sabato 21 luglio 2012

Proviamo a non morire invani

I morti è meglio che non vedano quel che son capaci di fare i vivi e la strada storta che sta prendendo il mondo, è meglio che non si accorgano nemmeno che noi siamo diventati così poveri e tanto miseri che non siamo capaci di volerci bene. No, è meglio che i morti stiano nella neve e nel ghiaccio e che non sappiano di noi, altrimenti potrebbero pensare di essere morti invani ed allora si sentirebbero ancora più soli”. Lettera trovata durante la I° guerra mondiale sull’Adamello
È venuto il tempo almeno per me di pormi domande scomode, di sembrare talmente radicale nelle mie scelte da sembrare impazzito, da farmi sembrare paranoico o fuori dalla realtà. Stamattina la mia amica Silvia mi scrive su skype: “allucinata (ma non sorpresa) da quello che sta succedendo in Spagna...visto che roba dio santo?”. Matteo nel pomeriggio prosegue: “hai sentito in spagna ieri?? Anche bambini hanno picchiato quei farabutti.” Poi apro facebook e trovi commenti e post di solidarietà ai minatori, ai manifestanti, alla lotta spagnola. E capisco (ma è già da diverso tempo che lo penso) che quando quel disastro sociale che sta imperversando in Spagna e che ha sepolto la Grecia arriverà anche da noi, noi saremo davanti alle tastiere a imprecare, a insultarci, a piangere, a commiserarci, a scrivere che il governo è un ladro, che la Casta ci ha venduti tutti. E allora elemosineremo, come ho spiegato nei post precedenti. Monti non ci salverà, Berlusconi nemmeno, il PD nemmeno e nessun altro partito politico sarà in grado di darci un traiettoria. E a quel punto toccherà a noi prenderci manganellate, botte, insulti e farci dipingere come antitaliani, violenti e compagnia cantante. Combatteremo per cosa? Per i posti di lavoro persi grazie a politiche disastrose degli ultimi 30 anni? Combatteremo per una sanità pubblica smembrata e ridicolizzata? Combatteremo per il nostro ambiente? Per i nostri figli? Per un futuro diverso? Per il nostro stipendio? Io credo combatteremo guidati da un unico sentimento, la rabbia, che durerà il tempo di una notte, al massimo due, e poi? Faremo la fine di Occupy Wall Street? Perché? Ve lo siete mai chiesti perché nonostante tutto, associazioni, lotte, manifestazioni il mondo non è mai cambiato? Perché i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri? Perché l’aria sempre più inquinata e l’acqua sempre più imbevibile? Perché hanno sempre vinto gli altri. Ma gli altri chi? Gente e poteri che il 99% della gente ignora. Ecco perché abbiamo sempre perso come “società civile”. Perché occupati in lotte futili o contro marionette. Mi viene in mente la famosa sfuriata di Pianigiani (coach dell’Italbasket): “Ma che cazzo avete dentro?” Non sto giudicando, non sto dicendo che certe lotte non vanno fatte e che siamo tutti incapaci. Vi sto solo facendo la domanda scomoda di cui parlavo all’inizio: “perché nonostante tutto, il mondo va sempre in un’altra direzione?” La risposta è che esiste un potere economico che sta sopra ai partiti, alle nazioni, ai governi, a miliardi di persone e comanda, decide, impartisce dolore indicibile. E per sconfiggere quel potere economico ne serve uno ugualmente potente. Non basta la manifestazione, la serata culturale, non basta la firma su un referendum, non basta il post su facebook o la maglietta con la scritta contro il Sistema, non basta lo sciopero di 2 ore (e i nostri padri lo sanno bene). L’altra domanda scomoda che dovremmo farci è questa: “la diffusione di internet, facebook, i social network, i portali , i blog hanno cambiato quella direzione sbagliata?”. Credo che la risposta ve la potete immaginare. Certo internet ha dato un impulso al commercio, all’apertura culturale e sociale, ha arricchito tante persone, ma quella direzione è stata cambiata? Internet ha ridotto al disoccupazione, ha creato politici e governi vicini alla gente, ha stimolato la società a combattere e risolvere i problemi assieme? È fondamentale chiedersi questo per provare a capire dove vogliamo andare come comunità. Dovremmo tornare a farci domande semplici, come: che valore diamo alla vita umana? Che valore diamo al lavoro? Che valore diamo all’ambiente? Che valore diamo alla scuola? Che valore diamo alla solidarietà? Dobbiamo chiederci quali sono i valori della nostra comunità, dobbiamo fissare i nostri obiettivi e i nostri valori. Solo poi potremmo parlare di crescita, sviluppo, salute, lavoro. Perché crescita e sviluppo in questo modello significano fare più morti, aumentare la disoccupazione, fare più guerre, inquinare di più. Significa depredare la “cosa” pubblica, significa abbassare il livello culturale della società. Allora c’è bisogno di qualcosa di radicalmente nuovo, c’è bisogno che ognuno di noi con i propri talenti diventi responsabile verso gli altri. Dobbiamo prima ritrovare dignità come persone, come comunità e come popolo, poi capire cosa realmente ci stia distruggendo e poi agire. Ma questo processo non passa attraverso facebook o le manifestazioni di piazza. Altrimenti se tutto passasse per di li avremmo già vinto da tempo, vi pare?

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