ma il giorno dopo tutto ricomincia, si torna a lavorare imprecando, si tira la cinghia perché a fine mese bisogna arrivarci, si rinuncia al tempo libero, allo svago, si rinuncia a fare qualche pianificazione sulla propria vita. Si rinuncia a tutto e si vive alla giornata. Siamo così, destinati a prendere botte sui denti finché non ce li spaccano tutti. Eppure basterebbe alzare le mani, parare il colpo e affrontare il nostro carnefice mostrandogli la nostra forza e scoprendo che lui è molto debole. Rispetto alle due dichiarazioni che ho riportato prima è fin troppo facile rispondere. Sono dichiarazioni assurde, economicamente e socialmente sbagliate. Abbiamo sentito di tutto, bamboccioni, mammoni, morti di fame (per quelli che guadagnano meno di 500 euro)! Stiamo ancora prendendo botte nei denti e non abbiamo ancora imparato a come rispondere. Perché? Perché costa impegno, studio, precisione. Significa capire cosa è stato creato in Europa con la creazione di una moneta unica non sovrana. Significa capire quale ideologia sta dietro alle parole di Polillo e Fornero (vi do un aiuto, cercate nei vocabolari e nei libri di testo la parola NEOLIBERISMO), significa capire chi ha messo in bocca a questi due quelle parole atroci. Significa saper rispondere a tono a queste cazzate. Significa dire la verità senza aver paura di perdere nulla. Significa dire a questi due “tecnici” falsari che i nostri stipendi sono già tra i più bassi d’Europa e che la nostra produttività è una tra le più alte in Europa. Significa non farci pisciare in testa quando la Fornero dice che non sono li per garantire gli individui. Ma come? La nostra Costituzione? L’uguaglianza tra le persone, l’uguaglianza di opportunità, l’uguaglianza davanti alla legge? Questa Lady di ferro ha cancellato 150 anni di lotte in un attimo. Significa anche dire a questi signori che sarebbe ora di smetterla con questa moneta non sovrana, perché in presenza di moneta sovrana un Stato può garantire la piena occupazione, il pieno stato sociale. Ma la Sig.ra Fornero può dire queste falsità perché chi gli mette il microfono davanti o scrive l’articolo non sa assolutamente nulla di economica e se sa tace. Può dirlo perché noi ignoriamo le basi di macroeconomia, perché è più facile mandare a fanculo la Germania se domani perde la semifinale contro di noi che non capire come funziona un sistema monetario. Ogni giorno sento storie di ordinaria follia da crisi economica. Amici che perdono il lavoro, imprenditori alla canna del gas, persone che mi dicono: “la vedo brutta e non so come andrà a finire”. La via per poter creare una coscienza collettiva che risollevi le sorti della nostra nazione è quella di studiare, divulgare, mettere in pratica, essere precisi, essere disobbedienti verso quelle leggi che massacrano il benessere (Rosa Parks l’ha fatto per milioni di afroamericani ed era una donna che non aveva mai studiato, eppure aveva capito cosa significa essere radicali in quello che si crede). Oltre ad incazzarci dobbiamo avere una alternativa, una via di uscita, altrimenti la rabbia cieca sarà solo controproducente.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Tutto giusto, anche se i dati sugli stipendi e sulla produttività personalmente ne farei volentieri a meno. Mi spiego: per aumentare la produttività bisogna o aumentare le ore di lavoro mantenendo la stessa paga (per non aumentare i costi), oppure cercare macchine sempre più performanti e questo praticamente fa sì che il lavoro meccanico ad esempio della catena di montaggio sparisca. Questo provoca il fatto che in Corea del Sud ci sia una fabbrica senza operai solo macchine e questo sarà il futuro del settore metalmeccanico. Quindi sta a noi trovare nuovo lavoro inventarlo, solo lo Stato sovrano può questo. Un lavoro che si basa più sulla ricerca di servizi, assistenza agli anziani ecc. vi faccio una domanda: per voi le casalinghe lavorano? perchè lo stato non può riconoscere questo?questo reinventare lavoro credo che sia una cosa fondamentale anche per la soddisfazione dello stesso uomo, non viene più usato come macchina ma viene utilizzato in tutte le sue potenzialità di intelletto, di essere utile agli altri che porta sicuramente più soddisfazioni e ci farebbe alzare la mattina dal letto dicendo: "che bello vado a lavorare!" e non "dai speriamo che venga presto sera!"...in fondo il lavoro è un diritto!

Anonimo ha detto...

scusate mi firmo...Matteo

joker ha detto...

OK condivido: la parola giusta è alternativa. Ecco qui, penso (da ignoramte della macroeconomia su scala planetaria e delle millanta altre discipline e indici) che il problema sia proprio questo: l'alternativa.
Mi piacerebbe sentire parlare di "altri" modelli di società a partire da quelli che sono i valori condivisi (non sono frasi fatte, ma se non parliamo di questi non sappiamo dove andare) seguito dai concetti più pragmatici di sviluppo (che cosa si intende?), di crescita (rispetto a che?).
Avanzo una ipotesi provocatoria: e se cominciassimo a mettere al centro le persone, l'ambiente in cui viviamo e la sostenibilità della nostra vita nel nostro ambiente? Significa innanzitutto definire cosa sono i bisogni e i diritti degli uomini (di ognuno, in qualsiasi nazione), poi definire cosa sono quelli essenziali che tutti devono avere, in seguito valutare se sono raggiungibili con lo sfruttamento ambientale in atto (ovviamente lasciando che sia sostenibile, cioè che sia possibile ripeterlo anno per anno).
Non prendetela per un'idea bucolica, ma è molto concreta: provate a rispondere dentro di voi alle righe precedenti: cosa è indispensabile, necessario o suprfluo delle migliaia di cose che ci circondano? posso garantire quelle di base a tutti senza distruggere l'ambiente in cui viviamo?
Provocazione lanciata: attendo repliche per approfondire. Ciao